I tablet usati nel referendum in Lombardia non sono dei veri tablet
Il presidente Roberto Maroni aveva promesso che sarebbero stati donati alle scuole, che però non sanno cosa farsene
Nei giorni precedenti al referendum consultivo per l’autonomia tenuto lo scorso 22 ottobre in Lombardia, c’erano state molte polemiche sull’acquisto di migliaia di dispositivi per consentire il voto elettronico. Per comprare 24.000 tablet la regione aveva speso circa 23 milioni di euro, una cifra giudicata eccessiva dalle opposizioni. Il presidente Roberto Maroni aveva risposto alle polemiche spiegando che l’acquisto dei dispositivi era «un investimento, non una spesa, perché i tablet poi rimangono in dotazione alle scuole come strumento didattico». Ad alcuni mesi di distanza sembra che le scuole coinvolte non siano molto soddisfatte dei dispositivi, che in realtà non possono nemmeno essere definiti dei veri tablet.
Meet VIU-800, the most versatile #identity management device in the market https://t.co/lxTJXvUOqc pic.twitter.com/Z1LL79Pu1u
— Smartmatic (@smartmatic) November 12, 2015
La caratteristica principale di un tablet dovrebbe essere la cosiddetta portabilità. I dispositivi comprati dalla regione Lombardia però sono scomodi e ingombranti: pesano due chili e hanno una forma concava che non si adatta granché a zaini e borse. Ma soprattutto sono dispositivi progettati appositamente per le procedure elettorali. Smartmatic, la società che li produce, li definisce identity management device – “dispositivi per l’identificazione” – e li ha pubblicizzati con un video nel quale vengono utilizzati dall’ufficio nazionale di identificazione del Perù.
Francesco Fumelli, che insegna linguaggi multimediali all’ISIA di Firenze, ha detto a Motherboard che oltre a essere scomodi i dispositivi in questione «sono poco potenti come risorse hardware per un utilizzo generico – per dare un’idea, la potenza del processore SoC Z8350 è paragonabile a quella di uno Snapdragon 801 SoC che veniva montato su smartphone qualche anno fa – e hanno schermi a bassa responsività». In pratica sono poco potenti e con un touchscreen molto più arretrato rispetto ai veri tablet. Secondo il Fatto, inoltre, sui dispositivi è montato Ubuntu, un sistema operativo gratuito incompatibile con la maggior parte dei software e applicazioni dei sistemi più comuni di Windows, Android o MacOS.
Nel progetto presentato nel 2015 da Smartmatic al bando di fornitura indetto dalla regione, era citata la possibilità di riconfigurare i dispositivi installando un «sistema operativo commerciale» di modo da «fornire le funzionalità di un tablet commerciale» (pagina 10 del documento), ma sembra che questo procedimento non sia stato eseguito.
Alfonso Iannice, vicepreside dell’Istituto comprensivo Statale Buonarroti di Corsico (Milano), ha raccontato al Fatto che i “veri problemi” del dispositivo non sono le sue dimensioni, ma «il touchscreen e il sistema operativo Ubuntu. Dobbiamo cercare programmi compatibili e non possiamo fare lezioni pratiche su Windows». Anche il preside dell’istituto comprensivo Erasmo da Rotterdam di Cisliano (Milano), ha spiegato che «la conformazione è poco funzionale per gli alunni. […] Stiamo pensando a un utilizzo come registro elettronico per i professori, magari attaccando un mouse alla porta USB».
Per il momento sono stati dati circa 1.500 dispositivi a 60 scuole lombarde, fra cui 50 istituti comprensivi e 10 scuole superiori. Lo stesso Maroni l’ha definita «una prima distribuzione sperimentale»; altri 20mila dispositivi dovrebbero essere consegnati da febbraio, mentre circa quattromila dovrebbero restare alla regione a uso elettorale. Sempre secondo il Fatto, per l’inizio di febbraio è previsto un incontro con le scuole coinvolte nella fase di sperimentazione per capire cosa non ha funzionato e se esistono dei margini per rimediare ai problemi tecnici.