Perché si parla di un’Amaca di Michele Serra sul bullismo
Due giorni fa ha dedicato la sua consueta rubrica alle aggressioni agli insegnanti nelle scuole, attirandosi molte critiche: oggi ha risposto con un lungo articolo
Due giorni fa Michele Serra ha dedicato la sua consueta rubrica Amaca, che scrive da anni per Repubblica, al tema delle aggressioni agli insegnanti nelle scuole superiori: se ne discuteva già da giorni per un caso capitato a Lucca e finito su tutti i giornali. Il suo articolo è stato accusato da molti di classismo e una certa insensibilità. Sulla Repubblica di oggi, Serra ha risposto alle critiche con un altro articolo.
Venerdì, Serra era intervenuto nel dibattito sul bullismo nei confronti degli insegnanti sostenendo che molte delle aggressioni avvengono «negli istituti tecnici e nelle scuole professionali», dove «il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole» è inferiore rispetto ai licei per via di una certa rigidità della società italiana («vanno al liceo i figli di quelli che avevano fatto il liceo»). Serra poi concludeva con alcune considerazioni sul populismo, «un’operazione consolatoria» nei confronti di queste debolezze.
Manca all'articolo di #MicheleSerra @repubblica la riflessione più urgente: se fosse vero che i #bulli sono spesso di famiglie più disagiate, non sarebbe questo un #fallimento enorme della #sinistra ? Almeno dirlo, almeno averne #coscienza almeno ammetterlo. pic.twitter.com/pZ49meLRfj
— Lorella Zanardo (@corpodelledonne) April 20, 2018
Molti hanno preso la considerazione di partenza di Serra, cioè che nelle scuole frequentate dai ragazzi più poveri ci siano maggiore disagio ed emarginazione, come un’accusa ai ragazzi stessi o alle loro famiglie piuttosto che come la constatazione di una discriminazione. Il giornalista Luca Telese, abituale critico di molte opinioni progressiste, ha risposto con un articolo su Tiscali News a sua volta molto condiviso e ha definito la posizione di Serra «sostanzialmente classista». Su Repubblica di oggi, Serra ha risposto a Telese e alle altre critiche con un lungo articolo, in cui sostiene che la gran parte dei lettori l’abbia frainteso.
Non è più neanche un equivoco, è una vera e propria legge mediatica quella che negli ultimi anni bolla come “snob” ogni definizione possibile immaginabile del gap di classe. Se dici che i poveri mangiano peggio dei benestanti, non è perché denunci (vedi la sacrosanta campagna di Michelle Obama) il disastro sanitario provocato dal junk food, è perché sei un fighetto che mangia solo lardo di Colonnata e cardo gobbo. Se dici che i poveri ricevono informazioni di minore qualità e spesso nessuna informazione, e sono dunque più esposti a manipolazioni politiche e veleni mediatici (junk media…) sei solo uno spocchioso spregiatore di chi ha studiato meno di te. Se dici che nelle scuole meno qualificate si addensano più facilmente i rischi di turbolenza sociale, spesso diretta conseguenza della condizione familiare, ecco che sei subito “classista”.