La Francia ha iniziato a esaminare richieste d’asilo direttamente in Niger
È una pratica potenzialmente rivoluzionaria, ma i numeri sono ancora molto contenuti
Da alcuni mesi il governo francese ha iniziato a esaminare le richieste di protezione internazionale avanzate dai migranti direttamente in Niger, uno dei paesi più interessati dalle rotte di migrazione verso la Libia. È una pratica potenzialmente rivoluzionaria: ad oggi gli stati europei esaminano esclusivamente le richieste di protezione dei migranti che arrivano nel proprio territorio al termine di un viaggio lunghissimo, costoso e soprattutto pieno di pericoli. L’intento del governo francese è di risparmiare ai migranti la traversata del deserto del Sahara e la detenzione nei centri per migranti in Libia, che sono gestiti dai trafficanti di esseri umani.
Il nuovo approccio della Francia ha ricevuto qualche complimento ma anche diverse critiche, anche perché si inserisce nella controversa riforma sull’immigrazione voluta dal presidente francese Emmanuel Macron. Di recente ne ha scritto il New York Times, che ha anche visitato uno dei centri dove i funzionari francesi esaminano le richieste d’asilo in Niger.
Sulla carta il piano è lineare. L’agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR), che da qualche mese ha ottenuto l’accesso ai centri per migranti in Libia, seleziona i migranti che hanno più possibilità di ottenere una forma di protezione internazionale e dalla Libia li trasferisce in Niger. Lì vengono ospitati nel centro dell’UNHCR a Niamey, nel sud del paese. All’interno del centro le loro richieste vengono esaminate da un gruppo di funzionari dell’Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA), l’agenzia francese per i rifugiati. I migranti che ottengono una protezione vengono quindi trasferiti in aereo in Francia, dove hanno diritto a una casa, a un corso di francese e soprattutto a un permesso di soggiorno di durata decennale. Non è chiaro quanti migranti siano stati accolti finora tramite questo programma, ma probabilmente parliamo di qualche decina.
«È una cosa enorme dal punto di vista politico», ha spiegato al New York Times Giuseppe Loprete, capo della delegazione dell’UNHCR in Niger: «ma in termini di numeri è ancora poco rilevante». In una settimana recente, l’OFPRA ha ascoltato le testimonianze di 85 migranti. È impossibile gestire un carico superiore di richieste, dato che i funzionari dell’agenzia francese sono solo quattro.
Anche se l’OFPRA andasse avanti a questo ritmo, inoltre, esaminerebbe poco più di 3000 richieste in un anno, un numero marginale rispetto alle decine di migliaia di migranti che si trovano in Libia e in Niger. Al momento i francesi rimangono gli unici ad esaminare le richieste direttamente in Niger: Infomigrants, un sito di news che si occupa di immigrazione, ha scritto che una delegazione della Svizzera è stata in Niger per esaminare le richieste di alcuni migranti, e che Svezia, Francia e Finlandia hanno accettato di accogliere migranti evacuati dalla Libia. Finora però nessuno di questi paesi ha dato seguito alle sue promesse.
Nemmeno l’approccio francese, però, è considerato un esempio particolarmente virtuoso. La settimana scorsa, Macron ha presentato una riforma dell’immigrazione che fra le altre cose istituisce il reato di ingresso illegale in territorio francese, riduce il periodo di tempo in cui un migrante può presentare domanda e più in generale obbliga le istituzioni che si occupano di rifugiati a occuparsi più in fretta (e quindi più superficialmente) di ciascun caso. «È chiaro che si vuole dare un segnale più che fare qualcosa per essere efficaci. Il governo vuole innanzitutto dissuadere i migranti dal venire in Francia», ha spiegato a Le Monde Serge Slama, professore di diritto pubblico all’Università di Grenoble-Alpes.
A complicare ulteriormente le possibilità di ottenere protezione in Francia, c’è il fatto che le procedure di esame dell’OFPRA in Niger sembrano molto stringenti. I migranti vengono interrogati a lungo e vengono chiesti loro nel dettaglio i legami familiari e le violenze subite nel paese d’origine. Infomigrants ha raccontato ad esempio cos’è successo a una donna di 28 anni ascoltata qualche settimana fa dall’OFPRA:
Balgis (nome di fantasia) è nata in Somalia e ha vissuto in Yemen prima di scappare in Sudan e poi in Libia, dove lei e sua figlia di tre anni sono rimaste prigioniere per circa un anno, durante il quale sono state vendute almeno due volte dai trafficanti di esseri umani. Come prova del sadismo dei suoi carcerieri, Balgis può mostrare delle bruciature di sigaretta, ancora più evidenti sulle gambe di sua figlia. Con l’aiuto di un interprete, il funzionario dell’OFPRA si concentra sul passato di Balgis. Il tono e l’espressione dell’intervistatore sono gentili, ma nessuna domanda viene risparmiata.
«Se troviamo delle contraddizioni nelle loro storie, ci torniamo sempre sopra. Ne parliamo in maniera delicata, ma mostriamo chiaramente le contraddizioni cosicché possiamo ottenere una storia coerente», ci spiega. Dopo l’intervista, il funzionario spiega a Balgis che ci vorranno uno o due mesi per conoscere l’esito della sua richiesta.
Non è chiaro cosa accada a chi non viene accettato: il Niger è comunque un paese più stabile della Libia, e i migranti scartati dalla Francia potrebbero decidere di restarci per lavorare, oppure fare ritorno al proprio paese d’origine.