I migranti africani che Israele non vuole più verranno trasferiti in Occidente
E non più in Africa: è il risultato di un accordo trovato con l'ONU dopo le critiche degli ultimi mesi, e sembra che c'entri anche l'Italia
Il governo israeliano ha annunciato oggi di avere cancellato il controverso piano di espulsione di migliaia di migranti africani verso alcuni paesi dell’Africa subsahariana. Israele ha detto di avere trovato un accordo con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), l’agenzia ONU che si occupa della gestione dei rifugiati. L’accordo prevede la partenza di almeno 16mila migranti verso alcuni «paesi occidentali»: non sono stati diffusi i dettagli del nuovo piano, non si sanno i tempi dei trasferimenti e non si sa nemmeno quali siano i «paesi occidentali» citati, anche se lunedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che tra le possibili destinazioni ci sono Canada, Germania e Italia. Una portavoce dell’UNHCR ha confermato l’esistenza dell’accordo, ma non ha dato altri dettagli.
Della questione dei migranti africani in Israele si era parlato molto un mese e mezzo fa, quando il governo israeliano aveva iniziato ad applicare il suo controverso piano di espulsione di 34mila migranti, la maggior parte dei quali provenienti dal Sudan e dall’Eritrea e arrivati in Israele tra il 2006 e il 2012. L’idea di Netanyahu era di trasferire i migranti verso destinazioni africane che il suo governo considerava sicure, come per esempio Uganda e Ruanda. Il governo aveva dato ai migranti due possibilità: o accettare “volontariamente” l’espulsione dal paese in cambio di 2.800 euro e un biglietto aereo, oppure essere trasferiti in modo forzato in un centro di detenzione per un periodo indeterminato. Alcuni gruppi impegnati per la difesa dei diritti umani avevano però portato il piano di espulsioni di massa del governo israeliano di fronte all’Alta corte d’Israele, che il 15 marzo aveva sospeso temporaneamente la sua applicazione.
Il piano, nel frattempo, era stato molto criticato: sia perché riguardava persone che vivevano e lavoravano in Israele da parecchi anni, sia perché non era stato accettato da attivisti, rabbini e sopravvissuti all’Olocausto, tra gli altri, che avevano sostenuto che adottare misure del genere sarebbe stato contrario ai principi fondativi stessi dello stato di Israele. Inoltre i governi di Ruanda e Uganda avevano detto che si sarebbero rifiutati di accettare i richiedenti asilo portati nei loro paesi con la forza. Il governo israeliano aveva cominciato a subire anche le pressioni internazionali dell’ONU.
Non è chiaro cosa succederà ora: bisognerà probabilmente aspettare di sapere qualche dettaglio in più dell’accordo trovato tra Israele e ONU ed eventualmente le conferme dei governi coinvolti, tra cui – sembra – quello italiano. Non è chiaro nemmeno cosa succederà ai 6.500 migranti dell’Eritrea e del Sudan che rimarranno esclusi dal piano.