Chissà se vi piacerà “Ready Player One”
È il nuovo film di Spielberg, pieno di citazioni ed effetti speciali; qualcuno l'ha apprezzato, a qualcun altro ha fatto venire il mal di testa
Ready Player One è il nuovo film di Steven Spielberg ed è nei cinema da oggi, mercoledì 28 marzo. Esce meno di due mesi dopo The Post, altro film di Spielberg, e non potrebbe essere più diverso: è pienissimo di effetti speciali ed è ambientato nel 2045, per gran parte all’interno di un gioco in realtà virtuale nel quale sono citate tantissime cose della cultura popolare, soprattutto degli anni Ottanta. Ready Player One è tratto dal libro Player One, scritto da Ernest Cline (che è anche sceneggiatore del film) e uscito in Italia nel 2011. Il film era molto atteso: per la storia e perché Spielberg è Spielberg, uno che sa raccontare le storie. Qualche critico cinematografico ha scritto recensioni piene di apprezzamenti (soprattutto per gli effetti speciali e le citazioni); molti altri hanno trovato invece pecche, difetti e problemi di vario tipo. Qualcuno è uscito dal cinema esaltatissimo; qualcun altro annoiato o addirittura infastidito.
La storia, un po’ più nel dettaglio
Nel 2045 il mondo è inquinato e con troppi abitanti. Molte persone vivono in condizioni precarie e il loro principale sfogo è OASIS, il mondo in realtà virtuale a cui si accede mettendo dei visori e in cui si può diventare chiunque e fare qualunque cosa: combattere, giocare, ballare, sciare sulle piramidi, scalare l’Everest con Batman, andare a scommettere soldi sul pianeta Casinò. «La gente viene su OASIS per tutto quello che si può fare. Ma ci rimane per tutto quello che si può essere», dice il protagonista. All’inizio del film James Halliday, il creatore di OASIS, è morto da poco. Ha deciso di lasciare in eredità il controllo della sua creazione (che significa tantissimi soldi, veri, e un immenso potere) al primo utente che sarà in grado di superare tre prove.
Tra gli utenti che ci provano c’è Wade Watts, un ragazzo che all’interno di OASIS si chiama Parzival e guida la DeLorean di Ritorno al futuro. Nel gioco ha un po’ di amici, conosce una ragazza di cui si innamora e, insieme agli amici e alla ragazza, prova a vincere. Deve sfidare soprattutto la Innovative Online Industries, una società cattiva che ha investito tantissimi soldi per provare a vincere l’immensa caccia al tesoro ideata da Halliday. Il mondo reale e quello virtuale sono separati ma collegati: la Innovative Online Industries per esempio schiavizza persone nel mondo reale per farle lavorare in quello virtuale (un po’ come obbligare delle persone a giocare a Candy Crush, se Candy Crush facesse vincere soldi veri). Alla fine la lotta per le tre prove in OASIS sfocia anche nel mondo reale, con rischi reali e non più virtuali.
Non riuscirete mai a trovare tutte le citazioni
Più che un gioco, OASIS è un universo in cui si può fare ed essere qualsiasi cosa. La prima delle tre prove per esempio è una corsa tra auto e moto in una versione virtuale di New York, in cui a complicare il tutto ci sono anche King Kong e un T-Rex (e siccome Spielberg è Spielberg c’è una scena che cita Jurassic Park). Ma i riferimenti a film, videogiochi e canzoni sono ovunque: nei discorsi, nei vestiti e nei mezzi di trasporto dei protagonisti, ma anche negli angoli di veloci inquadrature. Il sito IMDb ha già raccolto 40 film citati in Ready Player One (il cui titolo stesso è una citazione della frase con cui iniziavano molti videogiochi). BadTaste ha pubblicato invece una lista di tutte le società a cui la Warner Bros, che ha prodotto il film, ha chiesto qualche tipo di permesso o collaborazione per fare citazioni e riferimenti.
Ogni critico ha ovviamente scritto le sue citazioni preferite, o quelle di cui lui si è accorto e altri magari no. Ma è un gioco da fare dopo aver visto il film: prima rovina solo l’esperienza. Alcuni critici hanno però anche espresso la loro opinione su tutte queste citazioni.
Brian Truitt ha scritto su USA Today che, «se aspettavate un film che mettesse insieme Hello Kitty e RoboCop, Spielberg l’ha fatto». Era stato uno dei motivi per cui il libro era piaciuto e l’opinione prevalente è che Spielberg sia riuscito a riempire le sue scene di tantissimi riferimenti. Molti hanno apprezzato la caccia alla citazione, altri l’hanno trovata vuota, faticosa, fatta puntando sulla quantità e non sulla qualità. Paolo Mereghetti ha scritto sul Corriere della Sera che «una tale massa di rimandi finisce per cancellare ogni senso: non si tratta più di riferimenti cinefili (che possiedono una loro dignità e autonomia) ma di anonime tessere destinate a perdere ogni identità nel tutto che compongono, proprio come in un puzzle».
È meglio del libro, o comunque non peggio
Player One, il libro, ha lunghe e dettagliate descrizioni, un protagonista grasso (nel libro è invece un bel ragazzo, in forma), tantissime prove da superare (non solo tre) e lunghe descrizioni. Nella più recente versione italiana pubblicata da DeA Planeta Libri, Player One è lungo più di 400 pagine. Spielberg, che ha letto prima una sceneggiatura e poi il libro, ha detto: «Sono rimasto completamente affascinato dall’idea di questa contrapposizione di due mondi. Poi ho letto il libro, che mi ha davvero sconvolto perché era così profondo e così stratificato. Era esoterico; faceva paura; era accessibile, mi ha conquistato».
Quasi tutte le recensioni che parlano del libro dicono che il film ne mantiene i toni e l’approccio. Molti critici anzi hanno detto che, nella sintesi che un film deve per forza fare rispetto a un libro, le cose sono migliorate. Tasha Robinson ha scritto su The Verge che «Spielberg ha immensamente migliorato il libro» e che dove il libro spiegava «Spielberg può sbattere le cose nello schermo», rendendo alcune citazioni «notevoli, peculiari e memorabili». John DeFore ha scritto su Hollywood Reporter che «un libro molto amato dai fan ha finalmente avuto il film che si meritava».
La storia è piaciuta meno
Tanti critici hanno notato che il film ha quella che si definisce “moltiplicazione di finali”. Succede quando una scena sembra essere quella finale, quella in cui si inizia a prendere la giacca pronti per uscire dal cinema, e invece, colpo di scena, il cattivo ritorna. Si parla di moltiplicazione di finali quando una cosa di questo tipo succede almeno tre o quattro volte. Ready Player One dura due ore e venti minuti e, secondo tanti critici, c’è mezz’ora di film di troppo, anche perché vista la densità di cose che si vedono e succedono, due ore e venti minuti possono risultare provanti.
Chris Nashawaty di Entertainment Weekly ha scritto che Ready Player One «non è in grado di dire Game Over» e «a mezz’ora dalla fine emerge una certa stanchezza. Non è quella che si prova dopo aver giocato a un videogioco per troppo tempo, è quella dovuta all’aver visto qualcun altro giocare per troppo tempo». Non è piaciuto nemmeno lo sviluppo dei personaggi: Halliday (interpretato da Mark Rylance) è stato quello più apprezzato, perché non banale; gli altri sono stati in genere descritti come troppo piatti, troppo simili a se stessi sall’inizio alla fine del film. Robinson ha fatto notare che a un certo punto c’è un lutto, e il personaggio che dovrebbe star male smette di preoccuparsene in un paio di minuti. Ha scritto che il film «prende le emozioni alla leggera».
Il “messaggio”, se c’è, non è piaciuto
Trama a parte, alcune recensioni hanno messo in evidenza il fatto che Spielberg sembri aver provato a inserire una “morale” nel film, a far passare un messaggio che invece nel libro non c’è. Gabriele Niola ha scritto su Wired che «Spielberg non manca di piegare la trama scritta da Ernest Cline (e da lui stesso adattata per il film) nella direzione di un’apologia del mondo reale e una specie di insegnamento sulla necessità di staccarsi dalla vita digitale, ma è evidente che questa parte, confinata più che altro nel finale, sia posticcia». Su BestMovie, Giorgio Viario ha scritto: «Il richiamo finale alla realtà, ovvero a una coscienza civile, è didascalico e anche un po’ pomposo, e una vera posizione critica nei confronti della cultura nerd – nonostante le apparenze – non viene assunta, la sensazione è esattamente quella del colpo al cerchio e poi alla botte».
Gli effetti speciali ci sono, e sono piaciuti
Le scene ambientate nel mondo reale sono state girate su pellicola, quelle in OASIS sono state girate in digitale, con un gran lavoro di post-produzione. Il modo in cui è stato girato lo rende uno di quei film indubbiamente da vedere in un cinema, se possibile in uno dei migliori. L’unico in Italia a proiettarlo in 70 millimetri, anche in lingua originale, sarà l’Arcadia di Melzo, vicino a Milano.
Subito dopo l’anteprima, il critico di IndieWire Eric Kohh ha scritto su Twitter: «In termini di spettacolo puro, questa è la cosa più sorprendente fatta da Spielberg». Brooks Barnes ha scritto sul New York Times che «Ready Player One è la più grande pubblicità mai fatta per la realtà virtuale. Se la visivamente spettacolare OASIS non convincerà le persone a comprare visori per la realtà virtuale, forse niente ci riuscirà mai». Ma nemmeno gli effetti speciali sono piaciuti proprio a tutti. Su Repubblica, Natalia Aspesi ha scritto:
Il mio amico e io siamo usciti barcollando, lui col mal di testa, io (antichissima) in fiamme con un apparecchio acustico saltato. Ma si tratta del nuovo film di Spielberg, quindi non può che essere un capolavoro o quasi, pieno di significati politici e sociali che i critici hanno subito individuato in Ready Player One, schermo enorme, 2 ore e 20 minuti con l’ultima mezzora tutta di finali che si inseguono, effetti speciali al massimo e un tal fracasso da predisporre alla sordità il popolo adolescente, che impazzirà in tutto il mondo per questo grandioso film. È ovvio che questo non sia un film per vecchi, coi loro fragili corpo e mente non allenati a un accumulo di mostri e scoppi e fiamme e corse di auto e precipizi e combattimenti e un mondo dove gli avatar con gli occhioni da manga e la pelle a puntolini ne fanno di ogni colore.
Succede per ogni film, ma per Ready Player One succede di più. Qualcuno quasi lo schifa, altri hanno scritto di adorarlo. Roberto Recchioni – un noto fumettista italiano, perfettamente nel target degli argomenti di libro e film – ha fatto una lunga recensione interattiva, “a bivi“, e ha scritto su Facebook dopo aver visto il film:
Il romanzo è bello e ricopre un ruolo importante nella cultura pop degli ultimi anni.
Ma il film…
Il film è qualcosa di molto di più.
Spielberg è dio.