Le inchieste su Cambridge Analytica
È una nota e controversa società che lavorò alla campagna elettorale di Trump, ora accusata di aver ottenuto senza permesso i dati di 50 milioni di utenti di Facebook
Un’indagine del New York Times e del Guardian ha scoperto che Cambridge Analytica, una controversa società di analisi politiche che lavorò alla campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ottenne i dati personali di oltre 50 milioni di utenti di Facebook, per la maggior parte elettori statunitensi, violando le regole del social network. Gli articoli sono usciti poche ore dopo un post con cui Facebook aveva annunciato di avere sospeso gli account della società Strategic Communication Laboratories (SLC) e della divisione Cambridge Analytica.
La società è stata spesso raccontata con toni misteriosi e percepiti quasi come cospirazionisti da diversi giornali internazionali: le ricostruzioni, però, non erano solide come quelle uscite oggi, e in molti avevano minimizzato il reale contributo di Cambridge Analytica alla vittoria di Trump. Se le accuse e i numeri forniti da New York Times e Guardian fossero confermati, però, quella portata avanti da Cambridge Analytica sarebbe una delle più gravi violazioni – se non la più grave – nella storia di Facebook, e sarebbe stata compiuta da una società che ha lavorato direttamente alla campagna elettorale dell’attuale presidente degli Stati Uniti.
Il New York Times e il Guardian hanno ottenuto le loro informazioni grazie a diverse fonti interne a Cambridge Analytica, tra cui Christopher Wyle, dipendente della società e una delle persone sospese da Facebook venerdì (Facebook lo ha descritto nel suo post come dipendente di un’altra società, anche se all’epoca lavorava per Cambridge Analytica). Secondo il New York Times, Facebook sta minimizzando l’entità della violazione, e la quantità di dati personali ancora in possesso di Cambridge Analytica.
Come sono stati rubati i dati personali
Cambridge Analytica cominciò a lavorare alla campagna elettorale di Trump nel giugno del 2016, e si ritiene svolse un ruolo importante nell’aiutare il candidato Repubblicano a raggiungere con più efficacia dell’avversaria Hillary Clinton gli utenti di Facebook. Fu fondata dal sostenitore di Trump Robert Mercer, e per un po’ fece parte del consiglio d’amministrazione anche il suo ex consigliere Stephen Bannon.
Come ha spiegato Facebook, però, parte dei dati personali usati da Cambridge Analytica nelle sue operazioni furono ottenuti violando le regole di Facebook. Secondo la ricostruzione del social network, tutto cominciò quando Aleksandr Kogan, un docente di psicologia dell’università di Cambridge, in Inghilterra, sviluppò un’applicazione chiamata “thisisyourdigitallife” che si presentava come strumento per ricerche psicologiche, e prometteva di indovinare alcuni aspetti della personalità degli utenti. A quanto dice Facebook, circa 270mila persone scaricarono e usarono l’app, che era associata ai profili Facebook. Kogan entrò in possesso dei dati sulle posizioni geografiche, sulle pagine seguite e sui contenuti a cui gli utenti mettevano “mi piace”, e anche sulle attività degli amici: fu in questo modo che da meno di trecentomila utenti, secondo il Guardian, ottenne informazioni personali su 50 milioni di persone.
Kogan condivise quei dati con Cambridge Analytica, violando i termini di utilizzo di Facebook, che proibiscono ai proprietari delle app di condividere informazioni personali sugli utenti con terze parti. Quando se ne accorse, nel 2015, Facebook ordinò la loro cancellazione, rimuovendo l’app. Facebook chiese una certificazione dell’avvenuta cancellazione dei dati, ma negli ultimi giorni ha saputo, tramite fonti che non vuole rivelare, che una parte non è stata eliminata. Ha detto che indagherà ulteriormente sulla questione, e che nel frattempo ha sospeso gli account di Cambridge Analytica, di Kogan e Wylie.
Cambridge Analytica ha ammesso con il New York Times di aver comprato i dati, contrariamente a quanto aveva detto in passato, ma ha dato la colpa della violazione a Kogan, sostenendo che ha provveduto a cancellarli.
Perché le accuse sono gravi
Ci sono stati diversi osservatori che in passato hanno sostenuto che il ruolo della società nell’elezione di Trump sia stato ampiamente esagerato, e che sia stato soltanto una riuscita operazione di promozione personale. Le dimensioni della vicenda che emergono dalle inchieste di New York Times e Guardian, però, sono molto superiori a quanto ci si aspettasse, e le ricostruzioni sembrano solide e bene informate. Soprattutto, le inchieste accusano una società che ha lavorato direttamente alla campagna elettorale di Trump e strettamente collegata al suo principale stratega politico, Bannon, di aver compiuto una violazione di sicurezza ai danni del più grande social network al mondo, per ottenere dati riservati su un numero enorme di elettori americani.
Il New York Times aggiunge anche che i documenti che ha visionato suggeriscono che Cambridge Analytica svolse dei lavori in Russia e in Ucraina. Lo scorso ottobre, poi, il fondatore di Wikileaks Julian Assange aveva detto che il CEO della società Alexander Nix lo aveva contattato durante la campagna elettorale americana per ottenere delle email private di Clinton. Le rivelazioni su Cambridge Analytica sono state accolte con preoccupazione soprattutto perché da tempo Facebook è notoriamente accusata di aver permesso che la Russia si servisse della sua piattaforma – insieme a Twitter e Reddit, tra le altre – per diffondere propaganda politica all’estero. Alla società era arrivata lo scorso dicembre proprio una richiesta di consegnare alcuni documenti da parte del procuratore speciale Robert Mueller, che sta conducendo l’indagine su Trump e la Russia.
Nel suo post, Facebook ha ammesso che è insolito spiegare una disputa con un’azienda privata con un post pubblico, ma che ha voluto farlo ugualmente per via della rilevanza della società. L’inchiesta del Guardian però contiene accuse gravi anche a Facebook, che non avrebbe fatto sostanzialmente niente per rimediare alla violazione, nonostante sia stata raccontata per la prima volta due anni fa. Dopo che la lettera con cui chiedeva la cancellazione dei dati non ricevette risposta, ha raccontato Wylie al Guardian, Facebook non fece nulla, fino alla sospensione arrivata ieri e seguita alle ricerche di Guardian e New York Times.
Cambridge Analytica è da tempo oggetto di speculazioni e teorie da parte dei media, che talvolta erano parse al limite del cospirazionismo, perché non erano sostenute da ricostruzioni solide come quelle uscite oggi. Il Guardian, per esempio, pubblicò lo scorso maggio un lungo e discusso articolo che identificava in Cambridge Analytica il perno di una rete di società che avrebbero influenzato il referendum su Brexit e l’elezione di Trump. L’accusa dell’articolo era proprio quella di aver usato una quantità enorme di dati personali raccolti dai social network e da diverse analisi di mercato per sviluppare strategie in grado di influenzare il voto di moltissime persone.
Il Guardian ha un articolo inquietante e un po’ complottista su Brexit e Trump