È iniziato il processo a Henry John Woodcock
Ieri c'è stata la prima udienza davanti al CSM per il giudice che ha guidato l'inchiesta CONSIP, accusato di aver estorto a un testimone una conferma alle sue accuse
Lunedì a Roma si è svolta la prima udienza del processo disciplinare per Henry John Woodcock, uno dei più famosi magistrati italiani, oggi pubblico ministero di Napoli e principale responsabile dell’inchiesta CONSIP. Il processo si svolge davanti al Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei magistrati, e coinvolge anche Celeste Carrano, magistrata di Napoli che ha collaborato con Woodcock all’inchiesta. Secondo l’accusa, rappresentata dal procuratore generale della Cassazione Mario Fresa, Woodcock avrebbe violato i diritti di difesa di una delle persone coinvolte nell’indagine, Filippo Vannoni, ex consigliere della presidenza del Consiglio, sottoponendo a un interrogatorio particolarmente duro e scorretto.
Vannoni, che era sospettato di aver commesso un reato, fu sentito come testimone, cioè senza un avvocato che potesse aiutarlo, e non come indagato. Woodcock, inoltre, avrebbe fatto a Vannoni una serie di pressioni per spingerlo a parlare. Per esempio gli avrebbe indicato il carcere di Poggioreale che si intravedeva da una finestra della sala dove si teneva l’interrogatorio, domandandogli: «Vuole fare una vacanza?». Woodcock avrebbe anche mostrato a Vannoni dei normali fili elettrici, facendogli credere che fossero microspie sistemate nella sua automobile e nella sua abitazione. Infine, scrive l’accusa, Woodcock avrebbe permesso ai carabinieri presenti (tra cui anche l’allora capitano Giampaolo Scafarto, oggi sospettato di falso e depistaggio) di intimidire Vannoni, facendogli numerose domande e inviti a confessare. La stanza peraltro era piena di fumo, dice Vannoni, ma la difesa di Woodcock sostiene che all’epoca dei fatti Woodcock aveva smesso di fumare da anni.
L’interrogatorio di Vannoni fu uno dei momenti fondamentali dell’inchiesta CONSIP, l’indagine per corruzione iniziata nell’estate del 2016 e in cui è stato coinvolto anche il padre dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, Tiziano Renzi. Vannoni fu ascoltato il 21 dicembre del 2016. Il giorno prima l’amministratore delegato di CONSIP Luigi Marroni aveva ammesso in un altro interrogatorio con Woodcock che una serie di persone importanti, tra cui due generali dei carabinieri, il ministro dello Sport Luca Lotti e lo stesso Vannoni, lo aveva avvertito di un’inchiesta che lo riguardava e della presenza di microspie nel suo ufficio. Tranne Vannoni, tutti i personaggi citati da Marroni vennero iscritti nel registro degli indagati. Secondo Woodcock e Carrano, perché su di lui non c’erano abbastanza elementi; secondo l’accusa, per non dargli la possibilità di avere con sé un avvocato.
L’inchiesta CONSIP iniziò nell’estate del 2016, quando Woodcock cominciò a sospettare che l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo avesse corrotto dei funzionari di CONSIP per ottenere alcuni appalti nella sanità campana. La procura di Napoli piazzò alcune microspie negli uffici di CONSIP, ma qualcuno avvertì l’amministratore di CONSIP dell’indagine e Marroni fece “bonificare” i suoi uffici. Interrogato dai magistrati disse che diverse persone lo avevano avvertito delle indagini. Durante l’interrogatorio, Vannoni fornì un’importante conferma delle accuse di Marroni, permettendo così a Woodcock e Carrano di proseguire le indagini. Nelle settimane successive l’inchiesta di Woodcock subì numerose fughe di notizie, quasi tutte arrivata al giornalista del Fatto Quotidiano Marco Lillo.
Alla fine del 2016 l’inchiesta venne divisa per ragioni di competenza territoriale. La parte che riguarda CONSIP e Tiziano Renzi è ora in mano alla procura di Roma, mentre Napoli e Woodcock sono rimasti titolari della parte che riguarda l’imprenditore Romeo. Il caso si è ulteriormente complicato quando la procura di Roma ha ricevuto le carte dell’inchiesta e ha scoperto una serie di errori e irregolarità, compiuti soprattutto dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico, il reparto di carabinieri utilizzato da Woodcock per l’indagine. Due membri di questo reparto molto vicini a Woodcock, il maggiore Giampaolo Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa, sono al momento sospesi dal servizio e indagati per falso, rivelazione di segreti di ufficio e depistaggio (i carabinieri sarebbero arrivati al punto da alterare alcuni verbali pur di incastrare Tiziano Renzi).
Ieri, nel corso della prima udienza del processo disciplinare, non sono stati ascoltati testimoni, ma l’accusa si è limitata a precisare le irregolarità attribuite a Woodcock e Carrano (che erano state definite troppo generiche dalla difesa). L’accusa ha consegnato i verbali dell’interrogatorio di Vannoni con i magistrati di Roma, subentrati a quelli di Napoli, in cui l’ex consigliere della presidenza del Consiglio accusa Woodcock e Carrano di avergli fatto pressioni per estorcergli una conferma delle accuse di Marroni. La prossima udienza di fronte alla commissione disciplinare del CSM è fissata per il 15 marzo e riguarderà solo Woodcock. L’accusa, in questo caso, è aver tenuto un comportamento scorretto nei confronti dell’allora procuratore di Napoli Nunzio Frigliasso. All’epoca, all’inizio del 2017, Frigliasso aveva chiesto ai suoi sottoposti, tra cui Woodcock, di non parlare con i giornalisti del caso CONSIP, all’epoca appena arrivato sulle prime pagine dei giornali.
Woodcock, però, parlò con la giornalista di Repubblica Liana Milella che in un successivo articolo spiegò che effettivamente aveva ricevuto delle indiscrezioni dal magistrato, ma che le aveva pubblicate nonostante lui le avesse chiesto di non farlo, proprio per via delle richieste di silenzio ricevute dal procuratore Frigliasso. Woodcock era già stato indagato per la fuga di notizie arrivata al giornalista del Fatto Quotidiano Marco Lillo, ma la sua posizione è stata archiviata.