La semplice regola di Google e Facebook sulle relazioni tra dipendenti
Si può chiedere un appuntamento a un/una collega solo una volta, non una seconda: ma è semplice solo in teoria
Il Wall Street Journal ha raccontato le nuove decisioni che alcune grandi società statunitensi hanno preso per regolare i rapporti sentimentali tra dipendenti ed evitare che diventino fonte di esperienze sgradevoli. L’articolo, scritto da Yoree Koh e Rachel Feintzeig, inizia così: «Si può ancora chiedere un appuntamento a qualcuno con cui si lavora? Sì. O meglio, dipende. Potreste doverlo rendere pubblico». La cosa più interessante dell’articolo, ripresa da molti altri giornali, riguarda Facebook e Alphabet, la società di Google: in entrambe queste società «c’è una regola che prevede che un o una dipendente possa chiedere solo una volta a un altro [o altra] di uscire insieme. Se la risposta è “no”, non può chiederlo di nuovo».
Dopo aver parlato con Heidi Swartz, responsabile di Facebook per le leggi sul lavoro, il Wall Street Journal ha scritto che dentro Facebook anche risposte ambigue come “sono occupato/a” o “stasera proprio non riesco” contano come un vero e proprio “no”. In altre parole, tutto quello che non è un “sì” è da considerarsi un “no”.
Le regole interne di Facebook non obbligano comunque i colleghi che hanno una relazione a comunicare la cosa alle risorse umane. Il Wall Street Journal ha però scritto che «Facebook ha fiducia che, nel caso in cui ci siano conflitti di interessi, i dipendenti comunichino la loro relazione». Un portavoce di Google ha invece detto che la società – che secondo il Wall Street Journal ha la stessa regola di Facebook – ha previsto dal 2004 regole sui dipendenti che escono insieme e si frequentano, ma senza fornire altri dettagli.
Regole di questo tipo sono state adottate o rese più stringenti da molte aziende statunitensi negli ultimi mesi, in seguito alle numerose denunce di molestie sessuali o comportamenti inappropriati in vari ambienti lavorativi. Sono però particolarmente importanti per società come Google e Facebook, che soprattutto negli Stati Uniti hanno veri e propri campus, fatti per far sì che i dipendenti passino molto tempo insieme, non solo lavorando. Come hanno scritto Koh e Feintzeig: «Nel caso delle grandi società tecnologiche, la linea tra passare insieme del tempo e avere un interesse romantico può essere difficile da definire, perché i dipendenti mangiano insieme, vanno in palestra insieme, frequentano lo stesso parrucchiere e le società stesse li spingono a passare insieme più tempo possibile».
Susan Matthews ha scritto su Slate che le regole «non impediscono che, dopo un primo no, nasca una relazione. Dicono solo che sono le persone che hanno detto il primo no che a quel punto potranno cambiare idea, nel caso lo vogliano». È relativamente semplice capire quando qualcuno sta chiedendo a qualcun altro un appuntamento, e se quel qualcun altro è d’accordo o no. Non ci sono ancora risposte su come comportarsi in caso di relazioni che durano pochi giorni o anche solo una notte, o in caso di relazioni che, seppur esistano da tempo, non siano note ai colleghi.
Anna Blinder, capo della risorse umane della Asana (che realizza un software per facilitare la comunicazione tra gruppi di lavoro), ha detto: «Possono esserci aree grigie quando metti delle persone insieme in una stanza per tanto tempo, la cosa più importante per prendere decisioni giuste è la chiarezza». Blinder ha detto che la cosa migliore sarebbe dire in modo formale a qualcuno delle risorse umane che si è in una relazione di qualche tipo con un o una collega.
Jacqueline Breslin, che si occupa di consulenza per le risorse umane per la società TriNet, ha detto che negli ultimi mesi del 2017 ha iniziato a ricevere domande sui cosiddetti «love contracts». Il Wall Street Journal ha scritto che ci sono contratti «con cui una coppia si accorda insieme con l’azienda per comportarsi in modo professionale sul luogo di lavoro, dichiarando di essere in quella relazione per scelta e non per qualche tipo di imposizione». Breslin ha però detto che accordi di questo tipo «possono essere percepiti come molto invasivi e intrusivi».