Gli arresti per i cosiddetti “sbarchi fantasma”
La procura di Palermo ha arrestato 13 persone accusate di gestire un traffico di migranti fra Tunisia e Italia, alternativo a quello più noto che coinvolge la Libia
La procura di Palermo ha arrestato 13 persone sospettate di gestire un traffico di migranti fra la Tunisia e l’Italia, alternativo alla rotta dei barconi che partono dalle coste della Libia. L’indagine è la prosecuzione di un caso giudiziario che l’estate scorsa coinvolse altre 19 persone per cui la procura aveva già richiesto il rinvio a giudizio. Il traffico individuato dalla procura di Palermo è uno dei rari casi noti dei cosiddetti “sbarchi fantasma”, cioè quegli sbarchi che avvengono a bordo di gommoni o piccole imbarcazioni difficilmente individuabili dalle autorità italiane.
Secondo la procura, i viaggi costavano fra i 3.000 e i 5.000 euro a persona – una cifra molto più alta di quella che pagano i migranti in Libia – e a volte prevedevano anche una tappa intermedia sull’isola italiana di Pantelleria, per diminuire le probabilità di essere intercettati dalle navi italiane. La rotta più frequentata collegava la città tunisina di Nabeul a Trapani, e veniva percorsa in meno di quattro ore. Ad ogni viaggio venivano imbarcati fra i dieci e i quindici passeggeri. Non è chiaro quanti migranti siano arrivati in Sicilia grazie a questo traffico.
Sembra che al business del trasporto di migranti gli stessi trafficanti avessero affiancato l’importazione di sigarette di contrabbando, che venivano imbarcate sugli stessi gommoni e poi smerciate a Palermo. Sempre secondo i calcoli della procura, ciascun viaggio fruttava ai trafficanti una cifra compresa fra 30mila e 70mila euro fra migranti e sigarette di contrabbando. Fra i trafficanti, scrive il Nucleo di polizia economico-finanziaria nei documenti sui nuovi arresti, sono presenti anche persone «con orientamenti tipici dell’islamismo radicale di natura jihadista, i quali palesavano atteggiamenti ostili alla cultura occidentale anche mediante propaganda attuata attraverso falsi profili attivati su piattaforme social».
Tre mesi fa il Guardian aveva scritto di un traffico molto simile attivo fra la Tunisia e la Sicilia, che avrebbe portato in Italia una cinquantina di miliziani dello Stato Islamico (o ISIS). La notizia era poi stata smentita dal ministero degli Interni italiano.