Guida al Sei Nazioni 2018
È iniziato oggi a Cardiff il torneo più antico e prestigioso del rugby, con l'Inghilterra favorita, l'Irlanda che la segue e l'Italia che cerca qualche soddisfazione
Il torneo di rugby del Sei Nazioni è iniziato oggi con la partita fra Galles e Scozia, giocata al Millennium Stadium di Cardiff e vinta dal Galles per 34 a 7. È la 19ª edizione del torneo con l’attuale formato a sei squadre, ma la sua origine arriva da molto più lontano, ovvero dal 1883, anno della prima edizione giocata solamente da squadre britanniche. Il Sei Nazioni è quindi uno dei tornei più antichi e prestigiosi al mondo e negli ultimi anni si è affermato anche come uno degli eventi sportivi più seguiti: ha una media di 72.000 spettatori a partita e ogni anno più di 1 milione di persone riempie i suoi stadi, da Edimburgo a Roma. Anche sotto l’aspetto commerciale è da anni una delle competizioni più importanti: nel 2016 il valore complessivo della competizione si è alzato fino a raggiungere i 500 milioni di euro e le città che ospitano le partite possono beneficiare di un indotto superiore ai 30 milioni di euro.
Le sei Nazionali partecipanti al torneo di quest’anno sono le solite: i campioni in carica dell’Inghilterra, i loro principali contendenti, cioè l’Irlanda, la Scozia che continua a sorprendere per la sua crescita, la Francia che ha da poco cambiato allenatore, il Galles e noi, l’Italia. L’anno scorso la Nazionale allenata dall’irlandese Conor O’Shea perse tutte le partite, come l’anno precedente, e si dimostrò ancora nettamente inferiore alle avversarie sotto ogni aspetto. Quest’anno non dovrebbe andare diversamente: vincere una partita, considerando il livello delle avversarie, sarebbe un grandissimo risultato. Ma la previsione più realistica è che l’Italia non riesca a vincerne una nemmeno quest’anno.
E allora perché seguire l’Italia al Sei Nazioni?
Perché l’Italia, considerando il livello di tutto il movimento nazionale e al netto degli errori fatti in passato, non può ancora pensare di competere per vincere. Deve invece competere per giocare sempre meglio aggiungendo di volta in volta qualcosa di buono. Quello che l’Italia di rugby ha intrapreso da due anni con la nomina della nuova gestione tecnica è un percorso: ogni partita è una tappa per la crescita della squadra, dei giocatori e del movimento, e il sostegno di tifosi e appassionati è fondamentale.
Un valido motivo per seguire l’Italia di rugby è il suo allenatore, l’irlandese Conor O’Shea: un tecnico brillante, rispettato e ben voluto dai giocatori. Nei suoi due anni di incarico in Italia non è riuscito ancora a ottenere risultati significativi sul campo, ma ha lavorato per rimediare agli errori del passato mettendo delle basi solide per un lavoro a lungo termine. Ora la Nazionale di rugby è una squadra giovane, con una base – cioè il numero di giocatori a cui può attingere – che si sta via via allargando e con una crescente competizione in ogni ruolo. Tutte cose che fin qui erano mancate.
Negli ultimi due decenni il rugby italiano ha perso molto tempo, principalmente per scelte sbagliate arrivate dalla federazione e a causa di gestioni tecniche poco lungimiranti. Al suo arrivo, O’Shea si è ritrovato una Nazionale da ricostruire quasi completamente e reduce da un Sei Nazioni disastroso, il peggiore mai disputato. Da lì, con l’aiuto di validi assistenti portati in Italia da Inghilterra, Irlanda e Sudafrica, O’Shea ha iniziato il processo di ricostruzione, dando una svecchiata alla rosa dei giocatori e lavorando a stretto contatto e in sintonia con le due squadre di club più importanti d’Italia, la Benetton Treviso e le Zebre.
Sotto quest’ultimo aspetto, i risultati sono stati oltremodo soddisfacenti. Benetton e Zebre stanno disputando probabilmente le loro migliori stagioni dopo alcune annate decisamente negative. La Benetton in particolare, il club da cui arrivano la maggior parte dei giocatori della Nazionale, ha vinto 6 delle 13 partite disputate in campionato e in questa stagione ha tenuto testa a squadre straniere sulla carta molto più forti. C’è ancora molto lavoro da fare, dalla tenuta in campo dei giocatori agli errori tecnici all’ampiezza delle rose, ma i primi risultati hanno già portato dell’entusiasmo, che potrebbe anche riflettersi sulla Nazionale.
O’Shea ha comunicato la scorsa settimana la lista dei 31 convocati per le prime due partite del Sei Nazioni. Dalla lista dei 34 preconvocati, sono stati tagliati il mediano di mischia Tito Tebaldi, la seconda linea Marco Fuser e il flanker Jack Polledri. Il tre quarti Leonardo Sarto è stato invece escluso per problemi fisici. Per completare la rosa è stato convocato il pilone Marco Riccioni, già tra i giocatori “invitati” al raduno. Fra i 31 convocati, 15 provengono dalla Benetton Treviso e 13 dalle Zebre; solo due giocatori invece giocano all’estero: sono il capitano Sergio Parisse, dello Stade Francais, e il tallonatore del Tolosa Leonardo Ghiraldini. O’Shea ha convocato anche Alessandro Zanni, uno degli italiani più esperti ancora in attività, che in questo Sei Nazioni raggiungerà le 100 presenze in Nazionale.
Ciò che è legittimo aspettarsi dall’Italia in questo Sei Nazioni – dove peraltro giocherà solo due partite a Roma, la prima e l’ultima – è che disputi un torneo senza venire sopraffatta dagli avversari e che mantenga alta la qualità e l’intensità delle proprie prestazioni, senza rinunciare all’iniziativa in condizioni di svantaggio, anche netto. Sotto il piano tecnico-tattico, il maggior problema dell’Italia è la fase offensiva: lenta, prevedibile e poco brillante. Per questo O’Shea ha chiesto ai suoi giocatori di prendersi più rischi e di metterci più estro, in modo da evitare sconfitte schiaccianti e aggiungere un altro piccolo miglioramento.
Come sono messe le avversarie
L’anno scorso l’Inghilterra allenata dall’australiano Eddie Jones ha vinto il suo secondo Sei Nazioni di fila, mancando però il Grande Slam perdendo l’ultima partita contro l’Irlanda (il giorno dopo San Patrizio). La Nazionale inglese è la favorita anche per quest’anno e punta alla terza vittoria di fila, mai riuscita a nessuno. Ma dovrà guardarsi ancora dall’Irlanda, data come contendente principale. Rispetto all’anno scorso, però, l’Inghilterra inizierà il Sei Nazioni con moltissimi giocatori infortunati e per questo non disponibili. Nelle prime due partite dovrà fare a meno di almeno una decina di giocatori fra titolari e riserve a causa di infortuni e squalifiche. Jones ha comunque un’ampia base da cui pescare, e il livello della squadra inglese rimane molto alto: gli mancherà tuttavia qualcosa e non sarà al suo meglio, almeno all’inizio.
Uno dei motivi per cui da un paio di anni l’Italia non riesce a vincere una partita è la stupefacente crescita della Scozia, che quest’anno, per alcuni, potrebbe anche migliorare il quarto posto dell’anno scorso piazzandosi dietro le prime due. Nei campionati e nelle coppe, i club scozzesi continuano ad andare molto bene, e questo si sta riflettendo sulla Nazionale, per cui ora giocano alcuni dei rugbisti più apprezzati d’Europa. Dal Galles invece non ci si aspetta molto, dato che inizierà il torneo senza sei titolari fondamentali, e lo stesso vale per la Francia. Quest’ultima ha cambiato allenatore appena poche settimane fa, assumendo Jacques Brunel, che dal 2011 al 2016 fu alla guida dell’Italia. Brunel è stato chiamato dalla federazione in seguito all’allontanamento dell’ex allenatore Guy Noves per i risultati poco incoraggianti ottenuti nel 2017 (dodici partite, otto sconfitte, tre vittorie e un pareggio) e anche per via dei suoi difficili rapporti con il presidente del rugby francese Bernard Laporte.
Le regole e il calendario del torneo
Il torneo dura sette settimane. Ogni squadra gioca cinque partite (due in casa e tre in trasferta, o viceversa) e guadagna 4 punti per la vittoria, 2 per il pareggio e 1 di bonus se segna più di quattro mete o perde con meno di sette punti di scarto. La squadra che vince tutte e cinque le partite centra il Grande Slam (e si aggiudica tre punti bonus). Il cucchiaio di legno invece, che non è un trofeo vero e proprio ma solo una “tradizione linguistica”, viene assegnato alla squadra che termina il torneo in ultima posizione: non va confuso con il “cappotto”, che si verifica quando una squadra perde tutte le partite del torneo.
Ciascuna giornata del Sei Nazioni 2018 sarà composta da tre partite: due al sabato e una la domenica, ad eccezione della terza giornata, dove le partite domenicali saranno due, e dell’ultima, dove si giocheranno tutte nello stesso giorno. Le prime due partite del torneo sono in programma oggi pomeriggio: alle 15.15 c’è Galles-Scozia e alle 17.45 Francia-Irlanda. L’Italia farà il suo esordio nel torneo domani alle 16 contro l’Inghilterra allo Stadio Olimpico di Roma. Qui il calendario completo.
Chi trasmette il Sei Nazioni 2018
Tutte le partite del torneo verranno trasmesse in diretta su DMAX, canale 52 del digitale terrestre, precedute dalla trasmissione Rugby Social Club condotta da Daniele Piervincenzi. Le partite potranno essere viste anche in streaming da pc, tablet e smartphone sul sito Dplay, raggiungibile da qui.