Una donna di servizio
Si parla davvero di una donna a capo del governo solo in vista del più umiliante e disgraziato dei governi, nota Stefania Aloia su Repubblica
Da quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ipotizzato la nascita di un “governo neutrale” o “di servizio” che rimanga in carica fino alla fine dell’anno, i giornali hanno ipotizzato che a guidarlo potesse essere una donna: si sono fatti i nomi di Elisabetta Belloni, Marta Cartabbia e Lucrezia Reichlin, fra le altre. In un articolo su Repubblica la giornalista Stefania Aloia l’ha visto come un “riflesso condizionato” dei maschi potenti che hanno fatto girare questi nomi, magari proprio da ambienti vicini al Quirinale, e che vedono la donna come una figura «affidabile, quasi materna, a cui dare un compito difficile», insomma «di servizio», che si presti a guidare un governo destinato a essere bocciato dal Parlamento e (già) stracriticato dai partiti, tutti guidati da uomini e che hanno prodotto questa situazione. L’Italia non ha mai avuto una donna presidente del Consiglio.
È un riflesso condizionato. Quando serve fare pulizia, mettere ordine, dare una spolverata, ecco: ci vuole una donna. Così per un governo di servizio, come è stato definito, la priorità ora pare essere che abbia un profilo soprattutto femminile. Mentre la politica italiana – prevalentemente maschile – sta dando il peggio di sé, cambiare genere sembra equivalga a cambiare segno, invertire la rotta puntando verso lidi più tranquilli, rassicuranti.
Se occorre una personalità capace di convincere, ammansire, qualcuno di affidabile, quasi materno, a cui dare un compito difficile, se non vano, qualcuno che si debba, appunto, mettere al servizio del Paese, si pensa a una donna. Poco importa se le si chiede il sacrificio di rinunciare al proprio lavoro e accantonare gli impegni per un incarico a tempo, così ridotto da durare una o forse due stagioni. Per cosa poi? Per formare un governo che andrà in parlamento senza maggioranza e con la prospettiva di dover solo rassettare la scena del crimine politico prima che si proceda al prossimo voto.