È morto Tom Wolfe
Aveva 88 anni ed era uno dei più celebri giornalisti e scrittori statunitensi, noto tra molte altre cose per "Il falò delle vanità" e per l'espressione "radical chic"
Tom Wolfe, famoso scrittore e giornalista statunitense, è morto oggi a New York, dove era ricoverato in un ospedale di Manhattan per via di un’infezione. Aveva 88 anni. La notizia è stata confermata dal suo agente Lynn Nesbit. Tom Wolfe – il suo nome completo era Thomas Kennerly Wolfe Jr. – era diventato influente e famosissimo in tutto il mondo nel 1987 con il romanzo Il falò delle vanità, ma già allora aveva scritto molti articoli e pubblicato diversi apprezzati lavori di non fiction. Successivamente fu molte altre cose, tra cui critico d’arte e scrittore di romanzi.
Wolfe era stato uno dei principali esponenti del cosiddetto “New Journalism”, cioè quella tendenza – a cui lui stesso aveva dato nome – a usare stili ed espedienti narrativi propri della letteratura nella scrittura giornalistica, scrivendo articoli molto lunghi che venivano pubblicati più sulle riviste che sui quotidiani. Il tono dei suoi articoli, il suo linguaggio vivace e la prosa avvincente lo fecero diventare molto famoso e apprezzato (e tracimarono poi ovunque, fino a diventare oggi in molti casi una cifra del giornalismo in generale).
Un’altra sua espressione oggi di uso comune – per quanto spesso molto fraintesa – è “radical chic”, con cui Wolfe definì le persone che ostentavano idee politiche di estrema sinistra pur conducendo una vita agiata, e quindi non perché credevano veramente in una certa ideologia ma per migliorare il loro status e mostrarsi impegnati. Wolfe utilizzò questa espressione nel giugno del 1970 in un lunghissimo articolo intitolato “Radical Chic, That Party at Lenny’s” e pubblicato dal New York Magazine. Wolfe fece un resoconto del ricevimento che qualche mese prima Felicia Bernstein, moglie del compositore e direttore d’orchestra Leonard, aveva organizzato nel suo lussuoso attico per raccogliere fondi a sostegno del gruppo rivoluzionario di estrema sinistra delle Pantere nere. Erano presenti molte personalità che provenivano dal mondo della cultura e dello spettacolo newyorchese e i camerieri in livrea (camerieri bianchi, per non offendere gli ospiti afroamericani) servivano tartine al Roquefort.
Dopo una breve introduzione, la prima parte del racconto di Tom Wolfe iniziava così: «Mmmmmmmmmmmmmmmm». Sedici lettere, un’onomatopea, esemplare dello stile letterario di Wolfe e adatta per esprimere l’aria di appagamento che circolava in quella serata, ma anche che cosa Wolfe intendesse per “radical chic”: una specie di corrente, di moda, di milieu, un matrimonio pubblico molto ridicolo tra la buona coscienza progressista delle classi più ricche e la politica di strada, un corto circuito in cui alcuni rischiavano davvero, per le loro idee, e altri invece non rischiavano niente e in cui c’era l’illusione di una collaborazione e contaminazione tra diversi mondi e diverse classi sociali.
Un’altra espressione coniata da Wolfe e molto fortunata negli Stati Uniti fu “The ‘Me’ Decade” in riferimento agli anni Settanta, descritti da Wolfe come epoca di crescente individualismo e allontanamento dal comunitarismo degli anni Sessanta. Lo stesso vale per “The right stuff”, titolo di uno dei libri più famosi di Wolfe, che raccontò le storie e soprattutto le motivazioni dei primi piloti scelti dalla NASA per partecipare a missioni nello Spazio.