Che Sudafrica si lascia dietro Jacob Zuma
Più diviso e più corrotto di quello che aveva preso all'inizio della sua presidenza, nove anni fa: e anche il suo partito, che l'ha costretto alle dimissioni, non se la passa troppo bene
«Sono arrivato alla decisione di dimettermi da presidente della repubblica con effetto immediato. Nonostante sia in disaccordo con la leadership del mio partito, sono sempre stato un membro disciplinato dell’ANC». Nel passaggio centrale del suo discorso di dimissioni trasmesso ieri dalla televisione sudafricana, l’ormai ex presidente sudafricano Jacob Zuma ha messo fine al lungo scontro tra lui e il suo partito, il Congresso nazionale africano (ANC), che andava avanti dallo scorso dicembre. L’ha spuntata l’ANC, e le cose non sono andate esattamente come ha voluto far credere Zuma in televisione. La sua non è stata una decisione volontaria: se non avesse lasciato la presidenza, oggi il Parlamento avrebbe votato una mozione di sfiducia nei suoi confronti, proposta e appoggiata dal suo stesso partito.
Zuma è stato presidente del Sudafrica per quasi nove anni. Ha guidato l’ANC, il partito di liberazione nazionale più longevo e noto di tutta l’Africa, per poco meno di un decennio, lasciandolo molto più debole di quanto non fosse mai stato dalla metà degli anni Novanta, con la fine dell’apartheid, cioè quel regime in cui la società era ufficialmente e formalmente segregata su base etnica. La sua carriera politica è stata un susseguirsi di scandali, alcuni personali e altri legati alla sua amministrazione, che hanno progressivamente eroso l’appoggio verso la sua presidenza e il suo partito. Ai suoi guai personali si è aggiunta l’incapacità dell’ANC di trasformarsi da movimento di liberazione nazionale a partito politico moderno, con gravi conseguenze nella gestione del potere pubblico.
Il risultato è che il Sudafrica di oggi è molto diverso da quello che Zuma aveva descritto e promesso anni fa, e non sarà facile per l’ANC, il partito che fu di Nelson Mandela, mantenere lo strapotere politico degli ultimi decenni.
Una delle cose più rilevanti che lascia dietro di sé Zuma è un partito debole e vulnerabile: l’ANC è stato il potere in Sudafrica per moltissimi anni, governando sia le grandi città che le zone rurali. Alle ultime elezioni locali, nel 2016, per la prima volta molti neri della classe media urbana scelsero però di non andare a votare o passarono all’opposizione: l’ANC perse il controllo di diverse città, tra cui Pretoria e Johannesburg. Il prossimo anno ci saranno le elezioni politiche, le seconde dalla morte di Nelson Mandela, dalle quali uscirà anche il nome del nuovo presidente: per la prima volta l’ANC rischia si scendere sotto il 50 per cento dei consensi, uno scenario inimmaginabile fino a pochi anni fa. Basti pensare che uno dei mantra di Zuma è stato per anni che l’ANC avrebbe governato «fino al ritorno di Gesù».
Un’altra cosa che Zuma lascia dietro di sé è una profonda sfiducia nelle istituzioni, a causa dei moltissimi scandali che hanno segnato la sua lunga presidenza. Uno dei più chiacchierati è stato il processo nel quale fu accusato di avere stuprato la figlia sieropositiva 31enne di un amico di famiglia. In tribunale disse che era stato sedotto dalla donna, che indossava una gonna corta; si giustificò inoltre del fatto di non avere usato consapevolmente il preservativo dicendo che dopo il rapporto sessuale aveva fatto una doccia per minimizzare il rischio di contrarre l’HIV. Nel 2006 il caso si chiuse con un verdetto di non colpevolezza.
Nel corso degli anni ci furono molti altri scandali. Sotto la sua presidenza, la corruzione in Sudafrica si estese in tutto il settore pubblico. Zuma distribuì incarichi di potere a familiari, amici e soci d’affari. Mise a capo di importanti aziende pubbliche, come la compagnia ferroviaria e quella elettrica nazionale, alcune persone di fiducia con poca esperienza e senza vere qualifiche. Ma lo scandalo che provocò più reazioni negative e che contribuì al pessimo risultato dell’ANC alle elezioni locali del 2016 fu quello che coinvolse la sua residenza di Nkandla, nel Sudafrica orientale. Lo scandalo iniziò nel 2012, quando una serie di inchieste giornalistiche mostrarono come Zuma avesse usato soldi pubblici per apportare delle migliorie al complesso residenziale. Zuma sostenne che i lavori – che includevano la costruzione di una piscina e di un pollaio, tra le altre cose – erano stati necessari per garantire la sua personale sicurezza. Si rifiutò per diverso tempo di ripagare allo stato poco più di 500mila euro, finché non fu costretto da un tribunale, ma nel frattempo tutta questa storia gli fece perdere molti consensi e rafforzò l’opposizione.
Norimitsu Onishi ha scritto sul New York Times che sotto la presidenza di Zuma l’immagine internazionale del Sudafrica è crollata: «Il paese che aveva ispirato il mondo con l’idea di pacifica riconciliazione promossa da Nelson Mandela è diventato noto per la leadership corrotta e per un’ampia serie di problemi complessi».
Anche lo stato di salute dell’economia sudafricana ha risentito del malgoverno di Zuma e dell’ANC. Zuma aveva promesso una “trasformazione radicale dell’economia” che avrebbe dovuto migliorare soprattutto le condizioni delle classi nere più povere del paese, lasciate indietro durante la rapida crescita economica che caratterizzò i 10 anni di presidenza di Thabo Mbeki (1999-2009). Le cose però non sono andate come aveva previsto Zuma, anche a causa della dilagante corruzione: oggi l’economia sudafricana ha smesso di crescere, il debito pubblico è stato declassato a “spazzatura”, la disoccupazione ha raggiunto il 25 per cento e le disuguaglianze sono enormi.
L’incarico di presidente del Sudafrica, almeno fino alle prossime elezioni, è stato preso da Cyril Ramaphosa, cioè dall’uomo che negli ultimi due mesi ha guidato la rivolta interna all’ANC contro Zuma. Ramaphosa, 65 anni, è stato eletto leader dell’ANC lo scorso dicembre, in un Congresso di partito molto teso: è stato preferito a Nkosazana Dlamini-Zuma, candidata sostenuta da Zuma nonché sua ex moglie. Ramaphosa è un ex leader sindacalista che nel corso degli anni è diventato uno degli uomini più ricchi di tutta l’Africa, prima di tornare a fare politica. È molto conosciuto anche perché fu capo negoziatore dell’ANC nelle fasi finali del regime dell’apartheid ed è considerato un politico che potrebbe aiutare a superare le divisioni interne al partito.
Su di lui e sulla nuova fase politica che sta iniziando in Sudafrica ci sono molte aspettative, ha scritto il Wall Street Journal, ma superare un sistema che si è consolidato nel corso di decenni e che è diventato parte del funzionamento della macchina pubblica sudafricana non sarà facile.