E chi è Elisabetta Belloni?
È stata la prima donna a diventare segretario generale del ministero degli Esteri: il suo nome viene accostato alla nascita del "governo neutrale" promesso dal presidente della Repubblica
Oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – dopo cinque giri di consultazioni andati a vuoto, e dopo aver preso atto del fallimento di tutte le opzioni politiche possibili – dovrebbe affidare l’incarico di presidente del Consiglio dei ministri di un governo “neutrale, di garanzia”. Mattarella ha detto che darà l’incarico a una personalità scelta da lui che si impegni, insieme a tutti i suoi ministri, a non candidarsi alle prossime elezioni e a dimettersi qualora i partiti trovassero un accordo per formare una maggioranza politica. In queste ore sui giornali stanno circolando diversi nomi – che vanno presi con molta cautela –, ma si parla con maggior insistenza di Elisabetta Belloni, la prima donna a diventare segretario generale del ministero degli Esteri, nominata da Paolo Gentiloni.
Elisabetta Belloni è stata direttrice generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri dal 2008 al 2013 (durante il difficile periodo dei tagli ai bilanci), dunque nel quarto governo Berlusconi e poi nel governo Monti. Poi è stata scelta come direttrice generale per le risorse e l’innovazione del ministero degli Esteri nei governi di centrosinistra guidati da Enrico Letta e da Matteo Renzi. Nel 2015, quando Paolo Gentiloni era ministro degli Esteri, Belloni divenne capo di gabinetto della Farnesina; quando Gentiloni nel 2016 prese il posto di Renzi alla presidenza del Consiglio, Belloni venne nominata segretario generale del ministero, trovandosi a gestire tra le altre cose il caso di Giulio Regeni (nel 2016 disse: «Non c’è una via giudiziaria al caso dell’omicidio di Giulio Regeni, e non c’è perché il governo egiziano non ha voluto renderla percorribile. L’unica cosa da fare è lavorare con la politica e la diplomazia»).
Belloni è una persona stimata e apprezzata in modo politicamente trasversale: al punto che prima delle elezioni i giornali avevano discusso la possibilità che partecipasse a un governo del Movimento 5 Stelle. Lo scorso febbraio, a un evento della Link Campus University di Roma, un’università privata non statale legalmente riconosciuta, Belloni aveva infatti assistito al discorso in cui Luigi Di Maio “ritrattò” la posizione del suo partito sull’Europa dicendo che era «la casa naturale del nostro paese e anche del M5S». Anche se poi lei negò tutto e parlò di voci infondate – «Ho conosciuto Di Maio stamattina», disse – i giornali ipotizzando per giorni che potesse essere scelta dal Movimento per un futuro e ipotetico ministero degli Esteri.
Belloni, che ha 59 anni ed è di Roma, fu la prima studente donna a essere ammessa, insieme a un’altra, all’Istituto Massimiliano Massimo dei Gesuiti, una scuola che fino a quel momento era stata esclusivamente maschile. Nel 1982 si laureò in Scienze Politiche presso l’Università LUISS di Roma e tre anni dopo, a seguito di un concorso, venne nominata Volontario nella carriera diplomatica, cioè il primo grado della carriera diplomatica in Italia, ricoprendo vari incarichi nelle ambasciate italiane e estere.
Nel 2000 Belloni fu a capo della segreteria della direzione generale per l’Unione Europea (DGUE) del ministero degli Esteri e dal 2001 al 2002 guidò l’ufficio per i paesi dell’Europa centro orientale. In quel periodo proseguì nella carriera diplomatica e venne promossa consigliere d’ambasciata. Dal novembre 2004 al giugno 2008 fu la prima donna a dirigere l’unità di crisi del ministero degli Esteri, l’organismo di raccordo fra tutte le amministrazioni dello stato per le emergenze che coinvolgono cittadini italiani all’estero. Venne scelta dall’allora ministro Franco Frattini e affrontò casi come il rapimento di cittadini italiani in Iraq e in Afghanistan (come quello di Daniele Mastrogiacomo) o il coordinamento delle prime ricerche dopo lo tsunami in Thailandia. Nel 2007 fu insignita dalla Francia dell’onorificenza di cavaliere della Legion d’onore per il contributo dato «alla cooperazione bilaterale, in particolare durante le emergenze del Libano, dello tsunami in Asia e degli scontri in Costa d’Avorio». E nel 2014 venne promossa ambasciatrice.
Belloni è anche docente di Cooperazione allo sviluppo alla LUISS di Roma, parla quattro lingue straniere (inglese, francese, spagnolo, tedesco) ed è vedova dell’ambasciatore Giorgio Giacomelli, morto a febbraio del 2017. Chi la conosce, dicono i giornali, «racconta di una personalità forte, determinata, a volte anche dura».
In un’intervista del 2010 all’agenzia giornalistica nazionale Nove Colonne diretta da Paolo Pagliaro, Belloni aveva parlato della propria carriera e del fatto di essere una donna:
«Per l’assunzione di incarichi che comportano una forte responsabilità anche individuale, le donne sono particolarmente idonee. Perché le donne hanno quasi per natura una propensione alla decisione senza tentennamenti e all’assunzione di responsabilità anche quando ciò comporta dei rischi personali» (…) «Ho dovuto dimostrare che potevo farcela e ho dovuto impegnarmi forse un po’ più dei miei colleghi. D’altra parte non viviamo in una società che consente alla donna di fare carriera senza dover rinunciare a un po’ della sua femminilità, al suo modo di essere, alla sua famiglia, alle sue esigenze».
Nella stessa intervista Belloni aveva detto di essere stata diffidente, in passato, sulle “quote rosa” («Istintivamente sono contraria a formule che non permettono a una donna di dimostrare che può gareggiare alla pari»), ma anche di aver cambiato idea con il tempo:
«Di fronte all’arretratezza italiana nelle statistiche internazionali riguardanti la parità di genere, forse è opportuno introdurre qualche correttivo. Purtroppo le donne non sanno costruire delle reti, e mi sono chiesta spesso perché. Credo dipenda dal fatto che siamo troppo concentrate nel fare. Però quando per un caso o per esigenze contingenti le donne riescono ad associarsi, i risultati sono straordinari. Vero è che le donne sono molto più spietate degli uomini nella selezione. Se percepiamo che c’è qualcosa di poco chiaro siamo più drastiche e queste nostre reazioni vengono percepite come competitività tra donne. Ma non credo sia vero, è semmai vero il contrario. Quando c’è una sintonia di principi, di valori, di professionalità allora la rete è molto più solida. Ci si aiuta per raggiungere un obiettivo».