Brexit sta cambiando le alleanze in Europa
Il Regno Unito era portavoce di alcune istanze molto precise sull'economia e il commercio, e ora i suoi ex alleati si stanno guardando intorno
L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea non ha creato solo grattacapi economici ma anche qualche problema di geopolitica. Il Regno Unito era infatti a capo di un «blocco informale», come lo definisce il Financial Times, formato da paesi che immaginano istituzioni europee meno invadenti e più focalizzate sui temi economici; e guidava anche un’alleanza regionale fra i paesi del nord, soprattutto quelli scandinavi. Dopo l’uscita del Regno Unito tutti questi paesi dovranno trovare un nuovo portavoce dei loro interessi: non sarà semplice, e qualcuno sta cercando soluzioni alternative.
Soprattutto all’interno del Consiglio, che insieme al Parlamento detiene il potere legislativo ed è formato da un rappresentante del governo di ciascun paese, la formazione di blocchi regionali o per interessi particolari è molto frequente. Mentre le decisioni più importanti vengono prese all’unanimità, quelle ordinarie vengono decise col meccanismo della maggioranza qualificata, un sistema piuttosto complicato che fissa la maggioranza a 16 stati su 28 oppure fra paesi che messi insieme rappresentano almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione.
Uno dei blocchi più consolidati riunisce i paesi dell’Europa orientale, ed è detto Visegrád per via dell’omonima città ungherese dove nel 1991 si tenne un importante vertice fra Cecoslovacchia, Polonia e Ungheria. Ultimamente i paesi del Visegrád – gli stessi del 1991, con la differenza che Repubblica Ceca e Slovacchia nel frattempo si sono separate – si sono trovati d’accordo soprattutto sull’ostilità a riformare il sistema di accoglienza europeo per i migranti, ma la loro collaborazione va dalla sicurezza all’economia (la Slovacchia è l’unico paese del blocco ad avere adottato l’euro).
Altri blocchi sono stati costruiti attorno a specifici interessi. «Paesi come Svezia, Irlanda, Estonia e Bulgaria hanno spesso guardato al Regno Unito come al loro fratello maggiore su temi come il libero mercato, il sovranismo fiscale e l’opposizione alla Russia», scrive Politico. È il primo gruppo di paesi a cui il Regno Unito mancherà parecchio: «Brexit ci ha reso orfani», ha spiegato a Politico un diplomatico svedese che ha voluto rimanere anonimo.
Sulla carta questi paesi potrebbero cercare l’appoggio del nuovo presidente francese Emmanuel Macron, che si è spesso definito un sostenitore di un mercato più libero. In pratica però, scrive il Financial Times, «le promesse di liberalizzazione di Macron tendono a fermarsi al confine francese. Per ottenere del capitale politico da spendere nella riforma del lavoro, Macron ha preso posizioni dure su temi che interessano la cooperazione internazionale come la migrazione, gli investimenti stranieri e i trattati che mettono a rischio i chiassosi agricoltori francesi». Macron, insomma, è europeista e liberale a modo suo, come fa notare qualche analista.
Buona parte dei paesi di questo blocco fanno anche parte della cosiddetta “nuova Lega Anseatica”, chiamata così per via di un’antica alleanza commerciale (hanse, in alto tedesco) fra diverse città dell’Europa settentrionale e del Baltico nel XII secolo.
I diplomatici di paesi come Irlanda, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Lettonia e Lituania si incontrano regolarmente dallo scorso anno. Il 6 novembre 2017 i ministri delle Finanze di questo blocco hanno cenato insieme a Bruxelles prima di un vertice europeo. Lo avevano fatto anche a ottobre: in quell’occasione aveva chiesto di partecipare anche la prima ministra britannica Theresa May, ma secondo il Financial Times era stata educatamente respinta.
Gli interessi sono più o meno gli stessi del primo blocco, con la differenza che si concentrano maggiormente sul commercio, essendo quasi tutti paesi piccoli e perciò importatori. Qualche maligno che lavora a Bruxelles li ha definiti «Mark Rutte e i sette nani», sottintendendo che al primo ministro olandese piacerebbe molto sostituire il Regno Unito e diventare il portavoce di questi interessi, ma che per ora non ne ha la forza.
Nemmeno la Germania sembra interessata a ricoprire un ruolo così divisivo all’interno dell’Unione. Alla fine potrebbe puntare a indebolire le alleanze di questo genere, per far valere la sua forza di potenza economica dell’Unione: è una possibilità, visto che secondo Politico «molti dei paesi che fanno parte della nuova Lega Anseatica o del Visegrád hanno bisogno di buone relazioni con la Germania più di quanto necessitano l’uno dell’altro».