Perché la Norvegia va così forte alle Olimpiadi invernali?
Ha poco più di 5 milioni di abitanti ma ha vinto il maggior numero di medaglie nella storia dei Giochi invernali: c'entra il suo approccio “socialista” allo sport
Per la seconda edizione consecutiva dei Giochi Olimpici, la Norvegia è arrivata prima nel medagliere sia per numero di ori sia per il numero di medaglie complessive. A Pechino ha addirittura stabilito il record di medaglie d’oro vinte in una singola edizione, superando sé stessa.
Sono risultati straordinari che vanno anche oltre le previsioni. Pur trattandosi di un paese scandinavo in cui gli sport invernali sono le attività più diffuse e praticate, la Norvegia non raggiunge nemmeno i 6 milioni di abitanti e il budget assegnato ogni anno alle sue federazioni sportive non è nemmeno paragonabile a quello dei grandi paesi europei e nordamericani: è un decimo di quello britannico, per esempio, che ai Giochi invernali vince ben poco.
Nel medagliere complessivo di tutte le edizioni dei Giochi olimpici invernali, la Norvegia è al primo posto con un totale di 368 medaglie. Gli Stati Uniti, secondi, ne hanno 305. I successi norvegesi negli sport invernali non sono quindi una novità. Il paese scandinavo vanta i migliori atleti della storia: è il caso di Marit Bjørgen e Ole Einar Bjørndalen, gli atleti più vincenti nella storia dei Giochi invernali.
Ma oltre alle discipline più tradizionali come lo sci di fondo, i suoi atleti vincono anche altrove. Quattro anni fa in Corea del Sud occuparono interamente alcuni podi e vinsero le gare più importanti e attese. Ottennero inoltre risultati sorprendenti anche nelle prove in cui non erano favoriti. Lo stesso è successo a Pechino, a conferma dell’efficienza del sistema messo in piedi negli anni dal comitato olimpico nazionale, particolare sotto molti aspetti.
Con il costante miglioramento delle strutture e dei collegamenti con i centri abitati, si stima che in Norvegia il 93 per cento dei ragazzi sotto i 12 anni pratichino regolarmente sport invernali per più di un anno. Fino a quell’età non vengono richiesti risultati, e tutti possono praticare gli sport con il solo scopo ricreativo nei circa 11.000 club sparsi per il paese. Il comitato olimpico e le federazioni si limitano a renderli sempre accessibili a tutti. Superati i 12 anni, i ragazzi più talentuosi e promettenti passano sotto la supervisione dell’organizzazione Olympiatoppen, che ha il compito di formare i migliori atleti e mette a loro disposizione preparatori, allenatori e tecnologie avanzate.
Fin qui nulla di così particolare: soltanto un sistema perfezionato negli anni che fornisce a tutti i ragazzi uguali possibilità di successo, come succede anche in altri paesi. Il successo della Norvegia alle Olimpiadi è reso unico da una visione “socialista” dello sport, come ha recentemente spiegato al Guardian Morten Aasen, ex atleta olimpico che ora ha un incarico nel comitato olimpico nazionale: «Siamo un paese ricco ma crediamo nel modo socialista di fare le cose. Il successo arriva dal lavoro intenso e dallo stare assieme».
Per gli sport olimpici estivi e invernali il budget complessivo annuale è di poco più di 11 milioni di euro. Per fare un paragone, nell’ultima ripartizione dei fondi il Comitato olimpico italiano ha distribuito 145 milioni di euro. Fra gli sport invernali, la Norvegia non stanzia alcun finanziamento per bob, skeleton e slittino, discipline ritenute troppo costose anche per partecipazioni olimpiche senza particolari ambizioni. I premi e i rimborsi spese sono minimi, e infatti molti degli atleti hanno un’attività lavorativa che nel corso dell’anno affiancano agli allenamenti e alle competizioni.
Dalla riduzione dei costi deriva anche il concetto di unità spesso citato da atleti e dirigenti. Per le trasferte estere o per i ritiri, le varie delegazioni norvegesi sono solite prenotare alloggi poco costosi e stanze in grado di contenere più persone, e questo vale anche per gli atleti più vincenti e famosi. Alcuni compagni di squadra arrivano a condividere stanze da letto per 250 giorni all’anno, motivo per cui l’aspetto verso cui i dirigenti prestano maggior attenzione è il comportamento degli atleti: episodi spiacevoli o controversi possono costare l’allontanamento dal gruppo. «Pensiamo che non ci sia nessuna buona spiegazione sul perché una persona debba comportarsi da stronzo per essere un buon atleta. Non avremo mai quel tipo di cose nella nostra squadra» ha detto Kjetil Jansrud, medaglia d’argento nella discesa libera e bronzo nel supergigante.
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