Il platino è un po’ in crisi
Dal 2008 a oggi il suo prezzo è calato del 60 per cento: la speranza dei produttori è sfondare nel mercato indiano (ma prima dell'arrivo delle auto elettriche: c'entra, c'entra)
L’industria del platino è in crisi. Il prezzo del platino – un metallo simile all’argento, ma incorruttibile e inossidabile – è crollato infatti nel corso degli ultimi dieci anni. Fino al 2008 si vendeva a oltre 80 dollari al grammo, mentre l’oro era sotto i trentacinque. Con l’inizio della crisi economica globale, il prezzo del platino è sprofondato perché in molti hanno preferito acquistare oro, il bene rifugio per eccellenza. Oggi il platino si vende a 35 dollari al grammo e l’oro è risalito a più di 45. Il Wall Street Journal ha dedicato un lungo articolo a come i produttori di gioielli di platino, un settore che utilizza il 40 per cento di tutto il platino prodotto al mondo, stanno cercando di affrontare la situazione.
La soluzione che hanno trovato è anche l’unica che hanno a disposizione: fare breccia nel più grande mercato della gioielleria al mondo, l’India. È un’antica tradizione, per gli indiani, spendere molto denaro in gioielli, in particolare per le occasioni più importanti della vita: fidanzamento, matrimonio, nascita di un figlio. Nel 2017 l’India è stata il secondo mercato per l’oro al mondo, dopo la Cina, e ne ha importato per un valore superiore ai 3,4 miliardi di dollari. L’80 per cento del platino del mondo viene estratto in Sudafrica e i principali produttori si sono associati nella Platinum Guild International (PGI), un’associazione che si occupa, tra le altre cose, della promozione del metallo prezioso.
I sudafricani di PGI sentono una certa urgenza nello sfruttare nuovi mercati e ampliare il loro giro di affari. L’industria del platino, infatti, è destinata a cambiare nei prossimi anni. I principali acquirenti del metallo oggi sono i produttori di automobili diesel che lo utilizzano nelle marmitte catalitiche. Più del 40 per cento del platino estratto viene utilizzato dall’industria automobilistica, una percentuale leggermente superiore a quella destinata ai gioielli. Il restante 20 per cento è utilizzato in altri tipi di industria. PGI teme che nei prossimi anni, con la crisi del diesel e l’arrivo delle auto elettriche, la domanda di platino sia destinata a crollare ulteriormente.
Per entrare nel mercato indiano e salvare l’industria, PGI sta spendendo milioni di dollari in campagne di marketing. La prima che hanno organizzato nel paese risale al 2009 e mirava a creare artificialmente una nuova domanda di gioielli in platino. Secondo il Wall Street Journal è riuscita a introdurre una nuova tradizione, il “Platinum Day of Love”: la ricorrenza del giorno dell’innamoramento tra due persone, da festeggiare scambiandosi anelli di platino. Nel 2015 una nuova campagna ha provato a creare un’altra ricorrenza, in cui i genitori della futura sposa regalano un bracciale e una collana di platino al promesso sposo. Le campagne pubblicitarie sono state un successo e la domanda di platino nel paese è passata da da zero a oltre 5 tonnellate l’anno nel corso dell’ultimo decennio.
Questo ha portato vantaggi anche per i gioiellieri indiani, che raramente in passato riuscivano a fare buoni guadagni con l’oro. Gli indiani trattano l’oro sostanzialmente come una materia prima e quindi non sono disposti a pagare un anello o una collana molto più del metallo che la compone. Questo significa che mentre sull’oro il margine medio di guadagno è del 6 per cento, per i gioielli in platino può arrivare fino al 25 per cento. I produttori non si fanno illusioni: gli indiani sono molto tradizionalisti nei confronti dei gioielli e comprano ancora oggi 153 volte più oro che platino. Un importatore locale ha detto al Wall Street Journal che senza le massicce campagne di marketing la domanda di platino dall’India scomparirebbe molto in fretta.
Il bersaglio di queste campagne, e la speranza di sopravvivenza dell’industria, è legata ai giovani indiani che vivono nelle grandi città. Per le famiglie tradizionali indiane i gioielli sono un simbolo di prosperità e successo, ma anche un investimento. Per questo acquistano spesso gioielli in oro, pesanti e artigianalmente poco complicati. I più giovani, sperano i manager di PGI, hanno invece gusti più moderni, sofisticati e anticonformisti. Preferiscono il platino per la sua originalità e vedono i gioielli più come accessori che come investimenti a lungo termine.
Conquistare questo mercato non è solo un problema per i grandi produttori. Con l’80 per cento dell’estrazione di platino concentrata in alcune regioni del Sudafrica, un’eventuale crisi del settore abbatterebbe tutta la sua forza su un’area molto circoscritta. Come ha spiegato al Wall Street Journal Neal Froneman, amministratore della Sibanye Gold Ltd, il secondo produttore di platino al mondo: «Se l’intera industria dovesse finire gambe all’aria, qui ci troveremmo con parecchi problemi sociali da gestire».