C’è un colpo di scena nel caso TIM

La Cassa Depositi e Prestiti, cioè il governo, ha annunciato che sta per acquistare il 5 per cento delle azioni, con uno scopo ben preciso

(ANSA/CLAUDIO PERI)
(ANSA/CLAUDIO PERI)

La vicenda della cessione di TIM, la società conosciuta fino a due anni fa come Telecom Italia, cioè la principale azienda di telecomunicazioni in Italia, ha avuto negli ultimi giorni un colpo di scena. Ieri sera la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), cioè la società finanziaria del ministero dell’Economia, ha annunciato che nella prossima settimana raccoglierà fino al 5 per cento delle azioni di TIM. Secondo gli analisti l’ingresso di un’azienda istituzionale come CDP fra gli azionisti accelera il processo che dovrebbe portare allo scorporo della rete telefonica dalla società principale, una misura che da diversi anni viene suggerita a TIM per gestire meglio la rete, uno dei suoi asset più preziosi (nonché strategico per gli interessi nazionali).

Si era capito che stava iniziando una nuova fase all’inizio di marzo, quando il fondo di investimenti Elliott – già famoso in Italia per avere prestato 303 milioni di euro all’imprenditore cinese Yonghong Li e avergli permesso di fatto di acquistare il Milan – ha acquistato rapidamente circa il 5 per cento delle azioni e proposto un cambio ai vertici dell’azienda, controllata al 23,94 per cento dalla società francese Vivendi.

L’obiettivo di Elliott era apparso da subito puntare a un rapido scorporo della rete per ridurre il debito complessivo di TIM ma soprattutto tornare a distribuire dividendi agli azionisti (cioè anche a Elliott stesso). Mettendosi a capo degli azionisti di minoranza, il fondo era riuscito a inserire nell’ordine del giorno dell’assemblea convocata per il 4 maggio la rimozione di sei consiglieri vicini a Vivendi.

La CDP – cioè il governo – ha colto l’occasione per inserirsi nella partita, ma soprattutto per poter dire la sua dentro a una nuova società che conterrebbe la sola rete telefonica di TIM, dall’evidente interesse nazionale. L’ipotesi che CDP potesse entrare in una società del genere circola da più di dieci anni: l’aveva già presentata nel 2006 l’allora consigliere economico del governo di Romano Prodi, Angelo Rovati, al termine di uno studio su Telecom. Anche il ministro uscente dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, aveva elogiato questa possibilità a febbraio, quando TIM aveva presentato una bozza di progetto per lo scorporo della rete.

Secondo gli analisti, l’idea a lungo termine del governo – che secondo ANSA ha concordato l’ingresso di CDP in TIM «con le principali forze politiche» – sarebbe fondere la nuova società con Open Fiber, una controllata del governo che possiede una rete di fibra ottica, e creare così un unico ente gestore della rete nazionale, di modo da sviluppare più facilmente la diffusione della banda ultralarga per la connessione a Internet. Fusione e piani di lungo termine a parte, è comprensibile che il governo voglia partecipare a una società che contenga la rete fissa di TIM. Il Foglio ricorda che ancora oggi ci passano diversi dati sensibili per la sicurezza nazionale come «le comunicazioni delle forze dell’ordine (braccialetti elettronici inclusi), i dati dell’anagrafe tributaria e dell’Inps, i dati bancari».

CDP avrà più o meno una settimana per raccogliere il 5 per cento delle azioni; se riuscirà a farlo entro il 13 aprile, potrà partecipare all’assemblea del 24 aprile, cioè quella in cui Elliott chiederà formalmente di sostituire i sei membri vicini a Vivendi. Prima di quella data c’è comunque un’altra scadenza rilevante: entro il 9 aprile scade il termine per presentare i candidati per il nuovo consiglio di amministrazione, e va capito se Elliott avrà il sostegno degli altri azionisti di minoranza – oltre a quello di CDP – per sottrarre la maggioranza a Vivendi.