Il rito storico che ha liberato le donne nigeriane dai riti voodoo
Un re ha revocato le maledizioni che vincolano le ragazze ridotte alla schiavitù sessuale, e ci sono già state conseguenze (anche in Italia)
Lo scorso 9 marzo Ewuare II – sovrano di uno stato del sud della Nigeria e massima autorità religiosa locale, conosciuta anche come “oba” – ha celebrato un rito contro chiunque promuovesse l’immigrazione illegale nei suoi territori. In questo modo, Ewuare II ha eliminato i riti voodoo che vincolavano alla schiavitù sessuale le donne vittime della tratta di esseri umani in altri paesi: è stato un evento descritto come fondamentale e positivo dalle associazioni che si occupano di tutelare e assistere le donne vittime dello sfruttamento sessuale, e che sta già avendo delle conseguenze, anche in Italia.
Stefania Massucci, coordinatrice del servizio di identificazione e Referral di On the Road, associazione accreditata a livello internazionale che si occupa di diritti umani e civili in Abruzzo, Marche e Molise, ha raccontato al Post che «all’interno delle reti dello sfruttamento, per come si sono evolute nel tempo, il giuramento sciamanico era diventato l’unico modo affinché le ragazze mantenessero la fedeltà all’impegno preso». Massucci ha spiegato che «qualche anno fa, quando dalla rete anti-tratta non veniva ancora utilizzato il sistema dell’accoglienza e quando la rete stessa si esponeva di più al rischio portando ad esempio fisicamente in aereo le ragazze in Europa con documenti falsi, le ragazze vivevano una vera e propria condizione di schiavitù. In quel caso il rito c’era e assoggettava alla volontà degli sfruttatori, ma c’era anche una condizione quotidiana di riduzione in schiavitù».
Oggi le ragazze sono spesso fisicamente lontane dalla madames, figure chiave nella rete dei trafficanti che raccolgono i soldi e che controllano le azioni quotidiane di queste donne. Spesso sono infatti ospiti dei centri di accoglienza, e il vincolo veniva mantenuto soltanto per via del rito.
Le donne nigeriane vittime della tratta sessuale che emigrano non scappano dalle guerre o da regimi particolarmente repressivi come quello dell’Eritrea, ma principalmente dalla povertà e dalla mancanza di futuro in un paese molto popoloso dove solo una minuscola élite controlla la ricchezza e il potere. Nella maggior parte dei casi partono con l’assicurazione di una nuova vita e di un lavoro che permetterà loro di ripagare il viaggio che hanno intrapreso. In questo meccanismo il rituale voodoo, o juju, fatto da uno sciamano o da un cosiddetto medico nativo, ha un ruolo fondamentale e si basa su un sistema di credenze fortemente radicato nel culto tradizionale. Pezzi di vestiti, di unghie, di capelli o di peli pubici sono mescolati alle gocce del sangue delle ragazze in un intruglio che poi le ragazze devono bere. Il rituale stabilisce una catena molto potente fra i trafficanti che finanziano il viaggio e le donne che devono ripagare quel viaggio con il loro “lavoro”.
Il rituale fa anche in modo che una volta ridotte a schiave sessuali, le donne siano totalmente obbedienti, sottomesse e che non riescano a sganciarsi dalle organizzazioni da cui dipendono per paura delle ripercussioni su di loro o sulle loro famiglie. «Il rito» spiega sempre Massucci, «viene fatto il più delle volte in Nigeria, oppure in Libia, dove inizia la fase di violenza e sfruttamento. Alcune volte viene fatto in Italia. Con il rito voodoo e il giuramento la ragazza si impegna a restituire una somma di denaro che attualmente varia tra i 25 mila e i 30 mila euro».
(Il foto-reportage di Lorena Ros sulla vita di una donna nigeriana
protagonista di un rituale juju)
Lo scorso 9 marzo l’oba, che ha autorità su tutti i sacerdoti nello stato di Edo – che si trova nella Nigeria meridionale, ha come capitale Benin City ed è il luogo da cui proviene il 90 per cento delle donne che vengono portate in Europa per prostituirsi – ha convocato i medici locali nella propria residenza per una cerimonia ufficiale. I video e le foto di quel momento sono circolati moltissimo sui media locali e sono stati ripresi anche dai giornali internazionali, che hanno parlato di “decisione storica”.
Francesca De Masi, coordinatrice anti-tratta della cooperativa BeFree e consulente per Action Aid Italia, era presente alla cerimonia ha raccontato al Post com’è andata: «È stata molto bella e molto potente. L’oba non ha solo revocato le maledizioni contro le ragazze, ha a sua volta lanciato delle maledizioni contro i trafficanti e contro i medici nativi che continueranno perpetrare il giuramento».
De Masi ha spiegato che «l’oba ha anche esplicitamente esortato le ragazze a sentirsi libere dal pagamento del debito e a svelare l’identità dei trafficanti. Neanche i preti juju che erano stati chiamati conoscevano il motivo della convocazione, è stato dunque un momento molto forte. Una presa di posizione importantissima, che non c’era mai stata prima».
Tra le motivazioni che hanno portato all’intervento dell’oba, il New York Times cita una serie di recenti documentari della CNN sulla tratta di esseri umani che si è concentrata molto sullo stato di Edo, e che avrebbe causato una grande indignazione a livello locale. Julie Okah-Donli, direttrice dell’agenzia che in Nigeria si occupa della proibizione della tratta di esseri umani (NAPTIP), ha avuto un recente incontro con l’oba per spiegargli come risulti difficile perseguire i trafficanti di persone perché le vittime hanno paura di infrangere i loro giuramenti.
Francesca De Masi ha spiegato che c’è stato un lavoro politico molto efficace tra il NAPTIP e il nuovo oba, che ricopre questo incarico da due anni: «È in corso da tempo una stretta collaborazione tra l’oba e l’agenzia nazionale nigeriana che è stata creata nel 2003 con l’unico obiettivo di combattere il traffico di persone. E che lo fa in modo multidisciplinare, attivando non solo i poliziotti, ma anche gli assistenti sociali, gli avvocati e altre figure ancora: ha delle sedi in ogni zona del paese. L’editto dell’oba è una specie di coronamento di questa collaborazione e alla cerimonia non a caso erano presenti anche gli ufficiali del NAPTIP».
Ciò che l’oba ha fatto, ha commentato il New York Times, è probabilmente molto più efficace di qualsiasi altro intervento sia stato promosso negli ultimi anni dalla comunità internazionale anti-tratta. E l’appello dell’agenzia all’oba, scrive sempre il New York Times, è l’esempio perfetto di soluzione efficace, perché tiene conto del contesto in cui il problema ha origine. Ci sono comunque anche opinioni meno ottimistiche sulle conseguenze dell’editto: il rituale, ha scritto ad esempio un giornalista sul Guardian, non va sopravvalutato. Non fermerà affatto la tratta e, soprattutto, non avrà alcuna conseguenza sui fattori socio-economici che spingono le donne nigeriane a emigrare e a prostituirsi in Europa.
In Italia la notizia dell’editto dell’oba è stata raccontata e accolta in modo molto positivo dalle associazioni che lavorano con le donne vittime di tratta. Una responsabile della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, contattata dal Post, ha spiegato che «la notizia dell’oba è circolata subito tra le ragazze, che spesso l’hanno ricevuta direttamente dalle loro famiglie che vivono in Nigeria». Ha però precisato che «è ancora presto per capire quali conseguenze potrà avere sulla questione della tratta». Cristina Pizzolato, responsabile comunicazione dell’associazione On the Road, ha detto al Post che si ha comunque già notizia, in Italia, di ragazze nigeriane che sono scappate dalle case in cui erano costrette a prostituirsi e che circolano anche racconti sul fatto che alcune donne siano state abbandonate durante il percorso che passa dalla Libia per arrivare in Europa perché non valevano più i soldi che erano stati promessi.
Massucci ha confermato che «la voce è girata in fretta: le ragazze si passano articoli, post, notizie connesse e si rafforzano nella condizione che questo editto abbia già avuto delle conseguenze. Hanno avuto una reazione positiva, di liberazione. E ora siamo in una fase in cui stiamo cercando di capirne gli effetti concreti». Per De Masi, e anche per le altre esperte contattate dal Post, la notizia dell’editto dell’oba è un evento storico e fondamentale che la rete anti-tratta sta cercando di capire come sfruttare al meglio. «Ma la tratta non finirà così. Ora che il rito voodoo ha perso la propria valenza, le reti avranno modo di organizzarsi in altri modi. E lo faranno in fretta. Sappiamo già ora di ragazze a cui viene detto che l’editto dell’oba non è valido per chi non proviene da Benin City o dallo stato di Edo», ha detto De Masi. E secondo Massucci tra i problemi c’è che «viene anche raccontato che l’editto è valido solo per chi parte adesso, per chi si trova in Nigeria e non in Italia».
De Masi ha poi spiegato al Post che «oltre alla paura del giuramento, vengono utilizzate anche altre forme di pressione psicologica: per esempio, molto spesso i reclutatori conoscono il luogo d’origine delle ragazze, le minacciano con questa informazione o in certi casi passano ai fatti aggredendo direttamente le famiglie di origine in Nigeria». De Masi dice anche che, a partire da questo evento storico, il numero delle ragazze che scapperà con più facilità dalle madames aumenterà e che il sistema anti-tratta «dovrà essere pronto ad accoglierle. Abbiamo una carenza di posti per l’accoglienza, in tutta l’Italia attualmente ce ne sono solamente 3 mila. Consideriamo però semplicemente il numero delle ragazze nigeriane sbarcate in Italia nel 2016: sono 11 mila».
La tratta di donne dalla Nigeria all’Italia a fini di sfruttamento sessuale è stata raccontata nel 2015 da una lunga inchiesta del Financial Times, in cui si diceva che in quell’anno il commercio del sesso tra i due paesi aveva subìto un notevole aumento. Secondo le Nazioni Unite, più del 90 per cento delle migliaia di donne prelevate dalla Nigeria per lavorare come prostitute in Europa provengono dallo stato di Edo. L’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM) dice poi che circa l’80 per cento delle migranti nigeriane arrivate via mare nel 2016 è probabile vittima di tratta destinata allo sfruttamento sessuale in Italia o in altri paesi dell’Unione Europea. I dati dicono anche che tra tutti i minori che arrivano in Europa non accompagnati, le femmine sono una netta minoranza, ma sono in crescita. Il primo paese di provenienza è, appunto, la Nigeria.