Ma alla fine qual è stato il problema a Bardonecchia?
Quali sono, concretamente, le leggi e gli accordi che potrebbero aver violato i poliziotti francesi entrando nel centro per migranti
Da ieri è in corso un caso diplomatico tra Francia e Italia, provocato da un’operazione di cinque agenti della Polizia doganale francese che sono entrati nei locali di un centro per migranti di Bardonecchia, in provincia di Torino, per far fare il test dell’urina a un uomo nigeriano che sospettavano fosse uno spacciatore. Le discussioni delle ultime ore si sono concentrate sulla legittimità del comportamento della polizia francese, che è stato difeso e giudicato regolare dal ministero francese dei Conti pubblici, a cui fa capo la Polizia doganale, mentre invece è stato definito «grave» dal ministero degli Esteri italiano.
Ma qual è stato esattamente il problema? Orientarsi tra le leggi che regolano la collaborazione tra la polizia italiana e quella francese non è semplice, e sono emerse diverse interpretazioni. Approfondendo la questione, ci si fa l’idea che forse il vero problema è che l’intera vicenda sia avvenuta in una sorta di zona grigia di questi accordi, e potrebbe venire il dubbio che i politici, i giornali e il governo italiani abbiano ingigantito l’episodio. Soprattutto considerando altri casi recenti che non hanno avuto le stesse conseguenze diplomatiche e mediatiche: come quello della donna nigeriana incinta e malata respinta al confine francese a febbraio, che era stata lasciata dalla polizia francese proprio davanti al centro migranti di Bardonecchia ed era morta un mese dopo durante il parto in un ospedale di Torino.
I poliziotti francesi hanno fermato l’uomo nigeriano su un treno TGV diretto da Parigi a Napoli – quindi verso l’Italia – nel tratto ferroviario tra Modane e Bardonecchia. Esistono infatti accordi tra Italia e Francia che permettono questo tipo di controlli alle rispettive polizie su questa specifica tratta tra Modane (il primo comune francese oltre il confine) e Bardonecchia. Dal comunicato francese si dice che l’uomo era sospettato di «trasportare droga in corpo» (cioè per esempio in ovuli ingoiati, come fanno molti corrieri della droga): non è del tutto chiaro a cosa servisse in questo senso il test delle urine.
Il problema, in ogni caso, è quello che è successo quando i poliziotti sono scesi a Bardonecchia: qui sono infatti entrati nei locali della stazione attualmente usati dalla ong Rainbow for Africa, che si occupa principalmente dei migranti che provano ad oltrepassare il confine verso la Francia. Gli agenti erano armati di pistola e taser, ma non hanno tenuto un comportamento violento: una volontaria del centro intervistata da Repubblica, però, ha comunque detto che è stata «un’irruzione», perché gli agenti hanno zittito un mediatore che aveva protestato e si sono fatti spazio.
Nel comunicato diffuso dal ministero degli Esteri il problema sembra proprio riguardare l’ingresso della polizia francese in quei locali: in base a un vecchio accordo del 1963, infatti, erano stati concessi alla polizia francese in virtù della collaborazione transfrontaliera tra Italia e Francia. Dai resoconti usciti sui giornali, sembra che i locali fossero usati dagli agenti francesi per riposarsi e aspettare i treni diretti in Francia sui quali dovevano fare i controlli. Ma il ministero degli Esteri dice che quei locali non erano più a disposizione dei poliziotti francesi, perché occupati dalla ong. Il comunicato parla di una comunicazione in merito avvenuta a marzo tra le Ferrovie dello Stato italiane e le Dogane francesi, per provare che i poliziotti francesi sapevano che non potevano usare quei locali. Era infatti previsto per il 16 aprile un incontro alla Prefettura di Torino per discuterne.
Quello dell’ingresso nei locali sembra essere il vero problema, secondo il ministero degli Esteri. Nelle discussioni sull’episodio sono però emersi anche dei dubbi sulla legittimità dell’intervento della polizia francese in Italia. In base agli articoli 40 e 41 del trattato di Schengen, infatti, sono previste circostanze in cui, per motivi di urgenza, i poliziotti di un paese possono sconfinare in un altro. Devono però comunicarlo alla polizia dell’altro paese, e finora non ci sono prove che questo sia avvenuto. C’è però chi dice che questo argomento sia usato in modo pretestuoso: diverse persone sentite dai giornali in queste ore, infatti, hanno raccontato che è normale vedere poliziotti francesi a Bardonecchia, così come poliziotti italiani a Modane, e non è chiaro se ogni volta che questo succede si avvertano a vicenda. Contattati dal Post, sia i Carabinieri sia la Polizia di Bardonecchia hanno detto di non poter commentare, e i dirigenti competenti non sono stati raggiungibili.
Intervistato da Repubblica, il giurista Edoardo Greppi, docente di diritto internazionale all’Università di Torino che è casualmente in vacanza a Bardonecchia, ha spiegato: «quando ero ragazzo io era impensabile vedere una pattuglia della Gendarmerie o della Police National a Bardonecchia, o una pattuglia di Carabinieri o della Polizia di Stato a Modane. Oggi è materia quotidiana, perché il rapporto tra i due paesi è molto stretto». Greppi ha invitato a ridimensionare l’episodio «a una portata molto modesta, perché il fatto in sé è stato molto modesto».
Commentando l’episodio, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) ha invece giudicato che le leggi di collaborazione tra la polizia italiana e quella francese siano state «palesemente violate». È una questione di interpretazione delle leggi che regolano gli interventi della polizia francese sul suolo italiano, che sono molte e complicate. Oltre all’accordo di Schengen, infatti, c’è l’Accordo di Chambery del 1997, il Trattato di Prüm del 2005 e l’Accordo tra Italia e Francia in materia di cooperazione bilaterale per l’esecuzione di operazioni congiunte di polizia del 2012. Riassumendo, l’ASGI contesta principalmente che nell’intervento della polizia francese non sia stata coinvolta né informata quella italiana, come invece sarebbe dovuto succedere.
Poi dice che quella in questione non era una situazione di emergenza che giustificasse il non aspettare la polizia italiana (che forse però non era stata proprio avvertita). Il trattato di Schengen poi proibisce alla polizia di un paese di fermare o arrestare una persona oltre il confine: e secondo l’ASGI gli agenti francesi «hanno di fatto proceduto al fermo del cittadino nigeriano sospettato». Sempre l’articolo 41 di Schengen, poi, vieta l’ingresso agli agenti francesi «nei domicili e nei luoghi non accessibili al pubblico», come forse sono quelli della stazione di Bardonecchia dopo la fine dell’accordo che li metteva a disposizione della polizia francese. Secondo l’ASGI, infine, gli agenti francesi non potevano ottenere il campione di urina del sospettato senza un’autorizzazione di un pubblico ministero italiano, come previsto dal codice di procedura penale.