Il referendum sull’aborto in Irlanda
Si vota per abrogare una singola frase della Costituzione che stabilisce un divieto quasi totale di interrompere volontariamente una gravidanza: cosa dicono i sondaggi
Venerdì 25 maggio in Irlanda si vota per un referendum sull’interruzione volontaria di gravidanza, per decidere se abrogare o no l’ottavo emendamento della Costituzione – che equipara il “diritto alla vita del nascituro” al “diritto alla vita della madre” – e per decidere se dare al Parlamento il potere di introdurre una nuova legge, meno restrittiva. In Irlanda – un paese in cui la religione cattolica è molto influente e radicata e in cui il divieto di abortire è addirittura scritto nella Costituzione – l’interruzione di gravidanza è di fatto illegale in quasi tutte le circostanze, tranne nel caso in cui sia a rischio la vita della donna. Non è consentita in caso di stupro o incesto e nemmeno quando c’è una grave anomalia fetale.
I seggi saranno aperti dalle 7 del mattino alle 10 di sera e potranno votare 3,2 milioni di persone. Ai cittadini e alle cittadine verrà chiesto se abrogare o no l’articolo 40.3.3 della Costituzione (conosciuto come l’ottavo emendamento) e se sostituirlo con un nuovo articolo che permetta al parlamento irlandese di legiferare sulla questione. Se vincerà il “Sì” l’ottavo emendamento sarà eliminato, ma la legge attuale rimarrebbe in vigore fino all’approvazione di una nuova norma, la cui proposta è stata costruita attraverso un lungo percorso. Nell’ottobre del 2016 il Parlamento aveva istituito un’Assemblea di cittadini e cittadine guidata da una giudice della Corte Suprema, che aveva esaminato le questioni mediche, legali ed etiche legate all’aborto.
Dopo mesi di udienze e discussioni, l’Assemblea aveva raccomandato di garantire il diritto a interrompere la gravidanza in una serie di circostanze: quando la salute fisica o mentale della donna è a rischio, nei casi di stupro e di gravi anomalie fetali. Proponeva anche di permettere l’aborto in caso di generica anomalia fetale e per motivi socio-economici. A quel punto un comitato del Parlamento era stato incaricato di esaminare le indicazioni dell’Assemblea: aveva votato a favore dell’abrogazione dell’ottavo emendamento ma aveva rifiutato la raccomandazione di abortire per generica anomalia o per motivi socio-economici. Il comitato – e questa sarebbe la proposta del governo, se l’ottavo emendamento venisse abrogato – ha stabilito di consentire l’interruzione della gravidanza senza restrizioni fino alla dodicesima settimana e oltre la dodicesima settimana quando la vita della donna, la sua salute fisica o mentale sono a rischio o in presenza di gravi anomalie fetali. La proposta di legge prevede l’obiezione di coscienza per i medici. Tuttavia, dice che i medici obiettori saranno obbligati a indirizzare la donna incinta che vuole abortire a un altro professionista non obiettore. Se l’ottavo emendamento non sarà abrogato con il referendum tutto resterà così com’è.
La campagna contro l’abrogazione dell’ottavo emendamento è stata molto “emotiva”, basata su argomenti e immagini classiche (mistica della maternità, piedini, feti, bambini non nati) e con alcune scorrettezze: uno dei principali giornali irlandesi, l’Irish Times, ha dedicato vari articoli a smentire e a spiegare le notizie false diffuse soprattutto dai cosiddetti “anti-abortisti”. Questi ultimi, sostenuti dalla Chiesa in un paese dove al censimento del 2016 quasi l’80 per cento dei residenti si è identificato come cattolico, continuano a ripetere per esempio che votando “sì” sarà permessa l’interruzione di gravidanza fino al sesto mese di gravidanza, cioè in qualsiasi caso oltre le 24 settimane. Non è vero. Hanno poi utilizzato dei bambini con la sindrome di Down per fare propaganda (e per questo sono stati molti criticati), hanno utilizzato una canzone di Ed Sheeran interpretandola come a loro favore (e lui ha preso le distanze) e, come scrive il Guardian, hanno hanno aggirato le limitazioni decise da Google per la pubblicità online rivolta agli elettori in modo da continuare a promuovere il loro messaggio.
Il primo ministro Leo Varadkar, leader del partito di centrodestra Fine Gael, ha detto di essere a favore dell’abrogazione dell’ottavo emendamento e ha fatto campagna elettorale. Ma ha anche lasciato libertà di voto ai propri sostenitori e ai membri del suo partito.
Gli ultimi sondaggi sul referendum danno il “Sì” in vantaggio sul “No”, ma le distanze si sono ridotte nelle ultime settimane. Una ricerca pubblicata sull’Irish Times e fatta su 1.200 elettori, mostra che il 44 per cento è a favore dell’abrogazione e che il 32 per cento non lo è. La percentuale degli indecisi è però molto alta (24 per cento) e saranno probabilmente loro a influenzare il risultato finale. Altre ricerche danno percentuali e analisi molto simili.
L’Irlanda aveva deciso di abolire l’interruzione di gravidanza nel 1983 con un referendum costituzionale che aveva introdotto il cosiddetto “ottavo emendamento”, confermato dal 63 per cento degli elettori. Nel 1992 la Corte Suprema aveva stabilito un’unica eccezione: che l’interruzione potesse essere praticata nei casi in cui fosse «reale e sostanziale» il rischio per la vita della partoriente. Nonostante quella sentenza, fu introdotto solamente un emendamento alla Costituzione (il tredicesimo emendamento) che permetteva alle donne di andare all’estero per abortire, ma non ebbe nessuna conseguenza pratica: in quegli anni la decisione se praticare o meno l’interruzione di gravidanza era sempre rimasta a discrezione dei medici, i quali sia per convinzioni religiose che per paura di conseguenze personali – a causa dell’incertezza legislativa – si erano rifiutati di eseguirla. Per queste ragioni nel 2010 l’Irlanda venne condannata da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che chiese al paese di modificare la Costituzione in modo da garantire la protezione della salute della donna.
Nel 2013, il Parlamento aveva approvato una legge che consentiva l’aborto nel caso in cui la gravidanza mettesse a rischio la vita della donna. Tra i motivi di rischio era prevista anche la minaccia di suicidio e quindi il disagio psichico. Il provvedimento era stato chiamato “Protection of Life During Pregnancy Bill”, norme per la protezione della vita in gravidanza, ed era stato considerato molto importante, ma la legge aveva trovato da subito forti opposizioni sia da parte di chi è genericamente contrario all’aborto, sia da parte di chi lo considera un diritto. La legge – tuttora in vigore – ha infatti un’applicazione molto limitata: non prevede per esempio la possibilità di interrompere la gravidanza in caso di stupro, di incesto o di anomalie del feto. La legge include tra i rischi che consentono il ricorso all’interruzione volontaria la minaccia di suicidio della donna, e quindi il disagio psichico; l’iter per ottenere l’autorizzazione ad abortire è però molto difficile e prevede che la donna venga sottoposta, alla fine, a diversi giudizi specialistici (tutto questo sempre mentre dice di volersi suicidare, e magari ci prova anche). La procedura era stata criticata dalle femministe e giudicata «scandalosa e paternalistica» anche da Johanna Westeson, direttrice regionale per l’Europa presso il “Center for Reproductive Rights” che aveva parlato di «una violazione assoluta delle norme internazionali sui diritti umani e sul diritto delle donne alla salute e alla dignità».
Le donne che abortiscono illegalmente in Irlanda rischiano fino a 14 anni di carcere, anche se non vengono puniti gli aborti eseguiti all’estero e migliaia di donne ogni anno ricorrono a questa soluzione viaggiando prevalentemente nel Regno Unito. Secondo i dati del ministero della Salute britannico sono state 165.438 tra il 1980 e il 2015. Nel 2016, secondo le statistiche del ministero della Sanità del Regno Unito, sono 3265 le donne residenti in Irlanda che hanno cercato aiuto in Inghilterra e in Galles. Molte altre donne ordinano online la pillola abortiva e la prendono senza alcuna supervisione medica.