Di Maio dice che potrà esserci un solo governo: il suo
Ma non ha spiegato come, visto che ha ribadito che non intende fare compromessi sul programma e sulla composizione del governo
Luigi Di Maio, il capo politico del Movimento 5 Stelle, ha detto oggi che il suo partito non è disposto ad appoggiare nessuno governo oltre a quello da lui presentato prima delle elezioni e che avrà come presidente del Consiglio lui stesso: ma non è chiaro come, visto che il Movimento 5 Stelle non ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento.
Di Maio ha parlato oggi a Roma, durante una conferenza stampa organizzata dall’associazione della stampa estera. «Non siamo disponibili a immaginare un governo diverso da quello espresso dalla volontà popolare con il 32 per cento dei voti», ha detto rispondendo alle domande dei giornalisti. Di Maio ha poi sottolineato: «Noi non contempliamo nessuna ipotesi di governo istituzionale e di governo di tutti, gli italiani hanno votato un candidato premier, un programma e una squadra» (non è vero, naturalmente: gli elettori hanno votato per rinnovare il Parlamento e non il governo).
Alle elezioni di domenica 4 marzo nessun partito o coalizione ha ottenuto la maggioranza dei voti e al momento nessuna forza politica sembra godere di consenso sufficiente tra le forze parlamentari per poter formare un governo (qui avevamo spiegato tutte le combinazioni possibili). Il Movimento 5 Stelle, che ha raccolto il 32 per cento dei voti, è il primo gruppo parlamentare, ma gli mancano circa 150 seggi in entrambe le camere per poter formare una maggioranza, mentre alla coalizione di centrodestra ne mancano circa un centinaio.
Alcuni esponenti di secondo piano del Movimento, oltre a diversi giornalisti e opinionisti a loro vicini, hanno chiesto in questi giorni al Partito Democratico di votare la fiducia al governo Di Maio, ma i leader del PD hanno escluso per il momento questa possibilità: e d’altra parte – lo ha confermato oggi Di Maio – il Movimento 5 Stelle si dice indisponibile a fare compromessi su programma e governo, quindi non è chiaro sulla base di cosa il PD dovrebbe sottoscrivere un’opzione politica che ha contrastato in campagna elettorale.
Una delle possibilità per risolvere lo stallo in corso sarebbe formare un “governo istituzionale” (chiamato anche “di scopo” o “del presidente”), cioè un governo senza una forte connotazione politica, incaricato di svolgere gli adempimenti più urgenti – magari una nuova legge elettorale, anche se l’attuale stallo non è stato creato dalla legge elettorale – e quindi riportare il paese al voto in tempi relativamente brevi. Di questa ipotesi si è parlato sempre più spesso negli ultimi giorni e diversi leader del Partito Democratico e del centrodestra hanno detto o fatto capire di essere disponibili a discuterne. Il punto è che questo eventuale governo per sua natura non potrebbe essere guidato da uno dei vincitori delle elezioni, e anche per questo probabilmente oggi Di Maio ha chiarito che il suo partito non intende partecipare, così come aveva fatto ieri Matteo Salvini. Senza Lega o Movimento 5 Stelle, o almeno senza una grossa fetta dei loro parlamentari, non esiste però nessuna maggioranza in Parlamento.
Nel resto della conferenza stampa Di Maio si è impegnato per sottolineare l’avvenuta “normalizzazione” del Movimento 5 Stelle. Ha detto che il suo partito non vuole avere «nulla a che fare con i partiti estremisti europei», nonostante fino a pochi mesi fa la sua delegazione al Parlamento europeo fosse nello stesso gruppo con i britannici dello UKIP, e ha detto di guardare favorevolmente a leader europei tradizionali come il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Ha anche detto di non aver mai fatto campagne “estremiste” o per uscire dall’euro (anche questo non è vero).
Mai fatto campagna estremista, mai fatto campagna x uscire dall #euro. Intendo portare avanti questa linea. @luigidimaio nessun governo istituzionale o governo di tutti pic.twitter.com/JOQbhOPche
— Stampa Estera (@Stampa_Estera) March 13, 2018
In realtà, negli ultimi mesi il Movimento ha portato avanti una campagna elettorale estremamente moderata e molto poco euroscettica, ma in passato si era comportato in modo molto differente. Soltanto nel corso dell’ultimo anno il referendum per l’uscita dall’euro è stato eliminato dal programma del Movimento, mentre le dichiarazioni dei suoi leader sul tema sono state, fino a poco tempo fa, estremamente confuse e contraddittorie.