C’è una specie di pesci che non ha (quasi) bisogno dei maschi
Ci sono solo esemplari femmina di Poecilia formosa, che si riproducono da sole: una nuova ricerca spiega perché non porta necessariamente svantaggi
Nei fiumi del nord-est del Messico e del sud del Texas, negli Stati Uniti, vive un pesce d’acqua dolce lungo 8 centimetri in grado di riprodursi per partenogenesi, cioè senza che le sue uova vengano fecondate: esistono solo esemplari femmina. Appartiene alla specie Poecilia formosa, chiamata in inglese Amazon molly per via delle amazzoni, le guerriere che vivevano in una società di sole donne nella mitologia greca. Un gruppo internazionale di scienziati ha sequenziato il genoma (la parte del DNA uguale per tutti gli individui di una stessa specie) delle Poecilia formosa scoprendo che – contrariamente a quanto ci si sarebbe potuto aspettare – il fatto che da una generazione all’altra non venga scambiato DNA tra diversi esemplari non rende questi pesci meno adatti a prosperare rispetto ad altre specie. L’articolo che lo spiega è stato pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution il 12 febbraio.
La Poecilia formosa non è l’unica specie animale che può di riprodursi per partenogenesi: può succedere ai tacchini, in casi di necessità capita agli squali e ai draghi di Komodo, ed è ordinaria amministrazione per le api e per le vespe, i cui fuchi (cioè i maschi) si sviluppano solo da uova non fecondate. Da circa trent’anni c’è anche una specie invasiva di gamberi d’acqua dolce che conta solo esemplari femmina. Tra i vertebrati solo una cinquantina di specie si riproducono per partenogenesi (sono tutte specie di anfibi, rettili o pesci) e la Poecilia formosa è la prima di queste di cui gli scienziati abbiano scoperto l’asessualità, nel 1932.
Si è sempre pensato che la riproduzione asessuata fosse meno conveniente per la prosperità degli animali – nonostante una specie di sole femmine implichi che ogni esemplare da solo può produrre progenie e quindi sia possibile arrivare più in fretta a una popolazione più numerosa – per almeno due motivi. Il primo è che mancando l’introduzione di nuovo DNA le mutazioni genetiche dannose per la sopravvivenza della specie avrebbero potuto accumularsi più rapidamente, portando all’estinzione. Il secondo è che la limitazione della diversità genetica all’interno della stessa specie – ogni esemplare nasce come clone di un esemplare della generazione precedente – impedirebbe alla specie di adattarsi ai cambiamenti ambientali con i normali meccanismi della selezione naturale che fanno prosperare solo gli individui più adatti alle circostanze. Queste ipotesi restano fondate ma la Poecilia formosa sembra un’eccezione alla regola vista la sua lunga storia.
La specie Poecilia formosa si formò dall’incrocio tra due altre specie di pesci, la Poecilia mexicana e la Poecilia latipinna, tra i 100mila e i 200mila anni fa, cioè circa 500mila generazioni fa. Da allora gli esemplari di Poecilia formosa si riproducono sfruttando esemplari maschi di altre specie di pesci simili a loro, come la stessa Poecilia latipinna: hanno bisogno di maschi di altre specie per innescare la riproduzione dell’intero genoma materno, ma non usano il DNA dei maschi. Questo processo si chiama ginogenesi: la cellula uovo delle femmine si sviluppa solo con la penetrazione di uno spermatozoo ma non ne usa il nucleo contenente le informazioni genetiche. Un’altra caratteristica della Poecilia formosa è che i suoi esemplari non depongono uova ma “partoriscono” un gran numero di piccoli vivi. In pratica si tratta di cloni.
Sequenziandone il genoma e confrontandolo con quello delle specie da cui la Poecilia formosa deriva gli scienziati hanno provato a capire qualcosa su come sia possibile che la specie prosperi nonostante la clonazione. Saranno necessari altri studi per aggiungere pezzi alla teoria, ma sono state fatte diverse ipotesi. La prima è che il segreto stia nel fatto che la Poecilia formosa è una specie ibrida, cioè nata dall’incrocio di due specie diverse: la variabilità genetica dell’esemplare iniziale era così ampia da evitare che le mutazioni lo rovinassero eccessivamente nell’ultimo centinaio di migliaio di anni.
La seconda ipotesi è che servano molte più generazioni di quante si pensasse perché il meccanismo della clonazione porti all’estinzione a causa del moltiplicarsi delle mutazioni dannose. La terza è che il contributo genetico dei maschi di altre specie (piccoli tratti di DNA passati in quello dei cloni nonostante lo scarto degli spermatozoi), trovato nel 25 per cento dei campioni di genoma analizzati, sia più rilevante di quanto pensato in precedenza e allunghi il tempo che deve passare per arrivare all’estinzione della specie: tuttavia secondo i calcoli degli scienziati questi contributi da soli non giustificano i 100-200mila anni di storia della Poecilia formosa.
La quarta ipotesi è che le mutazioni genetiche spontanee nelle diverse generazioni di cloni siano responsabili di un meccanismo di selezione naturale che permette alla specie di adattarsi ai cambiamenti ambientali: è vero che il numero di mutazioni che può avvenire in questo modo è minore rispetto a quello che si ha nel genoma delle specie che si riproducono in modo sessuato, ma il fatto che ogni esemplare di Poecilia formosa possa produrre progenie rende il tasso di crescita della popolazione più alto, facendo da compensazione.
L’articolo di Nature Ecology & Evolution si conclude con questa considerazione: perché non ci sono molte altre specie di vertebrati che si riproducono in modo asessuato visto che la Poecilia formosa se la cava molto bene facendolo? In particolare, perché non si generano altre discendenze di Poecilia formosa visto che ancora oggi la Poecilia mexicana e la Poecilia latipinna vivono negli stessi habitat? Finora gli scienziati non sono riusciti a ottenere esemplari di Poecilia formosa facendo accoppiare femmine e maschi di queste due specie, per questo la loro ipotesi è che ci debba essere una particolare combinazione di due specifici genotipi perché si sviluppi il meccanismo della riproduzione asessuata. Pensano che la ragione per cui non esiste un numero maggiore di specie asessuate non sia la loro inferiorità rispetto alle specie sessuate dal punto di vista del meccanismo di riproduzione, ma la rarità di casi in cui due individui di specie diverse danno vita a un individuo ibrido in grado di riprodursi asessualmente.