Shinzo Abe è di nuovo nei guai
Un vecchio scandalo legato alla vendita di un terreno statale minaccia la carriera politica del primo ministro giapponese
Il primo ministro giapponese Shinzo Abe è di nuovo nei guai a causa di un vecchio scandalo che aveva già minacciato la sua carriera politica l’anno scorso, legato alla vendita di un terreno statale. All’epoca Abe aveva negato tutto e poi stravinto le elezioni, quindi il caso si era sgonfiato. Due giorni fa, però, il ministero dell’Economia ha diffuso i risultati di un’indagine interna secondo cui alcuni funzionari hanno cancellato dai documenti relativi alla vendita del terreno il nome di importanti membri del partito di Abe, e soprattutto di sua moglie Akie. Abe ha dato la colpa ai funzionari del ministero, ma qualcuno sospetta che i nomi in questione siano stati cancellati dietro pressioni politiche.
È un brutto colpo per la reputazione di Abe, che nei prossimi mesi farà campagna elettorale per farsi rieleggere a capo del Partito Liberal Democratico (PLD), di centrodestra, che detiene la maggioranza in Parlamento. Da anni il governo di Abe sta cercando di far ripartire l’economia e modificare la Costituzione giapponese per permettere la creazione di un corpo militare nazionale, al momento esplicitamente vietato. Lo scandalo potrebbe indebolire il suo consenso, diminuendo il capitale politico a disposizione del governo, oppure causare una sua sconfitta alle primarie del partito previste per settembre.
Il terreno di cui si parla si trova alla periferia di Osaka ed è di 9mila metri quadri. Nel 2016 il ministero delle Finanze decise di venderlo a una fondazione ultra-conservatrice chiamata Moritomo Gakuen, nota per gestire un asilo nido di Osaka in cui le lezioni e il materiale didattico sono carichi di nazionalismo, e sorvolano spesso sulle atrocità compiute dall’antico impero giapponese. Lo scandalo non riguarda la vendita in sé del terreno, ma il prezzo pattuito: la Moritomo Gakuen lo pagò 134 milioni di yen – circa un milione di euro – cioè un decimo del prezzo richiesto di solito per i terreni di quella zona.
Il caso venne fuori all’inizio del 2017. Abe negò ogni coinvolgimento e disse che si sarebbe dimesso se fosse emerso un legame fra la vendita del terreno e la sua famiglia. Stando al nuovo rapporto del ministero delle Finanze, fra febbraio e aprile di quell’anno i funzionari del partito delle Finanze cancellarono dai documenti i nomi della moglie di Abe e dei leader del PLD. Secondo il New York Times, nel paragrafo cancellato dai documenti ministeriali la moglie di Abe avrebbe incoraggiato la fondazione Moritomo Gakuen ad acquistare proprio quel terreno. Non è chiara invece la posizione degli altri dirigenti del PLD citati nei documenti delle vendita.
Il mese scorso uno dei funzionari del ministero che ha avuto a che fare con la vendita si è suicidato, mentre una settimana fa il capo del dipartimento che si occupò della vendita si è dimesso. In Giappone si è parlato molto di entrambe le circostanze, ma non è chiaro se siano effettivamente legate al caso. Finora nessuno è riuscito a dimostrare un collegamento fra la cancellazione dei nomi dai documenti e una diretta pressione di Abe o del suo circolo. «Gli unici ad essere coinvolti sono un gruppo di funzionari», ha ripetuto lunedì in conferenza stampa il ministro delle Finanze Taro Aso. Abe si è scusato a nome di tutta l’amministrazione, ma ha ripetuto di non avere alcun legame con la vicenda, e ha detto di sperare che un’indagine «scopra tutta la verità».
Abe rimane tuttora molto popolare in Giappone, ma rispetto a qualche settimana fa ha perso consensi: il suo tasso di gradimento è sceso per la prima volta sotto al 50 per cento dalle elezioni di ottobre. Un nuovo sviluppo potrebbe ulteriormente danneggiarlo. Fra pochi mesi inizierà infatti la campagna elettorale per la presidenza del PLD, e i suoi avversari interni hanno già iniziato a criticarlo: Shinjiro Koizumi, 36enne parlamentare fra i volti più noti del partito, ha detto che dare la colpa a un gruppo di burocrati sarebbe come «tagliare la coda a una lucertola», mentre Shigeru Ishiba, storico rivale di Abe, dice di non credere che i funzionari abbiano agito senza una pressione di tipo politico.