Chi è Paolo Savona, professore anti-euro
Circola il suo nome per il ministero dell'Economia; lui pensa che i tedeschi vedano l'Europa ancora come i nazisti, ed è stato presidente di alcune delle più grandi società italiane
Negli ultimi giorni si è fatto spesso il nome del professor Paolo Savona come potenziale componente del futuro governo. Qualche giorno fa Savona era indicato da alcuni persino come possibile presidente del Consiglio (è stato scelto invece un altro professore, Giuseppe Conte). Oggi invece sembra più chiaro quale potrebbe essere il suo ruolo: Savona, 82 anni, un lungo passato in politica o vicino alla politica, anti-euro e anti-Germania, sarebbe – secondo i giornali, che però hanno trovato qualche conferma anche nell’interessato – uno dei principali candidati indicati dalla Lega come ministro dell’Economia.
La sua nomina è oggetto di discussione sui giornali di questi giorni. Savona ha infatti posizioni molto anti-europee e per questo non sarebbe gradito al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a cui la Costituzione attribuisce il potere di nominare i ministri su proposta del capo del governo. Lo ha ammesso lo stesso Savona in una breve dichiarazione data al giornale Affari Italiani, in cui ammette che il suo nome sta suscitando qualche scontro: «Non voglio entrare nella tenzone. Sono disponibile per il paese, com’è sempre stato, però non entro nei dettagli e nei conflitti. Se la vedano i politici».
Savona, che in passato è stato ministro dell’Industria nel governo Ciampi, quello che mise le basi per l’entrata dell’Italia nella moneta unica, non ha mai nascosto di essere diventato nel tempo sempre più scettico nei confronti dell’euro e dell’Unione Europea. Sostiene che entrambi siano creazioni della Germania, pensati per controllare e sfruttare in maniera “coloniale” gli altri paesi europei. Oggi la Stampa ha pubblicato numerosi estratti dal suo ultimo libro, che sarà pubblicato nelle prossime settimane. In uno Savona paragona la Germania di oggi a quella nazista:
«La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l’idea di imporla militarmente. Per tre volte l’Italia ha subito il fascino della cultura tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la Triplice alleanza del 1882, il Patto d’acciaio del 1939 e l’Unione europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta. Possibile che non impariamo mai dagli errori?»
Un’altra sua citazione spesso riportata in questi giorni risale a un’intervista al Foglio del 2010: «Anche se si fa finta che il problema non esista, il cappio europeo si va stringendo attorno al collo dell’Italia». In un’altra occasione Savona invitava l’Italia a fare un referendum sull’uscita dall’Unione Europea: «Se l’Italia decidesse di seguire il Regno Unito – ma questa scelta va seriamente studiata – essa attraverserebbe certamente una grave crisi di adattamento, con danni immediati ma effetti salutari, quelli che ci sono finora mancati: sostituirebbe infatti il poco dignitoso vincolo esterno con una diretta responsabilità di governo dei gruppi dirigenti». Un anno fa, in un’intervista a Libero, Savona sosteneva: «Quelli che oggi si dicono europeisti in realtà sono anti-italiani» e che: «Non esiste un’ Europa, ma una Germania circondata da pavidi».
Nonostante le sue posizioni estreme, Savona è una persona molto legata al cosiddetto establishment politico e accademico del paese, e ha sempre ricoperto ruoli di grande prestigio e influenza. Dopo essersi laureato in Economia nel 1961 entrò in Banca d’Italia, poi contribuì a fondare l’università di Confindustria LUISS e divenne in seguito direttore generale dell’associazione degli imprenditori durante la guida di Guido Carli. Ha poi svolto incarichi nei consigli di amministrazione in alcune delle più grandi e importanti società italiane, pubbliche e private: per esempio è stato presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi, di Impregilo, di Gemina, degli Aeroporti di Roma e del Consorzio Venezia Nuova (la società che si occupa della costruzione del MOSE e che, dopo che Savona abbandonò l’incarico, fu coinvolta in una delle più grandi vicende di corruzione della recente storia italiana).
Il suo curriculum comprende anche la presidenza o comunque la collaborazione con numerose fondazioni, associazioni e comitati scientifici, tra cui l’Aspen Institute, un think tank americano che – come la Trilateral o il Club Bilderberg – è spesso al centro di oscure teorie del complotto un tempo molto citate da parlamentari e dirigenti del Movimento 5 Stelle (queste citazioni sono molto diminuite da quando Di Maio è diventato capo politico del Movimento).
Fino a oggi le esperienze propriamente politiche di Savona erano state limitate: tra il 1993 e il 1994 fu ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato durante il governo tecnico di Carlo Azeglio Ciampi. Più di dieci anni dopo, tra 2005 e 2006, fu a capo del Dipartimento per le Politiche Comunitarie della presidenza del Consiglio dei ministri e Coordinatore del Comitato Tecnico per la Strategia di Lisbona durante il governo Berlusconi.