Il trafficante di esseri umani che dovrebbe essere sotto processo a Palermo è libero e vive in Uganda
Lo ha raccontato un documentario svedese raccogliendo nuove prove a sostegno della tesi dello scambio di persona
La televisione pubblica svedese SVT ha prodotto un documentario in collaborazione con Lorenzo Tondo, il giornalista del Guardian che da due anni sta seguendo la storia dell’uomo eritreo attualmente sotto processo a Palermo e considerato uno dei più grandi trafficanti di esseri umani sulla cosiddetta “rotta libico-subsahariana” e che secondo molte credibili versioni è vittima invece di una scambio di persona.
Nel documentario (che racconta le diverse prove raccolte finora a sostegno della tesi dello scambio di persona) si racconta anche che il vero trafficante, che si chiama Medhanie Yehdego Mered, non è mai stato arrestato e vive liberamente in Uganda. Un giornalista di SVT e un giornalista e attivista eritreo sono stati nella capitale dell’Uganda, Kampala, lo scorso marzo e hanno raccolto diverse testimonianze di cittadini ugandesi ed eritrei che affermano di aver visto e incontrato Mered. I due giornalisti hanno raccontato di aver mappato tutti i luoghi dove il trafficante è stato visto e di aver usato una telecamera nascosta per documentare le testimonianze delle persone che dicono che l’uomo vive proprio lì.
Il Guardian ha anche scritto di aver parlato con almeno dieci persone, tra cui alcuni dipendenti di un’organizzazione non governativa gestita da eritrei a Kampala, che hanno dichiarato a loro volta di aver svolto delle indagini private e che Mered vive nella capitale. Un testimone ha raccontato ad esempio di averlo visto «molto ubriaco» mentre tentava un approccio con due ragazze eritree all’Hotel Diplomate di Muyenga, un sobborgo di lusso di Kampala. Ha detto anche che Mered «è una specie di celebrità» e che «nessuno tenta di arrestarlo». Tra gli altri posti in cui Mered è stato visto c’è il Molober, un bar che è anche un famoso ritrovo di cittadini eritrei. Alla domanda sul perché Mered non venisse denunciato da nessuno alla polizia, un testimone ha detto che molti eritrei in Uganda non lo considerano una persona cattiva: per molti Mered fa cioè ciò che è necessario per aiutare le persone a fuggire da certe condizioni. Un altro testimone ha detto invece che le persone non lo denunciano perché non saprebbero a chi rivolgersi e per paura delle ritorsioni: «Anche se lo dicessimo alla polizia (dell’Uganda, ndr), non lo arresterebbero. È ricco e può pagare chiunque per ottenere la libertà». Un testimone ha detto poi che Mered è sempre accompagnato da tre o quattro guardie del corpo ugandesi.
SVT sarebbe infine in possesso di un fascicolo che rivela come un’autorità di polizia europea sia a conoscenza del fatto che il vero trafficante è ancora in libertà e di come non riesca a convincere i pubblici ministeri italiani a emettere un nuovo mandato di cattura. I giornalisti di SVT hanno anche intervistato il pubblico ministero Calogero Ferrara, coordinatore del «Gruppo tratta e immigrazione» della procura di Palermo, sulle operazioni contro i trafficanti di esseri umani. Ma quando il giornalista ha chiesto un commento sull’arresto di Mered, Ferrara ha interrotto l’intervista piuttosto alterato.
Il 24 maggio del 2016 in Sudan era stato arrestato un uomo che era stato estradato in Italia il 7 giugno di quell’anno e rinviato a giudizio in settembre. L’uomo però sarebbe Medhanie Tesfamariam Berhe e non il trafficante Medhanie Yehdego Mered, accusato di essere uno dei capi di una grande organizzazione con base in Libia che gestisce il traffico di migranti verso l’Europa, e coinvolto nei viaggi di almeno 13 mila persone.
Ascolta “1. Stiamo processando la persona sbagliata?” su Spreaker.
Dopo l’arresto – annunciato con grande enfasi dalle autorità britanniche e italiane – i media britannici avevano cominciato ad avere dei dubbi, scrivendo che la persona arrestata e ora sotto processo fosse in realtà quella sbagliata. Nel corso degli ultimi mesi sono state raccolte sempre più prove a sostegno della tesi dello scambio di persona. A sostegno della tesi della procura di Palermo, invece, non sono state per ora portate prove.
Il documentario di SVT dura circa un’ora e per sei mesi si potrà vedere qui (nella versione inglese).