A Zuckerberg è andata meno bene, alla Camera
Le domande dei deputati sono state più incalzanti di quelle dei senatori e spesso il fondatore di Facebook ha dato risposte vaghe ed ambigue
L’11 aprile Mark Zuckerberg, amministratore delegato e fondatore di Facebook, ha partecipato alla sua seconda audizione al Congresso degli Stati Uniti per parlare del caso Cambridge Analytica; questa volta davanti alla Commissione dell’energia e del commercio della Camera dei Rappresentanti. Quando Zuckerberg aveva parlato davanti alla Commissione per l’energia e il commercio del Senato non gli era andata male: era stato interrotto raramente e la cosa che si era notata di più era la scarsa esperienza dei senatori, persone di mezza età, sui meccanismi con cui funziona Facebook. Alla Camera è andata un po’ meno bene: i deputati lo hanno incalzato e interrotto più volte, pretendendo spesso delle risposte “sì o no” che in molti casi Zuckerberg non è riuscito a dare.
L’audizione è durata cinque ore, come quella davanti al Senato, e ha riguardato sia il caso Cambridge Analytica in particolare che il rapporto di Facebook con la privacy dei suoi utenti più in generale. La deputata Democratica della California Anna Eshoo ha chiesto a Zuckerberg se i dati del suo account erano tra quelli venduti a Cambridge Analytica e Zuckerberg, in una delle poche risposte davvero nette che ha dato, ha detto sì. Eshoo ha anche chiesto a Zuckerberg se sia pronto a cambiare il modello di business di Facebook per proteggere la privacy degli utenti del social network. A questa domanda Zuckerberg ha risposto in modo più evasivo: «Deputata, non sono sicuro di cosa significhi».
Sempre sul tema della privacy la deputata Democratica della Florida Kathy Castor ha detto a Zuckerberg che ai cittadini americani non piace essere manipolati e spiati e ha descritto Facebook in modo molto duro: «È diventato un posto in cui voi seguite tutti. Raccogliete dati su tutti. Non penso che l’americano medio lo capisca davvero. Voi seguite gli utenti di Facebook anche dopo che sono usciti dalla piattaforma». Zuckerberg ha detto che questa descrizione non rispetta correttamente ciò che è Facebook e allora Castor gli ha chiesto: «Raccogliete dati su persone che non sono utenti di Facebook? Sì o no?». È stato uno dei casi in cui Zuckerberg non è riuscito a dare una risposta netta e per questo Castor lo ha interrotto chiedendo se è vero che Facebook è in grado di geolocalizzare i suoi utenti. A quel punto Zuckerberg ha detto che gli utenti hanno il controllo su come funziona il meccanismo di localizzazione. Castor lo ha interrotto nuovamente, dicendo: «Sta dicendo che non raccogliete dati su dove le persone si spostano? È praticamente impossibile di questi giorni non essere tracciati in America. E questa cosa non fa parte del patto».
Un’altra domanda sulla privacy che è stata fatta a Zuckerberg riguardava il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’Unione Europea, un insieme di regole che Facebook deve rispettare nei paesi europei e che stabiliscono come debbano essere raccolti e cancellati su richiesta i dati degli utenti: sono regole molto più rigide e complete di quelle che ci sono negli Stati Uniti. Il deputato Democratico del Texas Gene Green ha chiesto se Facebook si atterrà agli stessi principi richiesti dal GDPR per la protezione della privacy anche per gli utenti americani. Zuckerberg ha risposto di sì, ma a una successiva domanda sullo stesso tema fatta dalla deputata Democratica dell’Illinois Janice Schakowsky è stato meno chiaro e non si è ben capito quante delle richieste del GDPR saranno soddisfatte anche negli Stati Uniti.
Il deputato Democratico del New Jersey Frank Pallone ha chiesto a Zuckerberg di pronunciare un chiaro impegno di Facebook a cambiare le proprie impostazioni di default in modo da minimizzare la possibilità che i dati degli utenti siano raccolti. Zuckerberg si è rifiutato di farlo, dicendo che si tratta di una questione complessa che richiede una risposta complessa. Pallone ha replicato dicendo: «Questo mi delude».
Riguardo Cambridge Analytica nello specifico il deputato Democratico di New York Eliot Engel ha chiesto se Facebook abbia in programma di fare causa ad Aleksandr Kogan, il ricercatore dell’Università di Cambridge che realizzò thisisyourdigitallife, l’app che raccolse i dati degli utenti arrivati a Cambridge Analytica, alla stessa Cambridge Analytica o all’Università di Cambridge, i cui ricercatori di psicometria hanno fatto molti esperimenti usando Facebook. Zuckerberg ha detto che l’idea di procedere con azioni legali è stata presa in considerazione e che Facebook sta cercando di capire se l’Università di Cambridge stia facendo cose scorrette.
Il deputato Democratico del Maryland John Sarbanes ha fatto a Zuckerberg una domanda più inerente a temi politici: «Facebook sta diventando una superstruttura per il dibattito politico che si regola da sola. Dobbiamo essere noi, cittadini americani, a regolarlo o lei, Mark Zuckerberg?». Infine Schakowsky ha letto la lunga serie di scuse che Zuckerberg ha dato negli anni ogni volta che Facebook è stata accusata di aver commesso degli errori: «Lei si è scusato molte volte negli anni. Per me questa è una prova che l’autoregolamentazione non funziona». A questa critica Zuckerberg ha risposto: «Internet sta crescendo per importanza nella vita delle persone in tutto il mondo e penso sia inevitabile che alcune regole diventino necessarie. La mia posizione non è che non ci devono essere regole, ma che bisogna fare attenzione alle regole che si introducono».
Il video completo dell’audizione: