Come si fa il segretario del PD
Cosa succederà esattamente – dopo le dimissioni di Matteo Renzi – all'unico partito italiano che permette a tutti gli elettori di scegliere il suo leader
Con le dimissioni di Matteo Renzi da segretario del Partito Democratico – annunciate il 5 marzo e formalizzate ieri – inizierà presto il congresso con cui gli iscritti e gli elettori del partito sceglieranno il loro nuovo gruppo dirigente, compreso il nuovo o la nuova leader. Il Partito Democratico – l’unico in Italia (e tra i pochi in Europa) la cui leadership sia contendibile attraverso il voto dei non iscritti, e uno dei pochi che ne permette la scelta agli iscritti – prevede una lunga procedura per arrivare a questa scelta, che è stata utilizzata quattro volte dalla fondazione del partito.
Le regole con cui tenere il congresso sono scritte nello statuto, ma ogni volta l’assemblea nazionale del partito – l’organo che comprende tutti i delegati eletti con le precedenti primarie – emana un regolamento più preciso che indica anche le scadenze temporali del processo (qui potete leggere quello dello scorso congresso) e quindi stabilisce per esempio quando si terranno le primarie. Anche per questo motivo lunedì prossimo la direzione nazionale del partito si riunirà per convocare l’assemblea nazionale: il primo passo formale verso l’inizio del nuovo congresso.
Si formano le commissioni
Il primo passo è la formazione di una “Commissione nazionale per il Congresso”, eletta dalla Direzione nazionale, che verrà poi integrata da un rappresentante per ogni candidatura alla segreteria del partito. Vengono istituite poi delle commissioni regionali e provinciali. I membri di queste commissioni non possono candidarsi o sottoscrivere candidature alla segreteria.
Si presentano le candidature
Chi vuole candidarsi alla segreteria del Partito Democratico deve presentare le firme di almeno il 10 per cento dei componenti dell’assemblea nazionale uscente oppure da un numero di iscritti al partito compreso tra 1.500 e 2.000, distribuiti in non meno di cinque regioni appartenenti ad almeno tre delle cinque circoscrizioni elettorali per il Parlamento europeo. Alle candidature bisogna accompagnare un programma politico: quella che una volta si sarebbe chiamata “la mozione congressuale”.
Si fanno i congressi di circolo
Ogni singolo circolo del PD – che nel frattempo avrà organizzato iniziative ed eventi per ascoltare e discutere le varie mozioni – organizza a quel punto il suo congresso, cioè un momento in cui tutti, anche chi non è iscritto al PD, possono assistere alla presentazione delle varie mozioni e intervenire. In ogni circolo viene costituita una presidenza, su proposta del segretario di circolo, che “ha il compito di assicurare il corretto svolgimento dei lavori e che garantisca la presenza di almeno un rappresentante per ciascuna candidatura”. Della presidenza fa parte anche un membro della Commissione provinciale per il Congresso o un suo delegato.
Durante la riunione ogni mozione presenta dentro il circolo una lista di candidati delegati a un altro organo, la Convenzione provinciale, nel rispetto dell’alternanza di genere. Al termine della riunione gli iscritti al PD votano la mozione che preferiscono e quindi ogni circolo elegge i propri delegati alla Convenzione provinciale. Il voto è segreto, lo scrutinio è pubblico e avviene immediatamente dopo il voto.
Si riuniscono le Convenzioni provinciali
Durante le riunioni delle Convenzioni provinciali, a cui partecipano i delegati eletti nei singoli circoli, avviene una nuova presentazione delle mozioni e vengono presentate delle liste di candidati delegati alla Convenzione nazionale, ognuna collegata a una mozione. I delegati vengono assegnati a ogni lista in modo proporzionale ai voti ricevuti da ogni mozione nei circoli della provincia; il numero dei delegati di ogni provincia viene stabilito volta per volta sulla base dei voti presi dal PD alle elezioni più recenti e a quanti iscritti in media ha avuto il partito negli ultimi due anni in quella provincia.
Si riunisce la Convenzione nazionale
La Convenzione nazionale è composta da 1.000 delegati eletti nelle Convenzioni provinciali, più il presidente dell’assemblea nazionale uscente, i candidati a segretario e i componenti della Commissione nazionale per il Congresso e della Commissione nazionale di Garanzia. È in pratica quello che una volta si sarebbe definito il Congresso del partito: l’organo che riunisce i delegati eletti dagli iscritti al partito sulla base dell’appartenenza a questa o a quella mozione. Solo che nel caso del PD ha un ruolo soprattutto formale: quello che fa è prendere atto del voto avvenuto nei circoli e dichiarare ammessi alla fase successiva i candidati alla segreteria i tre candidati più votati, purché abbiano ottenuto almeno il 5 per cento dei voti, e in ogni caso quelli che abbiano ottenuto almeno il 15 per cento dei voti in almeno cinque regioni o province autonome. Quindi possono esserci più di tre candidati.
Si fanno le primarie
I candidati più votati dagli iscritti del Partito Democratico si sottopongono quindi a un dibattito e un voto che riguarda tutti gli elettori che si dichiarino simpatizzanti del partito, che durante una giornata possono andare a votare per le cosiddette “primarie” e – pagando due euro, esibendo un documento, registrandosi fornendo i propri dati e firmando una dichiarazione in cui si definiscono simpatizzanti del PD – possono votare per un candidato alla segreteria del partito. A ogni candidatura è affiancata una lista regionale di candidati all’assemblea nazionale.
Alla fine del voto si scrutinano le schede: i membri della nuova assemblea nazionale vengono eletti in modo proporzionale e sulla base dell’ordine di presentazione nella lista. Il nuovo segretario del partito è il candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei delegati, cioè la maggioranza assoluta dei voti. Perché si parla di delegati e non di voti? Perché se nessuno dovesse ottenere la maggioranza assoluta, il candidato sarebbe scelto dai delegati all’assemblea nazionale con un ballottaggio a scrutinio segreto tra i due con più delegati.
Altre cose da sapere?
Ce n’è una fondamentale: l’assemblea e la direzione nazionale possono approvare delle deroghe alle regole di cui sopra, cioè quelle previste dallo statuto. Poi. Gli iscritti al PD non devono versare i due euro quando votano per le primarie. Ovviamente è possibile donare anche più di due euro. I candidati alla segreteria del PD non possono pubblicare messaggi pubblicitari a pagamento sui mezzi di comunicazione (radio, tv, giornali, internet). Possono affiggere manifesti – non più grandi di 70×100 – e organizzare eventi. Non possono spendere più di 250.000 euro e devono rendicontare tutte le spese, che devono essere relative alla campagna elettorale e alla propaganda. Le spese di viaggio e per l’affitto di locali non possono superare il 30 per cento dell’ammontare complessivo. Il mandato del segretario del PD dura quattro anni.
I risultati delle primarie fin qui
2007 – partecipanti dichiarati dal PD: 3.554.169
1. Walter Veltroni 75,8%
2. Rosy Bindi 12,8%
3. Enrico Letta 11%
4. Mario Adinolfi 0,1%
5. Pier Giorgio Gawronski 0,07%
2009 – partecipanti dichiarati dal PD: 3.067.821
1. Pier Luigi Bersani 53,2%
2. Dario Franceschini 34,2%
3. Ignazio Marino 12,5%
2013 – partecipanti dichiarati dal PD: 2.814.881
1. Matteo Renzi 67,5%
2. Gianni Cuperlo 18,2%
3. Pippo Civati 14,2%
2017 – partecipanti dichiarati dal PD: 1.838.938
1. Matteo Renzi 69,1%
2. Andrea Orlando 19,9%
3. Michele Emiliano 10,8%
Il PD ha avuto anche due segretari reggenti: Dario Franceschini, subentrato dopo le dimissioni di Walter Veltroni fino alle successive primarie, e Guglielmo Epifani, subentrato dopo le dimissioni di Pier Luigi Bersani fino alle successive primarie.