La storia dell’uomo che ha venduto sostanze dopanti a migliaia di atleti
Ma vendeva una sostanza particolare per cui non è stato imputato e quasi nessuno degli atleti è stato squalificato
Il giornalista sportivo Michael Powell ha raccontato sul New York Times la storia di un uomo che è stato indagato, ma non imputato, per aver distribuito sostanze dopanti a migliaia di atleti, professionisti e amatori. Non è stato imputato perché le sostanze da lui distribuite – i peptidi – non sono ancora ben regolamentate, anche se ne è certo l’effetto dopante. Quasi nessuno degli atleti a cui ha venduto le sostanze è stato squalificato, perché i controlli antidoping non ne hanno trovato traccia.
L’uomo si chiama Michael A. Moorcones e su di lui non ci sono molte informazioni: è nato in Virginia, vive in Arizona, è un avvocato ma non ha mai aperto un suo studio e nonostante distribuisse grandi quantità di peptidi non ha nessuna qualifica farmaceutica. Agli atleti a cui vendeva peptidi diceva di chiamarsi Thomas Mann, come lo scrittore tedesco di La morte a Venezia.
Quando si parla di certi sport, la sostanza dopante più nota sono gli steroidi: un particolare gruppo di ormoni che fanno diventare i muscoli più grossi. Powell ha scritto che gli steroidi «sono la sostanza dopante originale, quella dei sogni» e che «continuano a essere lo standard più elevato per gli atleti che vogliono doparsi». Gli steroidi furono molto usati tra gli anni Ottanta e Novanta e non sembra quindi un caso che molti record sportivi di quegli anni abbiano resistito molto a lungo, più a lungo di quelli di altri periodi storici. Come capita spesso, dopo qualche anno l’antidoping si è messo al pari col doping (sia dal punto di vista delle analisi che da quello delle leggi) e usare steroidi senza essere scoperti e squalificati oggi è molto più difficile.
I peptidi sono tra le più interessanti sostanze dopanti che hanno preso il posto degli steroidi. Sono composti chimici le cui molecole sono sintetizzate naturalmente dal corpo, si ottengono dall’unione di due o più amminoacidi e servono per costruire proteine. Alcuni peptidi fanno con gran efficacia quello che deve fare una sostanza dopante: far succedere qualcosa meglio e più in fretta di quanto succederebbe normalmente. Powell ha fatto l’esempio dei secretagoghi, che stimolano la ghiandola responsabile dell’ormone della crescita: «Un attendibile studio scientifico australiano ha dimostrato che l’ormone della crescita ha aiutato i velocisti a migliorare i loro tempi del quattro per cento». Vuol dire, in una gara di 100 metri, guadagnare qualche fondamentale decimo di secondo. Anche se sono forse meno efficaci degli steroidi, i peptidi sono – o di certo sono stati – più difficili da trovare nei test antidoping.
Come ogni sostanza dopante, anche i peptidi sono considerati pericolosi se assunti in certe quantità e di certo senza la necessaria prescrizione e consulenza. L’endocrinologo Todd B. Nippoldt ha detto a Powell: «Certe persone stanno facendo sofisticati esperimenti sul loro corpo, con dosi che superano tutte quelle testate in laboratorio. È eccezionale e pericoloso».
Le indagini su Moorcones iniziarono nell’agosto 2015, quando la polizia postale svizzera trovò alcuni pacchetti contenenti bottiglie sospette provenienti dall’Arizona. Le fece avere a un laboratorio di analisi e Powell ha scritto che «i chimici trovarono tre composti sintetici che sono come oro illegale per gli atleti intenzionati a barare. Un composto accelerava il recupero di tendini e legamenti; un altro faceva aumentare la massa muscolare; un altro ancora stimolava il corpo a bruciare grassi». La polizia svizzera informò della cosa l’USADA, l’agenzia anti-doping degli Stati Uniti (della quale si parlò spesso soprattutto per le vicende di Lance Armstrong). Il nome del mittente sui pacchetti era “Thomas Mann”, un nome che, per quanto riguarda il doping, l’USADA non aveva mai incontrato prima. Di Mann (senza sapere che il suo vero nome era Moorcones) parlò anche The Dark Side: Secrets of the Sports Dopers, un documentario di Al Jazeera del dicembre 2005, in cui un ex atleta britannico si fingeva interessato ad acquistare sostanze dopanti e incontrava persone indossando microcamere per registrare il tutto.
Moorcones incontrava gli atleti e aspiranti compratori sul forum online DatBTrue; quando li capiva interessati all’acquisto usava uno pseudonimo e li metteva in contatto con Thomas Mann (cioè sempre lui). Dopo essersi accertato dell’identità dell’atleta, spediva i prodotti. «Nell’anno in cui è stato oggetto di indagine ha venduto prodotti per un milione di dollari», ha scritto Powell. Nel documentario di Al Jazeera un atleta spiegava che Moorcones era molto attento al fatto che gli atleti non dicessero mai cose come “userò subito queste sostanze”: lui le vendeva e loro le compravano, ma non si dicevano altro. Ci sono anzi delle mail in cui scrive che i suoi prodotti sono da usare solo per analisi di laboratorio.
Powell, il primo a raccontare questa storia, ha scritto che nei mesi successivi l’USADA capì che Mann era Moorcones e raccolse prove di diverso tipo: mail e conversazioni su internet tra lui e gli atleti, testimonianze di acquirenti, ricevute di pagamenti e video di lui che – spesso accompagnato dai genitori settantenni – spedisce le bottigliette con i peptidi. Powell ha scritto che in un anno Moorcones ha spedito sostante dopanti ad almeno ottomila atleti e tra loro c’erano atleti olimpici di varie discipline e giocatori di football e baseball. Moorcones vendeva anche a non-atleti, perché i peptidi siano considerati utili nelle pratiche anti-invecchiamento.
Nonostante le molte e consistenti prove, Moorcones non è poi stato imputato perché, semplificando un po’, mancano leggi che permettano alla FDA o alla DEA (le agenzie statunitensi che si occupano della sicurezza dei farmaci e del contrasto alla droga) di incriminarlo. Powell ha scritto: «Distribuiva sostanze che stanno in un’area grigia. Il possesso di peptidi, che è illegale senza una prescrizione medica, è in genere trattato come un reato minore». Douglas W. Coleman, agente della DEA, ha detto: «Se ti trovo con dell’eroina, è una sostanza nota e illegale: è facile. Se trovo l’ormone della crescita, devo prima trovare il supporto per dire che è una dose significativamente oltre quella che può essere prescritta».
Alcuni atleti negli elenchi di Moorcones o nel documentario di Al Jazeera hanno ammesso di aver usato peptidi, ma pochi di loro sono stati squalificati: dipende dallo sport, dai tempi e dai modi dei controlli. Resta comunque il fatto che quasi tutti gli atleti che hanno usato peptidi non erano risultati positivi ai controlli antidoping.
Tra gli atleti squalificati c’è il velocista statunitense Cody Bidlow. Ha detto di non essere uno che poteva ambire alle Olimpiadi e di aver iniziato a doparsi solo per allungarsi un po’ la carriera. Ha detto che dopo aver chiesto un po’ in giro gli consigliarono Mann, perché era «un cervellone», uno serio e competente (si stima che l’80 per cento delle pubblicità online per i peptidi sono di prodotti inefficaci per scopi di doping). Powell ha scritto:
Ci siamo seduti in un bar e Bidlow mi ha fatto un rapido corso sui peptidi. Mi ha descritto come funzionano, quali sono difficili da trovare nei test e per quali il gioco non vale la candela. Ha detto che allenatori e atleti – velocisti in particolare – sono innamorati di quelli che sono noti come IGF-1, fattori di crescita insulino-simile. Accelerano il recupero e aiutano a costruire il muscolo in un modo simile agli steroidi anabolizzanti. L’IGF-1 è presente normalmente nel corpo, e i testi antidoping fanno fatica a distinguere il naturale dal sintetico. Nessun velocista o giocatore di baseball è mai risultato positivo all’IGF-1. Non pensate però che nessun velocista o giocatore di baseball l’abbia usato. Solo non li hanno scoperti.
Ora non ci sono quasi più tracce online di Moorcones: ha chiuso il suo sito e ha scritto di essere malato; alcuni clienti hanno detto di essere preoccupati che la sua malattia derivi da queller sostanze, che probabilmente assumeva lui stesso. Un utente ha scritto su internet: «Mi spiace per lui. La comunità della medicina sperimentale illegale sta perdendo un vero eroe». Powell ha scritto che intanto «tanti suoi clienti si sono spostati verso un venditore in Florida, dove le cliniche anti-invecchiamento che vendono peptidi spuntano come funghi». Non si sa però se Moorcones comprasse o producesse lui stesso le sostanze che vendeva. Powell è andato a casa sua, «vicino al deserto dell’Arizona», e gli ha chiesto di raccontargli il suo punto di vista sulla questione. Moorcones si è rifiutato.