Alla ricerca di Frankenstein
Tra i paesaggi e i bunker della Svizzera, il paese in cui è ambientato il libro, fotografati da Chloe Dewe Mathews
Nelle foto di Chloe Dewe Mathews ci sono due cose: i paesaggi delle alpi svizzere e dei loro ghiacciai e i bunker costruiti negli anni Sessanta dal governo come rifugi per un eventuale disastro nucleare. Le foto sono ispirate al romanzo Frankenstein di Mary Shelley e sono ora raccolte nel libro In Search of Frankenstein – pubblicato da Kodoji Press e disponibile da metà maggio –, in cui la fotografa accosta le sue immagini con una riproduzione degli appunti di Shelley. Il progetto è anche attualmente in mostra alla British Library di Londra.
Mary Shelley scrisse Frankenstein nel 1816 in una sorta di sfida con il marito, Lord Byron e lo scrittore e medico John William Polidori, mentre trascorrevano l’estate a Villa Diodati a Cologny, un piccolo paese sulle sponde del Lago di Ginevra, in Svizzera. Un pomeriggio di pioggia Byron propose ai suoi compagni di scrivere una storia di fantasmi per ingannare il tempo e Mary Shelley finì per scrivere Frankenstein. Era il cosiddetto “anno senza estate”, quando a causa dell’eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, la temperatura globale si abbassò perché la luce solare faticava ad attraversare l’atmosfera per via delle ceneri (trovate la storia qui).
Chloe Dewe Mathews si interessò all’argomento nel 2016, mentre si trovava a Verbier per un soggiorno artistico (cioè una residency, come si dice quando un artista passa un certo periodo di tempo in un certo posto per un progetto), e tornò in Svizzera l’anno successivo per continuare a lavorarci. Nelle foto dei paesaggi intorno ai ghiacciai di Corbassière e di Giétroz, o al lago di Mauvoisin, Dewe Mathews gioca molto con l’esposizione, presentando immagini bianchissime che sembrano svanire e alternandole a quelle molto pulite dei bunker.
Inizialmente Dewe Mathews era interessata al paesaggio, ai suoi cambiamenti e alle descrizioni che ne leggeva in Frankenstein, ma poi, come ha spiegato al British Journal Institute, ha iniziato a collegare gli spazi dei bunker (creati per proteggersi da qualcosa creato dall’uomo), alle domande che il romanzo solleva “sulla presunzione, sulla natura umana, sui disastri causati dall’uomo e sull’impatto che ha sull’ambiente naturale”. Dewe Mathews ha spiegato:
«Il netto contrasto estetico tra queste fortezze create dall’uomo e la fragilità dei pendii innevati mi è sembrato combaciare con la visione angosciosa di Mary Shelley, ed è diventato la sostanza del mio progetto»
Chloe Dewe Mathews vive a St Leonards-on-Sea, in Inghilterra, e si è dedicata alla fotografia dopo aver studiato al Camberwell College of Arts e a Oxford e aver lavorato nell’industria cinematografica. Su Instagram la trovate qui.