Davvero il 20 per cento degli italiani usa psicofarmaci?

Lo ha detto ieri Matteo Salvini, ma per dargli ragione bisogna usare una definizione di "psicofarmaci" molto ampia (i sonniferi, per esempio)

(AP Photo/Darron Cummings, File)
(AP Photo/Darron Cummings, File)

Ieri, al termine dell’incontro con il presidente della Repubblica, il segretario della Lega Matteo Salvini ha detto tra le altre cose che «il 20 per cento degli italiani fa uso di psicofarmaci» e che lo fa «spesso per mancanza di speranza fiducia, prospettive». Secondo Salvini, quindi, un italiano su cinque usa farmaci per curare disturbi psichici e lo fa a causa della difficile situazione economica nella quale si trova. Ma da dove arrivano questi numeri, e sono numeri affidabili?

I numeri sono corretti, ma rischiano seriamente di trarre in inganno rispetto a quanto ha detto Salvini. Il tema dell’utilizzo di psicofarmaci, come ansiolitici e antidepressivi, è molto attuale e discussione in gran parte d’Europa e negli Stati Uniti. Sono farmaci il cui consumo è in aumento anche in Italia, e molti medici si interrogano da tempo sulle cause e i potenziali effetti della loro diffusione. Il legame tra malattie mentali e precarietà economica, poi, è molto complesso: se si vuole parlare sulla base delle evidenze scientifiche, al momento è difficile trarre conclusioni nette sul rapporto tra i due fenomeni. Il paese europeo con il maggior numero di depressi, per esempio, risulta essere la Germania, cioè quello con l’economia più solida e stabile. L’argomento quindi, andrebbe trattato con prudenza: come vedremo tra poco, invece, Salvini non è sembrato particolarmente attento.

Sembra abbastanza chiaro che Salvini si sia ispirato ad alcuni articoli pubblicati proprio nel pomeriggio di ieri su vari siti internet: in particolare un articolo di TGcom24 che sembra aver ripreso un articolo della Stampa. Salvini infatti non aveva mai citato questa statistica prima di ieri. Nell’articolo della Stampa, che sembra essere la fonte originale, si parla proprio di 11 milioni di italiani, poco meno del 20 per cento della popolazione, depressi o sotto cura con psicofarmaci. La fonte viene indicata nei dati forniti dall’Agenzia per il farmaco (AIFA) e nelle indagini condotte dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (CNR), ma senza precisare né quale sia l’indagine a cui si fa riferimento né altri dettagli molto importanti (per esempio la definizione di “psicofarmaci” che veniva usata o il periodo di riferimento dell’indagine).

Contattata dal Post l’AIFA ha detto di non aver pubblicato alcun rapporto recente e che quindi, con ogni probabilità, l’articolo della Stampa ripropone una vecchia ricerca, probabilmente uno dei rapporti “Osmed” realizzati in passato. Nella ricerca in questione, però, non si parla degli “11 milioni di malati” e anche il termine “psicofarmaci” (una categoria vaga e non molto scientifica) non ricorre praticamente mai. Si arriva agli 11 milioni ricercando un’altra indagine di AIFE e CNR, l’indagine IPSAD, una ricerca statistica realizzata dal CNR che si svolge annualmente intervistando un campione di 85 mila persone. Nell’indagine si legge che per quanto riguarda la categoria più utilizzata di psicofarmaci, cioè tranquillanti e ansiolitici:

Sono oltre 5 milioni gli italiani che nel 2011 vi hanno fatto ricorso (12,8%) e di questi più di 3 milioni sono donne. I sonniferi sono al secondo posto: sono 4 milioni coloro che li hanno utilizzati (10%) e, in questo caso, le proporzioni tra i generi non segnano differenze sostanziali. Il consumo di antidepressivi, invece, rimarca una specificità femminile: 14 su un totale di 2,2 milioni (5,5%), ben oltre la metà è costituito da donne, mentre gli uomini non raggiungono i 900 mila.

Soltanto sommando queste tre categorie, ansiolitici, sonniferi e antidepressivi, si arriva agli 11 milioni di persone (20 per cento della popolazione) di cui parla l’articolo della Stampa e di cui ha parlato anche Salvini: ma la ricerca non fa capire se queste tre categorie si possono sommare, e molto probabilmente no. Per arrivare a 11 milioni, infatti, bisogna sommare coloro che hanno risposto a un questionario in cui veniva loro chiesto se nel corso dell’ultimo anno avevano assunto un certo tipo di farmaci. Chi ha risposto di aver assunto un sonnifero, quindi, potrebbe aver assunto anche ansiolitici e antidepressivi (ed è molto probabile che lo abbia fatto). Le tre categorie sono quindi probabilmente in buona parte “sovrapposte”. Il Post ha chiesto all’AIFA se abbia senso quindi parlare di “11 milioni di persone che utilizzano psicofarmici”, ma non ha ancora ricevuto risposta.

Dati più precisi si possono ottenere per gli antidepressivi, una particolare categoria dei cosiddetti “psicofarmaci”. Secondo l’Osservatorio sulla salute dell’Università Cattolica, nel 2016 ogni mille abitanti sono state prescritte 39,87 dosi standard giornaliere di antidepressivi (la dose standard giornaliera è un sistema di calcolo utilizzato per stimare con maggior efficacia la diffusione di un farmaco). Significa che i medici italiani hanno prescritto un numero di dosi giornaliere di antidepressivi sufficiente per poco meno del 4 per cento della popolazione. Un numero che trova corrispondenza anche in un’altra ricerca in cui il numero di persone che fanno uso di antidepressivi nel nostro paese è stimato poco superiore al 5 per cento (una discrepanza spiegabile con errori statistici e aggiungendo ai dati precedenti l’acquisto di antidepressivi privi di ricetta).