Perché Cannes e Netflix non vanno d’accordo
Il più importante festival di cinema al mondo non vuole i film di Netflix in concorso; Netflix, per ripicca, potrebbe non portarli nemmeno fuori concorso
Domani, giovedì 12 aprile, ci sarà la conferenza stampa di presentazione della 71ª edizione del Festival di Cannes, che inizierà l’8 maggio. Sarà il giorno in cui si scoprirà se, dopo che litigano da almeno un anno, Netflix e Cannes hanno fatto pace. Se così non fosse, vorrà dire che il più noto e grande servizio di film in streaming al mondo non avrà niente a che fare con il più importante festival di cinema al mondo. La controversia è semplice: il Festival di Cannes ha deciso che siccome non passano dai cinema, i film di Netflix non potranno partecipare al concorso ufficiale di Cannes: quello che permette di vincere la Palma d’oro, il premio più importante. Netflix non è d’accordo e potrebbe decidere di non portare al Festival di Cannes nessun suo film, nemmeno fuori concorso.
I problemi tra Netflix e Cannes iniziarono durante il Festival di un anno fa, a cui parteciparono – in concorso – due film prodotti da Netflix e mai mostrati nei cinema a degli spettatori paganti: Okja di Bong Joon-ho e The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach. Prima di essere proiettati a Cannes i film furono fischiati, proprio perché prodotti da Netflix. Semplificando un po’, la critica principale fu che, non essendo stati concepiti per il cinema, quei film fossero in qualche modo di livello inferiore rispetto agli altri, che non meritassero di stare lì.
Di Netflix a Cannes si parlò anche alla conferenza stampa di presentazione di quel festival. Il presidente di giuria Pedro Almodovar disse che «lo schermo su cui si vede un film non dovrebbe essere più piccolo della poltrona su cui si è seduti», e aggiunse: «Personalmente non concepisco una Palma d’oro data a un film che poi non viene visto su grande schermo, mi sembra un paradosso». Will Smith – giurato del festival e protagonista di Bright, prodotto da Netflix – gli rispose: «A casa mia Netflix ha fatto solo bene [e ha fatto sì che i miei figli] possano vedere cose che altrimenti non vedrebbero mai, perché ci sono film che non sono trasmessi in nessun cinema entro 10mila chilometri da dove loro stanno».
Già dopo il Festival del 2017 (in cui alla fine i film di Netflix non vinsero niente) Theirry Fremaux, il delegato generale del Festival di Cannes, disse che le cose sarebbero cambiate e che dal 2018 tutti i film in concorso avrebbero dovuto passare prima nei cinema. Chiesero quindi a Ted Sarandos, capo dei contenuti di Netflix, se Netflix avrebbe cambiato il suo approccio, pur di partecipare in concorso. Rispose: «No. O per essere più diplomatici: di certo sarebbe meno attrattivo per noi, perché cambierebbe la strategia che Netflix usa in tutto il mondo».
Si è tornati a parlare della questione qualche settimana fa, quando Fremaux ha confermato la sua linea. Ha anche detto: «L’anno scorso, quando scegliemmo i due film [di Netflix] per il concorso, pensavo che sarei riusciti a convincerli a farli passare anche nei cinema. Peccai di presunzione, si rifiutarono». Ha poi aggiunto, dopo aver ammesso che Netflix e altri servizi simili hanno fatto bene al cinema, che «la storia del cinema e la storia di internet sono due cose diverse».
Non c’è stata una risposta ufficiale di Netflix alle dichiarazioni di Fremaux, ma Hollywood Reporter – sempre molto affidabile su queste questioni – ha scritto che, Netflix aveva preso in considerazione la possibilità di non portare nessuno dei suoi film a Cannes, nemmeno fuori concorso. Non è niente di ufficiale o sicuro, ma se dovesse succedere sarebbe un evento notevole, che toglierebbe a Cannes alcuni importanti film.
I film che Netflix potrebbe non portare a Cannes sono Roma di Alfonso Cuarón, Norway di Paul Greengrass, Dark di Jeremy Saulnier, il documentario They’ll Love Me When I’m Dead (su Orson Welles) e The Other Side of the Wind, un film incompiuto di Orson Welles, finito grazie ai soldi di Netflix. Cuarón è un regista che ha vinto un Oscar e il suo film Roma, ambientato in Messico, è il primo dopo Gravity, del 2013; Norway parla del terrorista di estrema destra Anders Breivik; Hold the Dark è un cupo thriller ambientato in Alaska.
L’Hollywood Reporter ha scritto che tra Netflix e Cannes è in corso un «drammatico scontro finale» e il Guardian ha scritto che è una “faida” e una “guerra fredda” che riguarda il futuro del cinema.
Più che per questioni artistiche, simili a quelle espresse da Almodovar, sia Netflix che Cannes hanno motivazioni molto pratiche per stare sulle loro posizioni. Tra le tante cose, Cannes rappresenta anche gli interessi degli esercenti cinematografici francesi, che ovviamente non sono soddisfatti dal fatto che al Festival partecipino film che poi non vanno nei cinema ma direttamente online. Netflix d’altra parte si oppone alla legge francese che prevede che i film possano essere resi disponibili in streaming solo 36 mesi dopo il loro passaggio nei cinema. Una cosa impossibile per le dinamiche di Netflix, e, nel caso, difficilmente accettabile per i suoi utenti francesi. Per far partecipare in concorso un suo film a Cannes, Netflix dovrebbe proiettarlo in Francia nei prossimi mesi; potrebbe poi metterlo online in tutto il mondo quando vorrebbe, ma dovrebbe aspettare il 2021 per mostrarlo ai suoi clienti francesi.
Perché un film di Netflix partecipi in concorso senza che Cannes cambi le sue regole nuovamente, bisognerebbe quindi cambiare la legge (o prevedere delle eccezioni) o sperare che Netflix accetti di fare qualcosa di impensabile. Nel frattempo è vero che Netflix potrebbe scegliere di far partecipare i suoi film fuori concorso: ma è probabile che abbia interesse a partecipare a Cannes per vincere dei premi e per nobilitare i suoi film, più che per farsi solo pubblicità.
Nel frattempo, la scelta di Cannes potrebbe avvantaggiare altri importanti festival, in particolare quello di Venezia, il cui direttore Alberto Barbera disse, un anno fa:
Il mercato sta cambiando molto rapidamente, anche troppo, senza che ci sia il tempo di fissare delle regole. Questo senza contare che ci sono diversi interessi e obiettivi in ballo: quelli degli esercenti, dei distributori, di chi i film li vende, dei produttori e dei filmmaker. Tuttavia il ruolo di un festival è un altro ancora, separato da questi. Dovrebbe essere una piattaforma per il cinema di qualità, selezionandolo, facendolo emergere e supportandolo, senza badare alla maniera in cui viene visto.
Per me il cinema rimane un’esperienza legata alla sala cinematografica, ma non possiamo far finta di non sapere che, con l’arrivo di nuove piattaforme, non si torna più indietro e i festival non dovrebbero essere obbligati a prendere una posizione netta con o contro qualcosa.
Una via di mezzo possibile potrebbe essere quella degli Oscar, che però sono dei premi, non un festival. Per essere candidato agli Oscar un film deve essere proiettato per almeno una settimana in almeno un cinema di New York e Los Angeles.