L’incredibile operazione di salvataggio sul Nanga Parbat
Un'alpinista francese è stata soccorsa da alcuni dei migliori alpinisti in circolazione su una delle montagne più difficili del mondo
Domenica gli alpinisti polacchi Adam Bielecki, Jarek Botor e Piotr Tomala e il russo Denis Urubko hanno salvato l’alpinista francese Elisabeth Revol sul Nanga Parbat, la nona montagna più alta del mondo, in Pakistan. Revol stava tentando insieme al polacco Tomek Mackiewicz di scalare il Nanga Parbat – che è alto 8126 metri – d’inverno: erano rimasti bloccati durante la discesa e in loro aiuto si è mobilitata quella che in molti stanno definendo una delle più incredibili operazioni di soccorso della storia dell’alpinismo. Revol, che ha riportato gravi congelamenti alle mani e ai piedi, è stata salvata, mentre Mackiewicz è ancora sulla montagna: con ogni probabilità è morto.
Cos’è il Nanga Parbat
Il Nanga Parbat non appartiene propriamente né al massiccio dell’Himalaya né a quello del Karakorum: si trova nella regione del Kashmir, nella valle dell’Indo, ed è considerata una delle montagne più difficili al mondo da scalare (molto più dell’Everest, nonostante sia oltre 700 metri più bassa), per la ripidezza dei suoi versanti e per la grande rapidità con la quale cambiano le condizioni climatiche. Venne scalato per la prima volta nel 1953 dall’austriaco Herman Buhl, in una storica salita compiuta per la maggior parte in solitaria. Negli anni precedenti, oltre 30 persone erano già morte provando a scalare il Nanga Parbat, e da allora ne sono morte altre decine, tanto che ha ricevuto il soprannome di “montagna assassina”. Nel 1970 l’alpinista italiano Reinhold Messner, il più grande himalayista di sempre, provò a scalare per la prima volta il versante del Rupal, quello esposto a sud. Nel tentativo morì travolto da una valanga suo fratello Günther, sulla cui morte ci furono per anni polemiche, perché a lungo Reinhold non fu creduto e fu accusato ingiustamente di avere abbandonato il fratello.
A partire dagli anni Ottanta, quando ormai tutte e quattordici le montagne più alte di ottomila metri erano state scalate, l’alpinismo himalayista si concentrò sul provare a scalarle d’inverno, quando le condizioni già normalmente molto ostili all’uomo sono ancora più difficili. L’unico ottomila ancora mai scalato d’inverno è il K2, mentre il Nanga Parbat è stato salito in invernale per la prima volta nel 2016, da una spedizione in cui c’era l’alpinista italiano Simone Moro.
La spedizione di Revol e Mackiewicz
Revol ha 37 anni ed è una delle migliori alpiniste del mondo. È stata la prima donna a scalare il Broad Peak, il Gasherbrum I e il Gasherbrum II – tre ottomila del Karakorum vicini tra loro – in solitaria e senza utilizzare bombole d’ossigeno, che rendono molto più facile respirare rispetto all’aria rarefatta a grandi altitudini. Mackiewicz aveva invece 42 anni ed era a sua volta un alpinista affermato, che aveva già provato a scalare il Nanga Parbat d’inverno altre sei volte. La loro spedizione era partita settimane fa, ed era stata organizzata in stile alpino, cioè senza usare bombole d’ossigeno, portatori, corde fisse o rifornimenti dal basso. Dopo il periodo di acclimatamento con cui gli alpinisti si abituano alle altitudini sopra i 4000 metri, la spedizione era partita ufficialmente a metà gennaio: il piano era salire la montagna dal versante del Diamir, quello occidentale.
Mercoledì 25 gennaio avevano raggiunto la quota di 7300 metri, dove avevano bivaccato pianificando di raggiungere la cima il giorno successivo. I due sono effettivamente arrivati sulla vetta, ma durante la discesa hanno avuto dei gravi problemi. Le informazioni sono ancora confuse, perché arrivano solo dalle testimonianze fornite via radio e poi di persona da Revol, che deve ancora fare delle dichiarazioni pubbliche. Sembra però che intorno ai 7400 metri Mackiewicz abbia sofferto di un grave mal di montagna, che abbia perso la vista e abbia riportato dei congelamenti. Revol, dopo avere aiutato per quanto possibile Mackiewicz nel proseguire la discesa, ha proseguito da sola per provare a chiedere aiuto, riuscendo a lanciare un segnale di soccorso con il telefono satellitare.
L’operazione di soccorso
Dopo la diffusione della notizia delle difficoltà della spedizione, è stata immediatamente lanciata una raccolta fondi online per finanziare la spedizione di soccorso, che ha raccolto rapidamente oltre 115mila euro. Il governo pakistano infatti non finanzia le operazioni di soccorso di questo tipo, e mancavano i soldi per trasportare dei soccorritori sul posto. Poco dopo il ministro dello Sport polacco ha comunque annunciato che sarebbe stato il suo governo a coprire le spese.
Il problema è che organizzare una spedizione di soccorso a oltre 7000 metri su una delle montagne più difficili del mondo è complicatissimo. Gli elicotteri non possono atterrare sopra una certa quota, intorno ai 5000 metri, oltre i quali i soccorritori devono salire a piedi. Per questo potevano essere impiegati soltanto altri alpinisti, che dovevano essere nei paraggi e disponibili a rischiare grosso: i cinque membri di una spedizione che stava provando la prima salita del K2 in invernale, tra i migliori alpinisti del mondo, si sono subito offerti di provare a soccorrere Revol e Mackiewicz.
Le condizioni meteo sul Nanga Parbat però stavano peggiorando, così come quelle sul K2, distante un centinaio di chilometri. Due elicotteri hanno raggiunto sabato mattina il campo base del K2, dove si trovavano gli alpinisti, ma hanno potuto decollare soltanto nel primo pomeriggio per via del brutto tempo: a bordo c’erano Bielecki, Urubko, Botor e Tomala. Sono stati lasciati sul Nanga Parbat, a circa 5000 metri, e hanno subito cominciato la salita. Dalle notizie si sapeva che Revol era a circa 6700 metri, e si sperava che stesse continuando lentamente la sua discesa, andando incontro ai soccorritori. Mackiewicz, a quanto si sapeva, era invece a 7200 metri. (Un video girato nel momento in cui Revol è stata ritrovata).
Due dei quattro alpinisti hanno salito quasi duemila metri, in cattive condizioni meteo e in parte di notte, ma alla fine sono riusciti a trovare Revol grazie al tracker satellitare e grazie ai segnali che stava facendo con una lampada frontale. Dopo una breve sosta hanno incominciato la discesa, mentre gli altri due alpinisti sono andati loro incontro per aiutarli. Domenica mattina Revol ha infine raggiunto il campo base del Nanga Parbat, con principi di congelamento a mani e piedi, e successivamente è stata trasportata in elicottero a Islamabad. Le condizioni meteo, l’altitudine e la stanchezza non hanno consentito ai soccorritori di provare a raggiungere Mackiewicz, le cui ricerche sono per ora sospese. È molto improbabile che sia sopravvissuto.