La scienza del tiro libero perfetto
Due ingegneri americani hanno pubblicato uno studio basato su milioni di simulazioni: la palla deve fare tre giri su se stessa, per cominciare
In un recente articolo pubblicato sul sito The Conversation, l’ingegnere aerospaziale e docente alla North Carolina State University Larry M. Silverberg ha raccontato di uno studio che condusse alla fine degli anni Novanta per trovare la risposta a una semplice, grande domanda del basket: come si tira il tiro libero perfetto? Insieme al collega Chau Tran, Silverberg aveva infatti progettato un software in grado di simulare le traiettorie di milioni di palle da basket in diverse situazioni di gioco. Quando lo presentarono agli allenatori delle squadre della North Carolina State University, loro gli dissero che quello che volevano davvero era capire come tirare i tiri liberi per non sbagliare mai.
Il tiro libero, in effetti, è una delle poche situazioni nel basket in cui le variabili e le interferenze esterne sono ridotte al minimo: ci sono soltanto il giocatore e il canestro, sempre alla stessa distanza, senza nessuna difesa. Certo, c’è il pubblico, la tensione della partita, la stanchezza: ma non c’è un’altra situazione del gioco più replicabile e riproducibile. E nelle partite combattute punto a punto, un tiro libero segnato può fare la differenza tra la sconfitta e la vittoria.
È per questo che i giocatori si allenano moltissimo, e sviluppano un proprio movimento, da ripetere sempre uguale: raccogliendo la palla dalla stessa posizione, piegando le gambe nello stesso modo, muovendo il polso con la stessa intensità, mirando nello stesso punto, rilasciando la palla dalla stessa altezza. Spesso il tiro libero è affiancato da gestualità ripetute che non intervengono direttamente sul tiro, ma che aiutano il giocatore a creare una ritualità, sempre uguale. Un po’ come il servizio dei tennisti. I migliori giocatori professionisti segnano i tiri liberi con percentuali superiori al 90 per cento. E nonostante la tecnica usata attualmente dai giocatori sia il risultato di decenni di perfezionamenti, anche tra i professionisti c’è ancora qualche raro caso di giocatori che li tirano dal basso, in mezzo alle gambe, come si faceva molti anni fa e come oggi lo fanno praticamente solo i bambini.
Come spiega Silverberg, «il basket è uno sport di traiettorie». E con il loro programma, Silverberg e Chau riuscirono a studiare la traiettoria migliore per fare entrare la palla nel canestro da una distanza di 4,225 metri, cioè la distanza tra la linea del tiro libero e il centro del canestro. Presero in considerazione l’angolo del rilascio della palla, la forza, la rotazione della palla, e provarono a simulare anche quello che succede alla palla quando rimbalza sul ferro del canestro.
In tutti i tiri del basket, o meglio in tutti i tiri riusciti, la palla ruota un certo numero di volte su se stessa, per via della “frustata” del polso che la rilascia. La prima conclusione a cui giunsero Silverberg e Chauè che la rotazione perfetta del pallone è di 3 hertz: dato che la palla impiega circa un secondo a raggiungere il ferro, in un normale tiro libero, vuole dire farle fare tre giri su se stessa. Più di tre giri sono controproducenti, secondo i calcoli di Silverberg e Chau.
Immaginando poi che la palla venga rilasciata da un’altezza di circa 215 centimetri (i giocatori la portano sopra la testa prima di tirare, e sono normalmente piuttosto alti), l’angolazione migliore del tiro è di 52 gradi. Tirando con questo angolo, errori minimi di un grado in più o in meno non influiscono sul successo del tiro, secondo lo studio. Idealmente, nel punto più alto della sua parabola la palla dovrebbe raggiungere l’altezza del bordo superiore del tabellone.
Più difficile è calcolare la migliore velocità alla quale va rilasciata la palla. Dipende infatti da quanto si piegano le gambe, da quanta forza si mette nel braccio e nel polso, e per tirare sempre con la stessa forza un giocatore deve costantemente adattare i suoi gesti alla stanchezza dei propri muscoli. Per questo è difficilmente calcolabile, ma Silverberg e Chau sono arrivati a una conclusione parziale: meglio mirare sempre all’estremità del ferro più lontana, invece che a quella più vicina. «È più indulgente».
Normalmente, i peggiori tiratori di liberi sono i giocatori più alti delle squadre, cioè i centri e le ali grandi, abituati a tirare da più vicino al canestro e più carenti nei tiri dalla media e lunga distanza. Un po’ sorprendentemente, Silverberg e Chau hanno però scoperto che tirare lanciando la palla da altezze maggiori dovrebbe migliorare le statistiche di realizzazione.