Cosa fa nel frattempo il Parlamento
Non moltissimo, salvo poche eccezioni, per via di una serie di prassi consolidate
Mentre i partiti politici cercano faticosamente di accordarsi per formare un governo, il Parlamento è entrato in funzione dallo scorso 23 marzo. I parlamentari si sono dimostrati desiderosi di darsi da fare: come ha raccontato Marco Panara su Repubblica, in poco meno di due mesi i nuovi eletti hanno già depositato 841 disegni di legge, di cui 527 alla Camera e 314 al Senato. Ma anche se in teoria non c’è nulla che ostacoli le sue attività, il Parlamento in questi giorni opera con notevoli limitazioni, dovute alle prassi rispettate da decenni.
La principale attività parlamentare in questo momento è svolta da due organi chiamati “commissioni speciali”, una alla Camera e l’altra al Senato. Queste due commissioni si stanno occupando di tutte le materie più urgenti, come l’approvazione dei decreti necessari per rendere efficaci leggi già approvate. Oggi stanno discutendo di temi come il futuro di Alitalia e le previsioni economiche del DEF; di altre questioni, come la riforma carceraria o la legge elettorale, invece, non vogliono sentir parlare.
Il Parlamento può funzionare senza governo?
Teoricamente sì: governo e Parlamento sono due organi dello Stato distinti, ognuno con le sue funzioni e poteri. Il Parlamento, in particolare, è incaricato di dare o togliere la fiducia al governo e di discutere e approvare le leggi. Secondo l’articolo 72 della Costituzione, però, l’approvazione delle leggi deve avvenire dopo una discussione all’interno di una commissione parlamentare. Queste commissioni sono organi parlamentari composti in base alle proporzioni dei vari gruppi (se il Movimento 5 Stelle ha il 30 per cento dei parlamentari, allora dovrà avere anche il 30 per cento circa dei componenti delle varie commissioni, e via dicendo). Ci sono in tutto 14 commissioni ordinarie alla Camera e 14 al Senato. Sono divise per le aree tematiche di cui si occupano: esistono quindi la commissione Affari costituzionali, la commissione Giustizia, la commissione Bilancio e così via.
Le commissioni hanno un ruolo previsto dalla Costituzione e sono fondamentali per consentire la legislazione e quindi il normale svolgimento della vita politica del paese. Tradizionalmente le commissioni ordinarie sono presiedute da esponenti della maggioranza che sostiene il governo (e che di solito è anche la maggioranza parlamentare). In questo modo si cerca di limitare la possibilità che nascano scontri tra il presidente di ogni commissione e la maggioranza dei componenti della commissione e con il governo, visto che proprio da quest’ultimo proverranno la maggior parte dei testi che la commissione dovrà discutere e votare: altrimenti si rischia di ingolfare e in ultima istanza bloccare l’attività legislativa. È qui che ci troviamo di fronte al problema di questi giorni: cosa succede quando non c’è un governo e non si capisce nemmeno quale potrebbe essere la maggioranza parlamentare in grado di sostenerlo?
Le commissioni speciali
È rischioso formare le commissioni senza che si sia già insediato un governo, e non solo perché si rischia di assegnare la presidenza delle commissioni all’opposizione (che quindi avrebbe ogni interesse a sabotare le proposte del governo e della maggioranza). Ci sono altre commissioni – le cosiddette commissioni “di garanzia” – le cui presidenze per prassi vengono assegnate all’opposizione: per esempio quelle di vigilanza sui servizi segreti e sulla RAI. Nominare le presidenze di quelle commissioni prima di sapere qual è la maggioranza parlamentare, comporta il rischio di darle alla maggioranza invece che all’opposizione.
Ora, questo non è un problema insormontabile: basterebbe che – una volta insediato il governo – i vertici delle commissioni e, se necessario, la loro composizione parlamentare venissero aggiustati di conseguenza. Non ci sono leggi o regole che impediscono di farlo. Ma per evitare questa complessità, che non sarebbe secondaria e rischierebbe di portare via altre settimane di lavoro al Parlamento, tradizionalmente si è fatto ricorso a un’altra soluzione per superare le difficoltà dei periodi senza una maggioranza parlamentare. Vengono utilizzate le “commissioni speciali”: degli organi provvisori, una per ognuna delle due camere, che hanno il compito di svolgere tutti gli incarichi che in situazioni normali sarebbero compito delle commissioni ordinarie. Le commissioni speciali restano in funzione nello spazio che trascorre tra l’insediamento del nuovo Parlamento e il giuramento del nuovo governo.
Anche le commissioni speciali non sono previste da alcuna legge o regolamento, ma sono create in base a due articoli dei regolamenti di Camera e Senato (il 22 nel primo caso, il 24 nel secondo) in cui si specifica che i presidenti delle camere hanno il potere di creare “commissioni speciali” per le funzioni che ritengono opportune. Per questa ragione il loro operato, i limiti al loro potere e alle loro competenze sono in gran parte dettati dalla prassi e dalle tradizioni.
Su cosa lavorano le commissioni?
Nel caso delle commissioni speciali, queste competenze riguardano sostanzialmente il disbrigo delle questioni rimaste in sospeso dalla legislatura precedente. Per esempio la commissione speciale della Camera, presieduta dal deputato leghista Nicola Molteni, ha deciso di occuparsi delle norme rimaste in sospeso sulla sicurezza delle reti e sulla riduzione dell’inquinamento.
Ma le commissioni non devono limitarsi soltanto a svolgere il ruolo di “firma carte” della legislatura precedente. A partire da domani, per esempio, la commissione speciale del Senato inizierà una serie di audizioni sulla crisi di Alitalia, la compagnia aerea in amministrazione straordinaria che i commissari governativi stanno cercando di vendere. Il tema riguarderà molto presto il Parlamento, poiché alla fine di aprile il governo ha approvato un decreto che ha consentito alla compagnia aerea una proroga di sei mesi per trovare un compratore, e una di tre mesi sul periodo entro il quale il prestito pubblico grazie al quale Alitalia sta operando dovrà essere restituito. Entro poco meno di un mese e mezzo le commissioni speciali dovranno terminare l’esame del decreto che dovrà quindi essere sottoposto alle camere per essere confermato. Se non sarà confermato entro 60 giorni dalla sua approvazione, sarà considerato automaticamente decaduto (e sarebbe un grossissimo guaio per Alitalia).
Le commissioni dovranno occuparsi anche del DEF, il documento nel quale il governo illustra le sue previsioni per il futuro economico del paese e delinea i principali interventi che intende intraprendere. Il DEF approvato dal dimissionario governo Gentiloni è, ovviamente, molto scarno e si occupa di previsioni “a politiche invariate”, immaginando cioè il futuro senza ipotizzare l’introduzione di nuove leggi o riforme. Se Lega e Movimento 5 Stelle decidessero di fare un governo insieme, le commissioni speciali potrebbero già modificare l’indirizzo del DEF verso i loro obiettivi di politica economica, ma i due partiti non sembrano particolarmente vicini all’accordo in questo momento.
Le commissioni possono anche decidere di non occuparsi di qualche argomento. Per esempio la commissione della Camera ha deciso che non si occuperà della riforma carceraria del ministro della Giustizia Andrea Orlando, che la Lega ha definito uno “svuota carceri” (Molteni ha detto che dovrà occuparsene la commissione ordinaria, rimandando così la decisione definitiva a data da destinarsi e, probabilmente, causando l’insabbiamento della riforma). All’inizio della legislatura Fratelli d’Italia aveva tentato di far inserire tra i temi di cui si sarebbero occupate le commissioni anche una proposta di legge elettorale con premio di maggioranza. La proposta però è stata respinta dagli altri partiti, nessuno dei quali in quei giorni sembrava intenzionato a facilitare nuove elezioni approvando una nuova legge elettorale.