La sconfitta dei curdi ad Afrin, spiegata
Le milizie dei ribelli siriani, appoggiate dalla Turchia, hanno preso il controllo della città nel nord della Siria: è una pessima notizia per i curdi
Domenica mattina, dopo due mesi di offensiva militare, i ribelli siriani appoggiati dalla Turchia hanno conquistato Afrin, città della Siria settentrionale che da anni era sotto il controllo dei curdi. L’impressione è che negli ultimi giorni i curdi dell’Unità di protezione popolare – milizia più nota con il nome YPG – non abbiano opposto molta resistenza e che si siano rapidamente ritirati sulle colline circostanti. La vittoria ad Afrin è molto importante per la Turchia, perché è un duro colpo alle aspirazioni curde di autogoverno nel nord ovest della Siria. La Turchia era intervenuta in Siria proprio per questo: frenare l’espansione dei curdi, limitarne il potere e creare una specie di “territorio cuscinetto” che allontanasse le milizie curde dal suo confine.
L’arrivo ad Afrin delle milizie arabe, riunite nella coalizione dell’Esercito libero siriano, è stato piuttosto confuso. I combattenti arabi sono stati visti distruggere molte cose che ricordavano il precedente governo curdo – statue e manifesti, tra le altre cose – e saccheggiare case e negozi.
La battaglia di Afrin è stata una delle più importanti combattute finora nel nord della Siria tra curdi da una parte e milizie arabe appoggiate dalla Turchia dall’altra. La città, abitata prevalentemente da curdi, era stata circondata dai combattenti delle milizie arabe e bombardata dagli aerei turchi. L’offensiva turca è stata possibile grazie alla tacita approvazione della Russia, che controlla lo spazio aereo di quella parte di Siria: come ha scritto David Ignatius sul Washington Post, ad Afrin i russi hanno sacrificato la loro amicizia con i curdi, che era durata per buona parte della guerra siriana.
Non è facile capire le alleanze nelle guerre che si stanno combattendo nel nord della Siria. La cosa importante da tenere a mente, comunque, è che buona parte di quello che sta succedendo dipende dalla rivalità tra Turchia e curdi. Il governo turco vede infatti l’espansione dei curdi vicino ai suoi confini come una minaccia alla propria sicurezza nazionale: accusa i curdi siriani di essere praticamente la stessa cosa del PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, gruppo che combatte per l’indipendenza dei curdi turchi e che è considerato terroristico dal governo turco.
Negli ultimi giorni decine di migliaia di persone avevano lasciato Afrin sfruttando un corridoio verso sud lasciato aperto dalle milizie arabe appoggiate dalla Turchia. Il passaggio, ha scritto il giornalista Martin Chulov sul Guardian, era controllato da milizie sciite alleate all’esercito di Assad, che decidevano chi poteva passare e chi no. Molti civili che hanno lasciato Afrin si sono rifugiati ad Aleppo, poco più a sud, città controllata interamente dal regime di Assad. Nel frattempo diversi esponenti dell’opposizione siriana di Afrin, della comunità araba, dei curdi avversari delle YPG, e di altre minoranze, tra cui gli yazidi e i cristiani, hanno partecipato a un consiglio cittadino a Gaziantep, città nel sud della Turchia, per stabilire come sarà il prossimo governo della città. La Turchia ha detto che manterrà la presenza di soldati turchi e delle milizie arabe nella zona di Afrin, ma lascerà la gestione della sicurezza interna della città alla polizia locale.
L’offensiva di Afrin ha provocato parecchie divisioni tra gli attivisti dell’opposizione siriana. Alcuni credono che la guerra che si sta combattendo nel nord della Siria sia la guerra della Turchia, non la loro, e che i ribelli dovrebbero tornare a fare quello che facevano prima: combattere il regime di Assad. Due anni fa l’Esercito libero siriano era stato cooptato dalla Turchia per iniziare un’offensiva militare contro i curdi nel nord della Siria: aveva accettato soprattutto perché la Turchia gli garantiva appoggio e soldi, non perché sconfiggere i curdi fosse un suo obiettivo. Altri ritengono invece che combattere per la Turchia sia vantaggioso: credono per esempio che la protezione turca sia la miglior garanzia per una città siriana di non essere colpita dai bombardamenti dei russi e del regime di Assad.
L’azione turca in Siria potrebbe non essere finita. Da mesi il governo di Recep Tayyip Erdoğan minaccia di volere intervenire anche a Manbij, città 50 chilometri a sud del confine con la Turchia e controllata dalle SDF, le Forze democratiche siriane. Le SDF sono una coalizione di arabi e curdi – ma a grande maggioranza curda – che combatte contro lo Stato Islamico ed è appoggiata dagli Stati Uniti. Se la Turchia dovesse attaccare Manbij, gli americani si troverebbero in una situazione molto complicata: dovrebbero scegliere quale dei suoi due alleati sacrificare, i curdi o i turchi.