I prossimi Oscar potrebbero essere diversi, per i film di animazione
Una modifica nel regolamento potrebbe favorire i film più famosi e penalizzare quelli indipendenti, con serie conseguenze per il settore
Il premio Oscar al Miglior film d’animazione esiste dal 2002 e finora a scegliere i film candidati sono sempre stati i membri dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences che lavorano nel campo dell’animazione, esattamente come gli sceneggiatori scelgono i candidati ai premi per la Migliore sceneggiatura e i costumisti quelli per i Migliori costumi. L’unico premio per cui i candidati non vengono scelti da una particolare categoria di lavoratori del mondo del cinema è quello per il Miglior film, perché coinvolge tutte le competenze specifiche dei membri dell’Academy.
Quest’anno però le cose saranno diverse: le regole che riguardano i film d’animazione sono state cambiate e qualunque membro dell’Academy, se vorrà, potrà partecipare alle votazioni sui candidati. Per questo, spiega un articolo di Vox del ricercatore Sam Summers, dai prossimi Oscar in avanti le nomination potrebbero essere assegnate in misura molto minore a film d’animazione stranieri o realizzati da piccole produzioni con un piccolo budget.
L’Oscar per il Miglior film d’animazione fu introdotto perché Pixar e DreamWorks avevano cominciato a fare film che mettevano in discussione il “monopolio” che Disney aveva avuto sul settore fino agli anni Novanta (Disney acquisì Pixar solo nel 2006). Da allora hanno quasi sempre vinto il premio film con grosse produzioni, con l’eccezione di La città incantata di Hayao Miyazaki nel 2003. Ciononostante, dal 2010 in poi, tra i candidati ci sono stati molti film indipendenti, stranieri e realizzati con budget molto più bassi rispetto a quelli di Pixar. Fino ad allora ce n’erano stati molti meno: tra questi Appuntamento a Belleville di Sylvain Chomet del 2004, Persepolis di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud del 2008, Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson del 2010.
Nel 2016, l’anno in cui l’Oscar fu vinto da Inside Out di Pixar, gli altri candidati al premio erano tutti film di case di produzione indipendenti o stranieri: Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson, Il bambino che scoprì il mondo del brasiliano Alê Abreu, Shaun, vita da pecora dei britannici Mark Burton e Richard Starzak e Quando c’era Marnie del giapponese Hiromasa Yonebayashi. Nel 2017, oltre al vincitore Zootropolis e a Oceania di Disney, c’erano Kubo e la spada magica della piccola casa di produzione americana Laika, La mia vita da Zucchina di Claude Barras e La tartaruga rossa di Michaël Dudok de Wit.
La ragione per cui nel tempo sono aumentati tra i candidati i film di animazione più ricercati e di minor successo commerciale è che ogni anno vengono scelti nuovi membri dell’Academy: con un maggior numero di esperti di animazione tra le file dei giurati è cresciuta la considerazione per film poco noti al grande pubblico, ma conosciuti bene dai membri del settore. Hanno comunque sempre vinto dei film con grosse produzioni (Disney/Pixar nove volte negli ultimi dieci anni) perché il voto finale, quello che decide il vincitore tra i candidati, non è responsabilità dei soli giurati che lavorano nel campo dell’animazione, ma di tutti i membri dell’Academy.
Tuttavia il solo fatto di essere candidati ha favorito moltissimo i film con produzioni più piccole che hanno ricevuto le nomination, perché se ne è parlato di più e per questo molte persone sono andate a vederli, un po’ come funziona con i romanzi che vincono premi letterari. Ad esempio, nel 2014, Si alza il vento di Hayao Miyazaki era solo in 21 sale cinematografiche statunitensi prima che fosse candidato all’Oscar: dopo la nomination passò a essere proiettato in 496 sale e gli incassi quadruplicarono. Dave Jesteadt, presidente di GKIDS, il principale distributore di film d’animazione stranieri e indipendenti negli Stati Uniti, ha detto a Vox che le nomination agli Oscar, facendo conoscere i film, hanno anche permesso ai loro registi e alle loro case di produzione di impegnarsi in nuovi progetti. È successo ad esempio alla società irlandese Cartoon Saloon, che ha prodotto The Secret of Kells, candidato nel 2010, e La canzone del mare, candidato nel 2015, e spera che venga candidato anche il suo nuovo film, The Breadwinner, che racconta della vita di una bambina nell’Afghanistan controllato dai talebani.
La regola che ha cambiato le cose (e per cui è probabile che The Breadwinner non venga nominato) è stata introdotta lo scorso aprile, dopo che negli ultimi anni l’Academy ha ricevuto molte critiche per l’assenza tra i candidati all’Oscar per il Miglior film d’animazione di grandi successi al botteghino, come The LEGO Movie. Vox ha criticato questo tentativo di riconoscere i successi di film più noti al grande pubblico, perché in passato i membri dell’Academy che non lavorano nel settore dell’animazione hanno più volte dimostrato di essere ignoranti in materia. Nel 2015, ad esempio, un membro dell’Academy si lamentò del fatto che fossero stati candidati «quelle due oscure cose cinesi che nessuno ha mai visto», riferendosi al giapponese La storia della principessa splendente e all’irlandese La canzone del mare.
Secondo Summers il fatto che la nuova regola entri in vigore proprio quest’anno potrebbe essere un «grosso errore» perché per lui le grosse produzioni che potrebbero essere candidate agli Oscar 2018 – fatta eccezione per Coco di Pixar – non sono meritevoli: si riferisce al terzo Cars e al terzo Cattivissimo me, oltre a The Emoji Movie, che non è piaciuto praticamente a nessun critico, e a The LEGO Batman Movie. Per Summers sarebbero invece meritevoli di una nomination film d’animazione come la produzione britannico-polacca Loving Vincent, sul pittore Vincent van Gogh, e Mary and the Witch’s Flower di Hiromasa Yonebayashi, regista formatosi all’interno dello Studio Ghibli. Per questo Summers si augura che i membri dell’Academy voteranno per le nomination dei film d’animazione in modo responsabile, cioè informandosi prima di scegliere «il film che è piaciuto ai loro figli».