L’haute couture a Parigi è fatta di piume
Le immagini più belle dalle sfilate di moda più moda che ci sia: il surrealismo di Dior, la grazia di Chanel e il solito successo di Valentino
Si è conclusa ieri la settimana dell’haute couture, cioè l’alta moda parigina, con 36 marchi che, dal 22 al 25 gennaio, hanno presentato le collezioni per la primavera/estate 2018. Contrariamente al prêt à porter, che fa sfilare i capi dell’anno dopo, l’alta moda propone quelli della stagione immediatamente successiva perché il mercato è più circoscritto. Per essere considerata di haute couture, un’azienda deve rispettare i parametri stabiliti del ministero francese dell’Industria e dalla Federazione francese della moda: deve avere un laboratorio a Parigi con non meno di venti dipendenti a tempo pieno; presentare due collezioni l’anno, ovviamente a Parigi; e confezionare abiti su misura che le clienti possano provare personalmente. La haute couture è considerata l’origine della moda e rappresenta il vero lusso, con abiti sartoriali con stampe ricercate, tessuti pregiati, intarsi, ricami, che richiedono anche centinaia di ore di realizzazione.
Tra gli storici marchi che hanno sfilato anche quest’anno ci sono gli italiani Armani Privé, Valentino e Giambattista Valli, i francesi Christian Dior, Chanel, Jean Paul Gaultier e Givenchy, la statunitense Proenza Schouler, e la cinese Guo Pei, quella del famoso abito-frittata di Rihanna. Anche quest’anno si sono visti i tagli rigorosi di Armani, i tulle svolazzanti di Giambattista Valli, gli abiti in 3D di Iris van Herpen; tra le novità ci sono i tatuaggi temporanei sui corpi e sulle dita delle modelle di Christian Dior, le gonne coi taschini di Chanel e la sfilata ready-to-wear fuori calendario di Proenza Schouler. Le piume sono state grandi protagoniste e si sono viste in più di una collezione.
Tra le collezioni più apprezzate c’è quella del direttore creativo Pierpaolo Piccioli di Valentino: si è ispirato agli elementi tradizionali della haute couture – volumi, fiocchi, svolazzi – ma li ha alleggeriti, creando «alta moda per l’epoca del casual e delle cose da portare ogni giorno, senza espedienti o trucchetti», come ha scritto Vanessa Friedman, la critica di moda del New York Times. Tutti gli abiti portano il nome di un sarto o una sarta dei laboratori di Valentino, per omaggiare l’elemento principale della haute couture, cioè l’eccezionale bravura artigianale. La collezione di Jean Paul Gautier è un omaggio allo stilista Pierre Cardin, coloratissima, con stampe ottiche in bianco e nero, e stivali con le frange abbinati a parrucche della stessa tinta.
La direttrice creativa di Dior, Maria Grazia Chiuri, ha disegnato una collezione surrealista, con le modelle che indossavano maschere e sfilavano tra busti, orecchi e altri elementi enigmatici appesi al soffitto e ispirati alle opere di Salvador Dalì e René Magritte. Come suo solito Chiuri ha modellato i capi su un tema storico o artistico, corredandoli con messaggi e frasi (è lei quella della maglietta “We should all be feminists”), questa volta scritti con tatuaggi temporanei sul corpo delle modelle. Di Dior si è parlato soprattutto per una festa a tema allestita in un tendone nei giardini del Museo Rodin: c’erano 800 ospiti mascherati che si muovevano tra le luci di candela, champagne, dolcetti a forma di mele e dadi alla Magritte e una sala da ballo a scacchi, dove hanno fatto mattina Bella Hadid, Eva Herzigova e Monica Bellucci.
Vale la pena dare un’occhiata anche agli abiti di Ralph & Russo, l’unica marca britannica di haute couture, scelta da Meghan Markle per il ritratto ufficiale con il fidanzato, il principe Harry. Dopo otto anni è tornata a sfilare per l’alta moda Givenchy, con la prima collezione disegnata da Clare Waight Keller, “Mysteries of a Garden at Night” (I misteri di un giardino notturno). Keller ha mescolato l’alta sartoria, fatta di linee rigorose e taglienti, con le frange, le fantasie e i vezzi più delicati della haute couture. John Galliano ha realizzato per Maison Margiela una collezione stravagante come suo solito, incentrata soprattutto sulla sperimentazione dei tessuti: stampe olografiche inventate in Cina simili a nylon lucido ma che diventano iridescenti con il flash degli iPhone; parka argentati oversized portati sul broccato, e bustini in PVC innestati su gonne velate in pizzo.
Per finire, Karl Lagerfeld, direttore creativo di Chanel, ha puntato sulla grazia, con un tradizionale allestimento al Grand Palais di fiori, alberi e fontane, e con abiti dai toni chiari. Per l’abito da sposa ha scelto, come aveva fatto solo altre due volte, un pantalone: uno smoking con maniche piumate che ricorda quelli dell’attrice Marlene Dietrich. La leggiadria della collezione, ha spiegato Lagerfeld, riflette la gioia di vivere parigina e l’ottimismo portato dal nuovo presidente Emmanuel Macron.