L’Australia ha un problema con i canguri, ma non si capisce quale
Secondo qualcuno sono troppi, vanno abbattuti e se ne abbattono troppo pochi; secondo altri è tutto il contrario
Non esistono un paese e un animale con un legame più forte di quello tra Australia e canguri. Il canguro è presente sulle monete, nello stemma del paese (insieme all’emu), nel logo della sua compagnia aerea Qantas e in diversi loghi militari, turistici e governativi. È anche il simbolo usato sui prodotti fatti in Australia per far capire che non arrivano dall’estero, perché i canguri ci sono solo in Australia. In Australia i canguri però sono anche un grosso problema: secondo il governo sono troppi, creano problemi all’uomo e ad altri animali, e il loro numero va tenuto sotto controllo tramite l’abbattimento selettivo di centinaia di migliaia di esemplari ogni anno; secondo altri l’abbattimento selettivo è sbagliato, per diversi motivi.
In Australia si è ricominciato a parlare di abbattimento di canguri perché qualche settimana fa è uscito Kangaroo: A Love-Hate Story, un documentario di Michael McIntyre e Kate McIntyre Clere, secondo i quali l’abbattimento dei canguri è un «profondo e cupo segreto australiano». Il documentario – recensito tra gli altri da New York Times, Variety e Hollywood Reporter – sostiene che in Australia ci siano molti meno canguri di quelli dichiarati dal governo, che se ne uccidano molti più di quanto sostenuto dai dati ufficiali e che soprattutto molti canguri siano uccisi illegalmente, in modo spesso molto cruento.
Nel trailer ci sono alcune immagini che potrebbero impressionare.
KANGAROO: A LOVE-HATE STORY plays tonight only at 7:00PM and will feature a post-show filmmaker Q&A with Mick McIntyre & Kate McIntyre Clere.
Tickets: https://t.co/x49nuoVc0H
Trailer: https://t.co/ktmR6FOhbj— E Street Cinema (@EStreetCinema) February 19, 2018
Come ha fatto notare il Guardian c’è addirittura un punto, verso la fine del documentario, in cui – «subito dopo un primo piano di un canguro che guarda direttamente in camera» – c’è un intervistato che dice: «Da australiani li diamo per scontati, ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Ma se invece dovessero estinguersi?».
Karl Vernes, professore dell’università del New England che si occupa di ecologia e gestione di faune animali, ha scritto sul sito The Conversation: «La comunità che si occupa della gestione degli animali selvatici è in genere d’accordo nel ritenere che le quattro specie di cui si pratica l’abbattimento selettivo siano molto diffuse e abbondanti, non a rischio di estinzione». I canguri in Australia non sono a rischio di estinzione e secondo molti giornalisti il documentario, con una tesi chiara e forte, fa delle esagerazioni e tralascia certi dati. Ma ha comunque tirato di nuovo fuori una questione importante.
In Australia esistono decine di specie di canguri e wallabies (canguri più piccoli). Dal 1984 esistono permessi per l’abbattimento selettivo di quattro specie di canguri, in base a quote, permessi e percentuali decise di anno in anno. Le quattro specie sono il canguro grigio occidentale, il wallaroo orientale, il canguro grigio orientale e il canguro rosso. Il canguro rosso è il più famoso, è diffuso in tutti gli stati australiani tranne la Tasmania ed è il più grande marsupiale al mondo: può superare il metro e mezzo di altezza, può arrivare a quasi 100 chili di peso e fa salti di nove metri in lunghezza e due metri in altezza. I dati del governo dicono – in base a stime, perché è impossibile avere un numero preciso – che nel 2017 c’erano 47 milioni di esemplari di queste quattro specie; gli abitanti dell’Australia sono meno di 25 milioni. Sempre secondo i dati del governo, fino al 2009, quando finirono alcuni anni di siccità particolarmente intensa, c’erano meno di 30 milioni di canguri.
I canguri sono una delle specie di vertebrati più diffuse sulla Terra: nonostante il complicato clima australiano hanno la possibilità di vivere in territori immensi e praticamente senza predatori naturali. Gli unici predatori che c’erano in Australia, i dingo, sono ormai pochi e quasi irrilevanti. Tanti e autorevoli studi dicono che i canguri hanno beneficiato della sempre crescente presenza dell’uomo in Australia: perché gli uomini hanno ucciso molti dingo e perché – nel creare zone in cui coltivare e allevare animali – hanno contribuito a aumentare l’acqua e la vegetazione per i canguri.
Secondo le persone per le quali ci sono troppi canguri, i problemi principali sono tre: attraversano le strade e causano incidenti; creano problemi agli allevatori e ai coltivatori, che devono costruire alti recinti per evitare che i canguri invadano le loro terre; creano problemi di biodiversità perché sono tanti e senza veri predatori. I problemi di biodiversità sono dovuti anche al fatto che costruendo alti recinti – molto alti, se sono fatti per evitare che un canguro li superi – i coltivatori, i cui terreni in Australia sono molto ampi, finiscono per limitare gli spostamenti anche di molti altri animali. Per questo motivo, e perché esiste un mercato per la carne e la pelle dei canguri, se ne pratica l’abbattimento selettivo.
In Australia si scherza sul fatto che sia l’unico paese a mangiare il suo simbolo nazionale. Non è così, ma è vero che molti australiani – il 20 per cento di loro, secondo uno studio del 2008 – mangiano carne di canguro almeno quattro volte l’anno. E la carne di canguro ha un buon mercato anche in altri paesi, soprattutto Russia e Cina. È in genere considerata migliore, dal punto di vista proteico, di quella di molti bovini. Negli ultimi anni ci sono però stati alcuni problemi sulle esportazioni di carne di canguro, dovuti a questioni etiche sull’abbattimento degli animali e, soprattutto, ad alcuni dubbi sulla sua qualità. Secondo la KIAA (la Kangaroo Industry Association of Australia) l’industria della carne di canguro dà lavoro a 4mila persone e genera ogni anno circa 250 milioni di dollari australiani (pari a circa 150 milioni di euro).
Le quote sull’abbattimento dei canguri prevedono che società o persone con determinati permessi ne possano uccidere – con un proiettile alla testa – una percentuale che in genere sta tra il 10 e il 20 per cento del totale degli esemplari. Nel 2016 la quota era del 15,3 per cento: vuol dire che si sarebbero potuti uccidere al massimo 7 milioni di canguri. I dati del governo dicono che furono uccisi dall’uomo 1,4 milioni di canguri, un quinto del massimo consentito, il 3 per cento del totale.
Secondo George Wilson, professore di zoologia alla Australian National University, l’abbattimento di così pochi animali porterà alla morte di molti canguri alla prossima siccità: saranno troppi, con risorse non sufficienti. Wilson ha anche spiegato che l’abbattimento di pochi animali – un po’ per i problemi dell’industria della carne di canguro, un po’ per le difficoltà nell’ottenere i permessi necessari – fa sì che molti proprietari di terre facciano le cose in proprio, per esempio avvelenandoli (nonostante sia vietato e il governo preveda multe da migliaia di dollari).