È stato avviato un procedimento disciplinare contro la carabiniera che aveva denunciato per molestie un suo superiore
Il suo caso era stato raccontato a Presa Diretta: è accusata di aver screditato il prestigio dell'Arma dei Carabinieri
Lo scorso 10 marzo Rai Tre aveva trasmesso una puntata di Presa Diretta sulle molestie sessuali intitolata “Sesso e Potere”. Erano state raccontate molte storie compresa quella di una carabiniera, Angela Apparecida Rizzo, che lavora al comando provinciale dei carabinieri di Firenze (lo stesso in cui prestavano servizio i due carabinieri accusati di stupro da due studentesse americane lo scorso settembre). Angela Apparecida Rizzo, che ha 35 anni, aveva denunciato ai suoi superiori un maresciallo che lavorava con lei per molestie sessuali e minacce. Le accuse di minaccia erano poi state portate davanti a un tribunale militare. Ora l’Arma dei Carabinieri ha aperto contro di lei un procedimento disciplinare per non aver chiesto l’autorizzazione a rilasciare un’intervista e per aver gettato discredito sul prestigio dell’Arma dei Carabinieri.
Angela Rizzo lavorava a Firenze nel laboratorio di analisi delle sostanze stupefacenti del nucleo investigativo ed era stata molestata per mesi, nel 2015, dal suo superiore Luigi Ruggiero, un maresciallo: a Presa Diretta aveva raccontato delle “attenzioni” che le venivano rivolte, dei palpeggiamenti, delle minacce di ritorsioni, delle umiliazioni verbali e della mortificazione che aveva provato. Nell’intervista Rizzo aveva raccontato in modo molto generico ciò che aveva dovuto subire (e che nei dettagli si può ascoltare in questo audio di Radio Radicale). Rizzo aveva deciso di rivolgersi a un carabiniere di grado più alto e poi al tribunale militare, dove si era costituita parte civile. Non aveva però presentato entro i sei mesi previsti la querela per le molestie, che non sono perseguibili d’ufficio: quindi Ruggiero era stata accusato solamente per minaccia.
Luigi Ruggiero, nel gennaio del 2017, era stato condannato in primo grado dal tribunale militare di Roma a nove mesi di reclusione e al risarcimento danni per il reato militare di “Minaccia ad inferiore aggravata e continuata” (nella sentenza si parlava di “morboso interessamento” e di “esasperante invadenza” e si ricostruiva in modo dettagliato che le minacce avevano un chiaro legame con le molestie subite dalla donna). Lo scorso dicembre la Corte militare d’Appello di Roma aveva confermato la condanna e il giudizio è ora pendente in Cassazione, perché Ruggiero ha presentato ricorso. Nell’ordinamento militare non sono comunque previsti i reati a sfondo sessuale, reati che non sono dunque punibili perché non previsti nemmeno dal codice penale militare di pace (da tempo ci sono richieste di riforma della giustizia militare in questo senso).
Il 24 marzo l’Arma dei Carabinieri ha aperto un procedimento disciplinare contro Angela Rizzo, che quindi ora da parte offesa è diventata la persona accusata: avrà due mesi per preparare una difesa. L’accusa nei suoi confronti è non aver chiesto l’autorizzazione a rilasciare un’intervista e aver screditato il prestigio dell’Arma stessa con alcune sue dichiarazioni. La frase in questione è quella in cui Rizzo dice: «avevo paura che succedesse qualcosa di più grave. In un contesto come il nostro dovremmo tutelare, no? Con grande amarezza trovo invece che, ecco, anche nel mio caso, uno venga abbandonato».
Nell’atto di contestazione ad Angela Rizzo si dice che la donna aveva avvisato che la trasmissione si sarebbe occupata del suo caso senza però citare l’intervista, «che non risulta oggetto della preventiva autorizzazione». Inoltre, si dice, «con riferimento al contenuto dell’intervista, si rileva una possibile lesione del prestigio istituzionale». Le possibili violazioni di Angela Rizzo sarebbero alle norme del Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare intitolate: contegno del militare, comunicazioni dei militari, doveri attinenti al grado, senso di responsabilità.
Uno degli avvocati di Angela Rizzo, Giorgio Carta, ha spiegato che la donna potrà fornire le proprie argomentazioni difensive, dopodiché si arriverà a una decisione finale che potrebbe anche essere di archiviazione: «Mi auguro che questo sia l’esito della vicenda perché ha già patito troppo per dover anche subire il trauma di una sanzione». Se il procedimento non dovesse invece essere archiviato, la donna «rischia una sanzione cosiddetta di corpo come il richiamo verbale, il rimprovero scritto e qualche giorno di consegna. Più che altro, la sanzione può incidere negativamente sulla sua futura carriera», ha spiegato Carta.