Lo “scandalo Azerbaijan” al Consiglio d’Europa
Va avanti da anni e coinvolge politici di diversi paesi, anche italiani: ora un'indagine indipendente ha confermato i sospetti
Due settimane dopo che un’indagine commissionata dal Consiglio d’Europa ha trovato solide prove che alcuni suoi membri abbiano accettato qualche forma di tangente dall’Azerbaijan per chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani nel paese, stanno crescendo le pressioni internazionali perché lo scandalo – emerso già anni fa, e periodicamente oggetto di attenzioni mediatiche – venga affrontato una volta per tutte.
Anders Samuelsen, ministro degli Esteri danese e presidente del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, l’organo decisionale dell’assemblea, ha scritto una lettera al presidente del Consiglio d’Europa, l’italiano Michele Nicoletti, per esprimere la sua «profonda preoccupazione» e per chiedere se si stesse prendendo tempo deliberatamente prima di agire concretamente nei confronti dei membri del Consiglio accusati nell’indagine. In caso di mancata risposta, ha scritto Samuelsen, il Comitato del Ministri «considererà come agire di conseguenza».
Lo scandalo è stato talvolta identificato come “diplomazia del caviale”, e in Italia se ne era parlato principalmente per il coinvolgimento di Luca Volontè, ex parlamentare dell’UdC a lungo influente e visibile nella politica italiana. L’organizzazione al centro del caso, il Consiglio d’Europa, non va confusa con il Consiglio Europeo: non è infatti un’istituzione dell’Unione Europea, ma è invece un’organizzazione internazionale indipendente. Il suo principale compito è promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani tra i suoi membri. Non è molto visibile a livello mediatico, non può approvare leggi vincolanti e non ha un grande peso politico, ma gli sono riconosciuti alcuni successi, come aver contribuito all’abolizione della pena di morte nei paesi dell’ex Jugoslavia e di quasi tutti quelli dell’ex Unione Sovietica.
L’assemblea del Consiglio d’Europa ha sede a Strasburgo e ha 324 membri, che sono parlamentari di 47 stati, 28 dei quali fanno parte dell’Unione Europea. Anche l’Azerbaijan ne fa parte, dal 2001: il paese, molto ricco per i giacimenti petroliferi, è notoriamente un regime autoritario, dove lo spazio per le opposizioni è limitato e la stampa è censurata dal regime. Il paese è stato ampiamente accusato di violare i diritti umani, soprattutto nelle proprie carceri.
Le prime accuse di corruzione al Consiglio d’Europa arrivarono nel 2014, e negli anni successivi organizzazioni internazionali come Amnesty International e vari giornali hanno descritto la cosiddetta “diplomazia del caviale”, l’espressione indulgente con cui sono chiamate le tecniche ai limiti della corruzione con cui l’Azerbaijan avrebbe cercato di comprare il silenzio delle istituzioni internazionali sulle violazioni dei diritti umani che avvengono dentro i suoi confini.
Diversi membri del Consiglio sono stati accusati di avere accettato soldi, gioielli, soggiorni pagati e prostitute dal governo azero, in cambio di tolleranza e connivenza in quelle votazioni dell’assemblea sulle questioni che riguardavano il paese. Come hanno raccontato diverse inchieste giornalistiche, non ci sarebbe nessun delegato al Consiglio d’Europa che non abbia ricevuto in regalo almeno una volta una scatoletta di caviale pregiato da parte degli azeri. Da qui il nome “diplomazia del caviale”.
L’anno scorso, dopo mesi in cui le pressioni a occuparsi del caso erano state sempre più forti, il Consiglio commissionò un’indagine indipendente a tre giudici. L’indagine è durata dieci mesi, ai termini del quali è stato diffuso un rapporto di 219 pagine che conferma che ci sono «forti sospetti» di casi di conflitti d’interesse e corruzione, facendo i nomi di una decina tra membri ed ex membri dell’assemblea.
Il documento cita abbondantemente il caso di Volonté, che attualmente è sotto processo in Italia per corruzione. Volonté è accusato di aver ricevuto donazioni per oltre due milioni di euro sui conti della sua fondazione politica Novae Terrae dall’Azerbaijan. In cambio, secondo l’accusa, Volonté avrebbe cercato di convincere i membri del suo gruppo politico a votare contro un rapporto molto critico sul rispetto dei diritti umani in Azerbaijan. Il rapporto fu poi respinto dall’assemblea del Consiglio d’Europa con 125 voti contro 79. Inizialmente Volonté era stato rinviato a giudizio anche per riciclaggio, accusa dalla quale è stato però assolto a febbraio.
I membri ed ex membri del Consiglio citati nel rapporto sono austriaci, belgi, britannici, polacchi, romeni e azeri. Tra gli altri il rapporto accusa Pedro Agramunt, senatore spagnolo del Partito Popolare ed ex presidente dell’assemblea del Consiglio d’Europa. Agramunt ha negato le accuse, sostenendo di essere ricattato da un parlamentare ucraino che dice di essere in possesso di sue foto in compagnia di prostitute: foto che però se esistono sono false, secondo Agramunt. Ha sostenuto di essere vittima di una campagna di diffamazione dietro la quale, a suo dire, ci sarebbe la Open Society Foundations di George Soros, il miliardario ungherese al centro di innumerevoli teorie del complotto. L’anno scorso Agramunt era stato forzato alle dimissioni da presidente dell’assemblea del Consiglio dopo che si scoprì che aveva visitato la Russia insieme ad alcuni parlamentari russi.