Il governo dello Sri Lanka ha proclamato lo stato di emergenza
Durerà dieci giorni e l'obiettivo è evitare la diffusione degli scontri tra musulmani e buddisti
Il governo dello Sri Lanka ha proclamato lo stato di emergenza dopo giorni di violenti scontri tra comunità buddista e musulmana. La stragrande maggioranza degli srilankesi è buddista (75 per cento), ma ci sono anche comunità induiste, cristiane e musulmane: i musulmani rappresentano circa il 5 per cento della popolazione.
Lo stato di emergenza durerà dieci giorni e prevede lo schieramento dell’esercito nelle strade: il tentativo è quello di fermare la violenza interconfessionale che è iniziata qualche giorno fa nel distretto centrale di Kandy, quando un gruppo di uomini musulmani è stato accusato di aver ucciso un uomo appartenente alla maggioranza della comunità buddista singalese. Alcuni negozi di proprietà di musulmani sono stati incendiati così come diverse moschee e un ragazzo di 24 anni è rimasto ucciso. Ci sono stati anche degli arresti ed è stato imposto il coprifuoco in due città della zona. Un portavoce del governo, Dayasiri Jayasekara, ha dichiarato che con lo stato di emergenza si vuole «evitare la diffusione delle sommosse comunitarie ad altre aree del paese».
Le tensioni tra comunità buddista e musulmana dello Sri Lanka esistono da decenni, ma sono diventate più acute dopo la fine della guerra civile, un conflitto iniziato nel 1983 e terminato nel 2009 in cui morirono circa 100 mila persone. La guerra si combatté tra l’esercito srilankese e le Tigri Tamil, un’organizzazione di etnia tamil che rivendicava la creazione di uno stato indipendente nel nord e nell’est dello Sri Lanka. Si riuscì a raggiungere una “pace” solo nel 2009, quando le Tigri Tamil furono definitivamente sconfitte dall’esercito srilankese alla fine di una durissima repressione ordinata dal presidente Mahinda Rajapaksa. Da allora in Sri Lanka è cominciato un lungo e complicato processo di riconciliazione.