L’avanzata dell’estrema destra in Europa
Alle elezioni ungheresi si è confermata la seconda forza del paese, ma grazie alla crisi migratoria è in crescita in tutto il continente
Domenica 8 aprile, alle elezioni parlamentari ungheresi, il partito di estrema destra Jobbik è arrivato secondo, ottenendo quasi il 20 per cento dei voti e confermando il risultato ottenuto alle precedenti elezioni del 2014. Con quasi il 50 per cento dei voti è arrivato primo Fidesz, il partito dell’attuale primo ministro Viktor Orbán, spesso considerato esponente di una destra quasi altrettanto radicale. Poche settimane prima, in Italia, la Lega di Matteo Salvini aveva ottenuto il 17 per cento dei voti, riuscendo per la prima volta a superare Forza Italia, che si è fermata al 14 per cento. Ma non sono soltanto Italia ed Ungheria: da anni oramai l’estrema destra è in crescita in tutta Europa, come mostra questa mappa.
L’elenco dei successi della destra radicale è lunghissimo. In Austria, alle elezioni legislative del 2017, il partito di estrema destra Partito delle libertà asutriaco (FPÖ) ha ottenuto il 26 per cento dei voti e ora è al governo con il principale partito di centrodestra. Sempre in Austria, durante il primo turno elezioni presidenziali del 2016 il candidato dell’estrema destra Norbert Hofer era arrivato primo raccogliendo il 35 per cento dei voti. Aveva poi perso di 7 punti al ballottaggio contro il candidato dei Verdi Alexander Van der Bellen, raccogliendo in tutto più del 46 per cento dei voti.
In Danimarca, il Partito del popolo danese (DF) è arrivato secondo con il 21 per cento dei voti alle elezioni del 2015. In parlamento il governo danese, guidato dal partito di centrodestra Venestre, dipende dai voti di DF per avere la maggioranza. DF ha tra gli altri punti del suo programma l’introduzione del divieto di ingresso nel paese per gli immigrati di religione musulmana. È anche nazionalista e contrario all’Unione europea.
In Slovacchia ci sono state elezioni legislative nel 2016 e i nazionalisti di Nostra Slovacchia (LSNS) e quelli del Partito Nazionale Slovacco (SNS) hanno ottenuto l’8 per cento ciascuno, raccogliendo in tutto il 16 per cento dei voti. Fino a poche settimane fa, LSNS utilizzava lo stesso simbolo della Guardia di Hlinka, la milizia fascista alleata del governo filonazista al potere nel paese tra il 1938 e il 1945.
L’anno scorso si è parlato molto dell’ottimo risultato di Alternativa per la Germania (AfD), il partito di estrema destra che alle elezioni tedesche del settembre 2017 ha quasi triplicato i suoi voti, passando dal 4,7 del 2013 al 12,6 per cento riuscendo per la prima volta ad eleggere suoi deputati nel parlamento nazionale. AfD è spesso accusata di avere tra i suoi dirigenti dei simpatizzanti del neonazismo. Alle elezioni dello scorso settembre è riuscita a raccogliere milioni di voti nelle aree più povere della Germania orientale nonostante una crisi della sua leadership scoppiata poco prima delle elezioni .
In Svezia, considerata la patria della socialdemocrazia europea, i sondaggi danno oramai l’estrema destra degli Svedesi Democratici intorno al 20 per cento dopo che alle ultime elezioni politiche aveva ottenuto un buon risultato raccogliendo poco più del 12 per cento dei voti. Gli Svedesi Democratici sono favoriti dalla percezione di una criminalità sempre più diffusa e legata all’immigrazione, oltre che dalla riduzione del welfare e dell’assistenza che negli ultimi anni ha colpito soprattutto le aree povere e periferiche del paese.
Un altro ottimo risultato ottenuto dalla destra radicale in Europa è quello del Front National alle presidenziali del 2017 in Francia, quando al primo turno Marine Le Pen raccolse il 21,3 per cento dei voti arrivando soltanto a tre punti di distanza dal primo classificato, l’attuale presidente Emmanuel Macron. Al secondo turno Le Pen venne sconfitta, ma raccolse comunque il 33,9 per cento dei voti.
In Italia, oltre al successo della Lega, che viene classificata da quasi tutti gli scienziati politici come partito di “destra radicale”, sono andati piuttosto bene anche i partiti apertamente neofascisti che hanno moltiplicato i loro consensi rispetto alle precedenti elezioni, anche se il numero assoluto dei loro voti è rimasto complessivamente modesto. Casa Pound, in particolare, ha sestuplicato i suoi consensi, passando dai 50 mila raccolti nel 2013 ai 310 mila del 4 marzo 2018. Anche Forza Nuova ha migliorato i suoi risultati, anche se in maniera meno spettacolare: la lista con cui si presentava, Italia agli italiani, ha raccolto 127mila voi, quasi 40 mila più degli 90mila raccolti nel 2013.
Movimenti di estrema destra sono nati o stanno cominciando ad affermarsi anche a Malta, dove nel 2016 è stato fondato il Movimento dei patrioti maltesi, e Cipro, dove alle elezioni presidenziali del 2018 il candidato del Fronte popolare nazionale ha raccolto il 5,7 per cento dei voti, il suo miglior risultato da quando è stato fondato nel 2008.
Un’altra novità di questi anni è che sempre più spesso i partiti della destra radicale sono riusciti ad arrivare al governo, in genere grazie ad alleanze con quei partiti conservatori che hanno indurito le loro posizioni al punto da diventare quasi indistinguibili dall’estrema destra vera e propria. Coalizioni di questo tipo sono al governo in Polonia, Austria e Belgio, mentre il governo danese ha bisogno dei voti dell’estrema destra per raggiungere una maggioranza. Anche in Italia, al momento, sembra molto difficile immaginare un governo senza la partecipazione della Lega.
Secondo la rubrica di data journalism e factchecking di Le Monde, Le Decodeurs: «L’estrema destra in Europa ha molti volti: sovranisti, populisti, euroscettici o eurofobici, a volte apertamente razzisti e xenofobi», ma non c’è dubbio che «la sua forza principale negli ultimi anni sia arrivata dalla crisi migratoria e dalla promessa di lottare contro l’Islam».
Ma esistono anche eccezioni: Spagna e Portogallo, ad esempio, sono tra i pochi paesi europei dove l’estrema destra non è riuscita ad affermarsi con successo. In entrambi paesi, i movimenti nazionalisti e xenofobi non si sono mai avvicinati nemmeno alla soglia dell’un per cento dei voti. Sono state fornite molte spiegazioni di questo fenomeno: una delle più accreditate è che entrambi i paesi sono usciti solo di recente, poco più di 40 anni fa, da lunghi periodi di dittature autoritarie e nazionaliste. I tradizionali temi dell’estrema destra, come i richiami identitari, sono ancora considerati socialmente inaccettabili, poiché ricordano il recente passato del paese.
Secondo Carmen González Enríquez, analista del centro studi Real Instituto Elcano citata dal Financial Times: «L’abuso di simboli nazionali e dei riferimenti all’identità nazionale durante il regime franchista ha causato una reazione che ancora persiste. L’opposizione democratica al regime ha rifiutato l’esibizione dei simboli nazionali, dall’inno nazionale alla bandiera, e il nazionalismo spagnolo è stato completamente escluso dalla loro retorica. Al posto della Spagna, i democratici hanno scelto di guardare all’Europa».