Gli hamburger “impossibili”
Hanno l'aspetto e il sapore di quelli normali, sanguinano, sfrigolano in padella e sono venduti da un noto fast food; ma sono fatti facendo sanguinare le piante
White Castle è una catena di fast food molto nota negli Stati Uniti: il suo panino più famoso, il White Castle Slider, esiste da quasi un secolo e nel 2014 Time lo scelse come il più influente della storia. Dal 12 aprile in 140 White Castle si può mangiare un White Castle Slider con dentro un hamburger che non è fatto di carne ed è completamente di origine vegetale. Se tra un secolo non mangeremo più carne che arriva da animali, il momento in cui una grande e notissima catena di fast food iniziò a vendere un hamburger vegetale sarà forse ricordato come quello in cui tutto iniziò.
Gli hamburger vegetali venduti da White Castle sono prodotti da Impossible Foods, una società che qualcuno definisce la Tesla del cibo e il cui motto è “per l’amore della carne”. Non sono “hamburger vegetariani” come quelli che siamo abituati a vedere oggi: sfrigolano in padella, sanguinano e – secondo buona parte delle persone che li hanno provati – sanno davvero di carne. White Castle vende gli Slider con gli hamburger di Impossible Foods a 1,99 dollari.
David Lee, direttore operativo di Impossible Foods, ha detto: «L’accordo con White Castle è per noi una pietra miliare. Dimostra che stiamo diventando accessibili, con prezzi competitivi, e facili da trovare». Kim Bartley, responsabile del marketing di White Castle, ha detto: «Non sappiamo come andrà: non è che la maggior parte delle persone ci abbiano chiesto questa cosa, ma c’è un interesse». Da circa un anno gli hamburger vegetariani di Impossible Foods (il cui acronimo è “IF”, “se”) sono disponibili in più di mille ristoranti o fast food statunitensi di catene più piccole, meno note e più alternative di White Castle, per esempio quelli di Fatburger e Umami Burger.
Impossible Foods ha ottenuto finanziamenti per centinaia di milioni di dollari (anche da Bill Gates), articoli su Guardian e New York Times e soprattutto ci sono molte persone che hanno provato i suoi hamburger senza carne e hanno detto – chi più, chi meno – che sapevano di carne. Se tutti sono più o meno d’accordo che produrre sempre più carne per sempre più persone è un problema – industriale e ambientale, oltre che etico – la carne continua a essere buona e nettamente migliore delle sue alternative. In molti hanno provato a fare carne che non lo fosse davvero o, come disse Winston Churchill, a «superare l’assurdità di far crescere un intero pollo per poterne mangiare il petto o le ali», ma come scrisse nel 2016 Rowan Jacobsen su Pacific Standard:
Diverse aziende hanno provato per decenni a architettare un hamburger vegano che fosse succoso e appetitoso come quelli veri, ma finora nessuno ci è nemmeno andato vicino. Le piante non sono animali.
Patrick Brown, l’ex professore di biochimica di Stanford che nel 2011 lasciò il suo lavoro per fondare Impossible Foods, ha detto: «Le cose che facciamo che sembrano nuove nell’industria del cibo erano già roba vecchia quarant’anni fa, per il mondo delle biotecnologie». Per spiegare i piani della società ha detto: «Non vinciamo niente se un vegano o un vegetariano comprano i nostri hamburger. Più ti piace la carne, più sei il nostro cliente ideale».
Le cose che fa Impossible Foods
Impossible Foods sostiene che per produrre un suo hamburger emette l’87 per cento di gas serra in meno rispetto a un hamburger di bovino, usa il 75 per cento di acqua in meno e il 95 per cento di terra in meno. Ma la differenza principale, spiega il sito di Impossible Foods, è che i suoi hamburger usano lo zero per cento di mucca.
Gli hamburger di Impossible Foods sono stati sviluppati per replicare ogni peculiarità della carne: l’aspetto, il sapore, il profumo e il modo in cui viene cotta. Non sono in vendita nei negozi e non ci sono catene che li vendano in Italia, ma se doveste avere un hamburger di Impossible Foods in frigorifero, dovreste cucinarlo esattamente come se fosse un hamburger di carne preso dal macellaio sotto casa. Di cosa sono fatti allora i loro hamburger? La carne di Impossible Foods è fatta da grano, olio di cocco, patate ed eme. Ed è attorno all’eme (in inglese heme) che gira tutto.
La cosa rossa
La principale differenza tra carne e non carne è il sangue. Il resto si può replicare, sostituire, costruire chimicamente. Ma fino a prima di Impossible Foods restava il problema del sangue e più in particolare dell’emoglobina: come scrisse Jacobsen dopo una visita ai laboratori di Impossible Foods, fatta nel 2016, quando ancora i suoi prodotti non erano in commercio: «I ricercatori di Impossible Foods hanno capito che l’emoglobina è il catalizzatore segreto che trasforma la carne cruda in una cosa saporita buona da mangiare».
L’eme è un composto organico che contiene ferro. Nel corpo di un essere vivente serve per prendere l’ossigeno nei polmoni, portarlo in giro attraverso il flusso sanguigno e farlo arrivare alle cellule. Jacobsen scrisse:
L’eme è il motivo per cui l’emoglobina è rossa, ed è anche quello che differenzia la carne bianca da quella rossa. Nella carne macinata l’eme è 10 parti su un milione; mentre nel pollo è due parti per milione. Il maiale sta nel mezzo: tra tre e otto parti per milione. Aggiungete l’eme a del pollo crudo, cuocetelo, e inizierà a sapere di manzo. Aggiungete troppo eme e inizierà a sapere di fegato.
Semplificando un po’, l’eme è l’essenza del sangue. Impossible Foods è riuscita a replicarlo senza sangue, perché l’emoglobina c’è anche in alcuni vegetali, per esempio nella soia e nei legumi, che la usano per mantenere i necessari livelli di ossigeno. Sul suo sito, Impossible Foods scrive: «L’eme è il blocco di base della vita sulla Terra, anche quella delle piante, ma ce n’è tanto solo nella carne. Abbiamo scoperto che è ciò che fa profumare, sfrigolare, sanguinare la carne, e farle avere quel glorioso gusto di carne. Consideratelo il nostro ingrediente magico». Sempre secondo il sito, «le molecole di eme nelle piante sono identiche – atomo-per-atomo – a quelle della carne».
Coltivare eme o produrre eme
Per prima cosa Impossible Foods pensò di coltivare soia, estrarne l’eme e metterlo nei suoi hamburger. Per farlo però Impossible Foods avrebbe dovuto coltivare molta soia, solo per prenderne un pezzo: non avrebbe risparmiato terra e la coltivazione avrebbe emesso gas serra; l’idea fu scartata.
La società passò quindi a quello che Jacobsen definì “l’approccio-Silicon Valley”: «prendere il pezzo di DNA che codifica l’eme e inserirlo in un ceppo di lievito». Per dirla ancora più facile: «Impossible Foods inventò un lievito che faceva sanguinare le piante». Impossible Foods ha scritto sul sito: «Abbiamo scoperto come prendere l’eme dalle piante e produrlo grazie alla fermentazione: è un procedimento simile a quello che da quasi mille anni si usa per fare le birre belghe».
Jacobsen ha scritto che provare l’eme puro creato da Impossible Foods con la biotecnologia è un po’ come mordersi il labbro: si sente il sapore del sangue. Nei laboratori di Impossible Foods l’eme geneticamente modificato viene prodotto, purificato, filtrato e poi ghiacciato a cubetti, da usare quando servirà per fare gli hamburger.
L’eme geneticamente modificato è sicuro?
Per poter vendere i suoi hamburger, ora anche su larga scala, Impossible Foods ha superato tutti i test necessari previsti negli Stati Uniti, in particolare quelli della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia che si occupa della sicurezza degli additivi alimentari. Sul sito di Impossible Foods sono anche citati i pareri di alcuni esperti e docenti di università statunitense che hanno «generalmente riconosciuto sicuro il cibo» della società. Impossible Foods ha detto che ha fatto test sui ratti, facendo loro consumare 200 volte più leghemoglobin (il nome difficile, ma più giusto, dell’eme) di quella consigliata a un essere umano, senza che avessero problemi. La risposta lunga di Impossible Foods è in un documento di sette pagine; quella breve è: «l’eme degli Impossible Burgers è identico a quello che gli esseri umani consumano da migliaia di anni».
La risposta ancora più lunga è che è un prodotto nuovo e le risposte definitive ancora non ci sono: pensate agli studi pro e contro e agli articoli pro e contro le sigarette elettroniche usciti negli ultimi cinque anni.
La storia di Impossible Foods
Brown, il fondatore, ha 63 anni e negli Novanta lavorò ai microarray di DNA: sono anche noti come biochip e, secondo la definizione di Treccani, sono alla base della «tecnica che permette di esaminare in parallelo l’intero genoma di un organismo o la totalità dei suoi prodotti su una singola lastrina di vetro o di silicio». Nel 2000 Brown fondò la Public Library of Science, un editore senza fini di lucro per il libero accesso alle riviste scientifiche. A Stanford si occupò soprattutto di ricerca sulle cellule cancerogene.
Nel 2009 decise di prendere un anno e mezzo di pausa dall’insegnamento, con lo scopo – ha scritto Jacobsen – «di eliminare la produzione industriale di carne, che al tempo lui decise essere il più grande problema ambientale del mondo». Brown, che è vegetariano dagli anni Settanta e vegano dal 2003, disse: «Devi solo fare un prodotto che i consumatori preferiscano a quello che già hanno. Cambiare le loro abitudini è più facile di cambiare le loro teste».
Impossible Foods fu fondata nel 2011 e i suoi primissimi hamburger si poterono mangiare nel luglio 2016 al Momofuku Nishi di Manhattan: un ristorante che serviva anche carne vera: le bistecche costavano 39 dollari, l’aragoste 62 dollari e gli Impossible Burgers 18 dollari. Negli ultimi due anni sono arrivati accordi con altri ristoranti e catene e Impossible Burger, che ora ha aperto un nuovo stabilimento a Oakland, in California, dice di poter produrre 454mila chili di carne al mese, che vuol dire quattro milioni di hamburger. Brown dice di poter produrre anche alimenti vegetali al sapore di pollo, pesce o maiale ma di aver per ora scelto di fare solo carne macinata.
Jonhatan Shieber ha scritto su Tech Crunch che finora Umami Burgers ha venduto più di 200mila hamburger di Impossible Foods. Lee, il direttore operativo di Impossible Foods, ha detto: «Due anni fa potevano esserci dubbi sull’effettiva domanda per i nostri hamburger. Ora, visti i dati, non ci sono dubbi». Brown ha detto che entro la fine del 2018 punta a far sì che la maggior parte degli statunitensi possa avere un Impossible Burger a meno di un’ora di macchina da dove si trova. Tech Crunch ha scritto:
Brown – un serio imprenditore nel cibo biologico (provate i suoi yogurt e formaggi senza latticini) – ha preso la stessa strada che Elon Musk ha percorso per portare le auto elettriche nel mercato. Se consumatori perspicaci e con tanti soldi iniziano a comprare hamburger senza carne che sanno di carne, allora le spese possono supportare la crescita (insieme a qualche centinaio di milioni di dollari in investimenti) per creare una condizione favorevole alla crescita della società, che le permetta di vendere a un prezzo più basso.
In altre parole: prima pochi hamburger a prezzi piuttosto alti, venduti a consumatori benestanti e interessati alle cose nuove e alternative. Poi, gli altri. Prima i ristoranti costosi, poi i fast casual restaurant (fast food, ma più cari con prodotti più di qualità), infine White Castle, in cui un menù costa meno di 10 dollari. Dal 2011 a oggi Impossible Foods ha ricevuto investimenti per 389 milioni di dollari: tra gli altri dal fondo di investimenti cinese Sailing Capital, dal miliardario di Hong-Kong Li Ka-Shing e da Bill Gates. Si è parlato anche di un interessamento da parte di Google Ventures, il settore di Google che si occupa di investimenti. Per sei dei sette anni da cui esiste Impossible Foods ha speso senza vendere nemmeno un panino, e Tech Crunch ha scritto che Lee si è rifiutato di parlare dei piani economici e finanziari della società.
Il futuro di Impossible Foods
Nelle prossime settimane gli hamburger senza carne inizieranno a essere venduti in Asia e Brown ha detto che «l’obiettivo è sostituire completamente il sistema della carne entro il 2035»: un sistema che, solo negli Stati Uniti e solo contando la carne di manzo, è fatto da oltre dieci milioni di tonnellate di carne. Per interesse generale e presenza sul mercato, Impossible Foods è ora nettamente in vantaggio rispetto alle altre aziende che stanno provando a fare carne che non lo sia o carne sintetica (che invece è carne-carne, ma prodotta in laboratorio anziché allevata). Altre società di questo settore sono Beyond Meat (“oltre la carne”) e Memphis Meat; ed è un settore che secondo Fast Company nei prossimi cinque anni crescerà di circa il 40 per cento e arriverà ad avere un giro d’affari di oltre 6 miliardi di dollari.
Nel frattempo l’industria della carne (vera) sta provando a difendersi: per esempio cercando di farsi riconoscere la possibilità di chiamare carne solo i prodotti con la carne vera (un po’ come si fa per difendere prodotti autentici come il Parmigiano Reggiano o la pizza napoletana). Laura Biondo – della USDA, l’associazione statunitense degli allevatori – ha detto: «Per ora le fonti alternative di proteine non sono una minaccia per l’industria del manzo, ma vediamo definizioni improprie e ingannevoli. Il nostro scopo è di risolvere la questione prima che diventi un grosso problema».
La risposta di Brown a queste critiche è: «La gente si comporta come se scienza e tecnologia non facciano parte del mondo del cibo. L’intero sistema alimentare, che crea il cibo che mangiamo, è un prodotto dell’unione tra natura e scienza».