Chi ha votato per chi
Cosa dicono le cosiddette "analisi dei flussi", che cercano di ricostruire i passaggi degli elettori da un partito all'altro
Negli ultimi giorni sono stati pubblicati numerosi studi sui cosiddetti “flussi elettorali”, cioè i passaggi di voti da un partito all’altro tra le elezioni del 2013 e quelle di domenica scorsa. Analisi di questo tipo sono state realizzate dalla società demoscopica IPSOS e da centri studi come l’Istituto Cattaneo e il Centro Studi Elettorali dell’Università Luiss.
In genere queste indagini circolano nei primi giorni dopo le elezioni e vengono realizzate con due metodologie differenti. La prima: tramite sondaggi, cioè semplicemente chiedendo alle persone cosa hanno votato in passato e cosa invece hanno scelto nell’ultima tornata elettorale. La seconda: analizzando la distribuzione reale dei voti in alcuni seggi campione e utilizzando un particolare metodo di analisi, il cosiddetto metodo Goodman. Sono entrambi metodi con punti di forza e debolezze e i cui risultati andrebbero presi con una certa cautela. Adottando qualche accortezza, però, possono restituire risultati interessanti.
I sondaggi
Il metodo più semplice per scoprire come si sono distribuiti i flussi è chiedere alle persone cosa hanno votato in passato. È quello che subito dopo le elezioni ha fatto IPSOS, la più grande società demoscopica tra quelle che operano in Italia. Per farlo, IPSOS ha analizzato i risultati di oltre 16 mila interviste realizzate tra il 29 gennaio e il 2 marzo. In sostanza ha preso i dati dei sondaggi fatti nelle ultime settimane di campagna elettorale e li ha usati per cercare di calcolare come gli elettori si sono spostati tra un partito e l’altro. Qui trovate tutti i risultati completi.
Secondo IPSOS, il PD è il partito che ha subito il travaso maggiore di voti. Ben il 22 per cento di chi lo aveva votato nel 2013 – uno su cinque – avrebbe preferito astenersi; il 14 per cento sarebbe passato al Movimento 5 Stelle e il 7 per cento avrebbe scelto Liberi e Uguali. Gli ex elettori di centrosinistra non hanno invece ritenuto particolarmente convincente l’offerta politica del centrodestra: appena il 4 per cento di loro avrebbe deciso di votare per Lega o Forza Italia. Anche la Coalizione di centrodestra, l’alleanza che nel 2013 includeva anche PDL e Lega Nord, ha subito un pesante travaso di voti. Ben il 41 per cento dei suoi elettori del 2013 sarebbero passati alla Lega, quasi uno su due, mentre Forza Italia ne avrebbe ereditati solo il 31 per cento. La fuga dal centrodestra verso il Movimento 5 Stelle, invece, sarebbe stata moderata, pari all’8 per cento, mentre il 3 per cento che sarebbe andato verso l’astensione è una percentuale molto bassa. Discorso opposto per il Movimento 5 Stelle, che invece avrebbe conservato il 74 per cento dei suoi elettori del 2013. I travasi principali sono stati quelli verso l’astensione, 9 per cento, e verso la Lega, 6 per cento. Trascurabili i passaggi a tutti gli altri.
Il risultato più bizzarro, e quindi da prendere con cautela, è quello di Scelta Civica, il partito fondato da Mario Monti che nel 2013 raccolse poco più del 10 per cento dei voti. Secondo IPSOS, il 28 per cento dei suoi elettori sarebbe confluito nel PD mentre il 16 per cento ha preferito l’astensione: e fin qui tutto abbastanza prevedibile. La stranezza è che quasi un terzo dei suoi elettori del 2013 ha scelto uno dei partiti tra Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, tre partiti che hanno un programma diametralmente opposto a quello che aveva Monti e che hanno criticato Monti più duramente di tutti gli altri.
Il metodo Goodman
Analizzare i flussi di voti tramite i sondaggi, però, comporta tutti i problemi di affidabilità che di solito comportano i sondaggi stessi. Anche se domenica scorsa non ci sono stati grossi errori come nel 2013 e nel 2014, anche quest’anno i sondaggisti hanno compiuto errori importanti sottovalutando il Movimento 5 Stelle di circa 3-4 punti, sopravvalutando il PD di almeno 4 e sostanzialmente invertendo le percentuali di Lega e Forza Italia a vantaggio di quest’ultima.
L’altro metodo per stimare i flussi elettorali si basa invece sull’osservazione dei dati reali, cioè i voti che sono stati effettivamente espressi. Secondo alcuni statistici, andando a guardare come si sono comportati gli elettori tra un’elezione e l’altra all’interno di ripartizioni elettorali molto piccole, per esempio le singole sezioni dove votano gli abitanti di un certo quartiere, e confrontandole tra loro, è possibile farsi un’idea di come i voti si siano spostati tra un partito e l’altro. In Italia due importanti istituti di ricerca usano una di queste tecniche proprio per stimare i flussi elettorali. Il metodo utilizzato si chiama “Goodman” dal nome di Leo Goodman, uno statistico che lo elaborò per la prima volta nel 1956.
Per il momento ci basta sapere che con questo modello si possono stimare flussi all’interno di singole città ma non di un intero paese, e che l’efficacia di questo sistema non è riconosciuta da tutti gli esperti. Altri sistemi sono stati proposti nel corso degli anni, mentre ci sono esperti che rimangono critici sulla possibilità di calcolare i flussi partendo dai dati reali. In Italia il metodo Goodman è stato applicato dal CISE nella città di Torino e dall’Istituto Cattaneo a Brescia, Parma, Livorno, Firenze, Napoli e altre città.
In conclusione
Per quanto riguarda il PD i risultati dai due istituti sono molto simili e corrispondono all’esito dei sondaggi di IPSOS. A Torino, così come nelle città studiate dall’Istituto Cattaneo, il PD avrebbe perso voti soprattutto nei confronti dell’astensione, del Movimento 5 Stelle e della Lega, mentre praticamente non ne avrebbe persi a favore di Forza Italia, da cui invece sarebbe riuscito a prenderne (soprattutto a Torino, Bologna e Firenze). Secondo il CISE, questo spostamento di voti dal centro e dal centrodestra verso il PD ha consentito al partito di Renzi di tenere la città, ma questo effetto sostituzione (voti persi verso M5S, Lega e LeU sostituiti da voti di Forza Italia e Scelta Civica) non c’è stato in tutto il paese.
I dati di Torino mostrano che la Lega avrebbe preso voti soprattutto da Forza Italia ma anche dal Movimento 5 Stelle, un dato confermato dall’analisi dell’Istituto Cattaneo per quanto riguarda le città del Centro Nord: Bologna, Parma, Firenze e Livorno. Il PD, invece, sembra quasi ovunque il partito che ha resistito di più all’ascesa della Lega: in nessuna città avrebbe ceduto al partito di Salvini più dell’8 per cento dei voti ricevuti nel 2013. Infine, come già osservato in varie elezioni locali, il Movimento 5 Stelle sembra essere una sorta di partito “pigliatutto”, in grado di prendere consensi da quasi tutti gli altri partiti. Al Centro Nord ha preso voti soprattutto da PD e Lega, mentre al Sud ha prosciugato Forza Italia e recuperato molti consensi dall’astensionismo.
Quello che si può dedurre da queste analisi, con una certa prudenza, è che la scommessa del PD di puntare su moderati, anziani e persone istruite, andando quindi a sottrarre consensi a Forza Italia, ha avuto parziale successo nei grandi centri urbani in particolare del Centro Nord; parziale perché, anche nella migliore delle ipotesi, i voti presi al centro hanno sostituito più o meno esattamente quelli persi verso i partiti populisti, Lega e M5S, e verso l’astensione.
La Lega ha avuto successo colpendo soprattutto Forza Italia al Nord e riuscendo anche a prendere qualche voto al PD. Il Movimento 5 Stelle è riuscito a raccogliere parecchi voti dal PD al Centro Nord, soprattutto in città come Torino, Firenze e Livorno, ma dove sembra aver davvero sbancato è al Sud, dove ha prosciugato Forza Italia e recuperato molti voti dall’astensione. A Napoli, per esempio, secondo i dati del CISE, quasi metà dei voti ricevuti dal Movimento 5 Stelle sono arrivati da persone che in passato non avevano votato o avevano votato Forza Italia.