È cominciata l’operazione militare della Turchia contro i curdi in Siria
Dopo giorni di incertezze sono cominciati i bombardamenti sulla città di Afrin, dove si incontrano tante questioni ancora da risolvere della guerra in Siria
Dopo ore di incertezze e falsi allarmi, nel primo pomeriggio di sabato è ufficialmente cominciata l’operazione militare con la quale la Turchia sta provando a prendere il controllo di Afrin, una città del nord-ovest della Siria da tempo sotto il controllo dei curdi. L’attacco era previsto, e sono giorni che i media turchi annunciano la possibile operazione, che si porta dietro storie di rivalità e alleanze molto più ampie tra gli schieramenti che stanno combattendo la guerra in Siria. Dalle prime informazioni, in ogni caso, sembra essere più ridotto di quanto ci si aspettasse, almeno in questa sua fase iniziale.
Footage of Turkish jets’ striking Afrin city and surrounding areas now pic.twitter.com/nB3iJFOTpl
— Mutlu Civiroglu (@mutludc) January 20, 2018
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che è iniziata l’operazione via terra per la conquista di Afrin, ma non ci sono ancora conferme di effettive operazioni di truppe: l’agenzia di stampa statale turca Anadolu ha detto che i ribelli dell’Esercito libero siriano alleati della Turchia hanno cominciato a entrare nell’area di Afrin, ma i giornalisti sul posto hanno detto di non aver trovato conferme di questi movimenti.
Pictures of latest #Turkish army bombardment on #Afrin. pic.twitter.com/Kac1wHfUaB
— Barzan Sadiq (@BarzanSadiq) January 20, 2018
Sono però cominciati i bombardamenti dei jet turchi, sulla città e su altre località nei dintorni. Anche se non ci sono state conferme ufficiali, questo sembra suggerire che la Russia abbia in qualche modo approvato l’operazione turca, ritirando le centinaia di soldati che si suppone avesse ad Afrin e concedendo il passaggio dei jet nello spazio aereo sopra la regione, che si ritiene sia sotto il suo controllo. Il presidente siriano Bashar al Assad, alleato della Russia, aveva detto che se fosse cominciata un’operazione militare turca ad Afrin, le sue forze non avrebbero esitato ad abbattere gli aerei nemici, cosa che per ora non è avvenuta.
Perché la Turchia ha attaccato Afrin
Le ragioni dietro l’operazione turca vanno ricercate nella rivalità tra la Turchia e i curdi siriani, che Erdogan accusa di avere legami profondi con i curdi turchi del PKK, organizzazione che il governo turco considera terrorista. Domenica scorsa la coalizione militare anti-Stato Islamico (o ISIS) guidata dagli Stati Uniti aveva annunciato un piano per l’addestramento di 30mila uomini che avrebbero dovuto far parte di una nuova “Guardia di frontiera” addetta a sorvegliare i confini dei territori controllati dalle Forze democratiche siriane (SDF), cioè una coalizione di arabi e curdi – ma a netta prevalenza curda – alleata degli Stati Uniti nella guerra contro lo Stato Islamico.
Il compito principale della nuova Guardia di frontiera, aveva detto la coalizione, doveva essere evitare l’infiltrazione di miliziani dello Stato Islamico nel territorio delle SDF. 30mila uomini però non sono pochi. La Turchia aveva interpretato la mossa della coalizione come un tentativo statunitense di sostenere le ambizioni curde di creazione di un proprio stato. Il governo guidato di Erdoğan si era infuriato e aveva detto che se gli Stati Uniti non avessero tolto il loro appoggio ai curdi, la Turchia sarebbe intervenuta militarmente nei territori delle SDF in Siria. Dopo la durissima reazione dei turchi, il dipartimento di Stato americano aveva ritrattato in parte le precedenti dichiarazioni e ha negato di voler creare una nuova forza armata al confine tra Siria e Turchia, senza però che questo abbia concluso la crisi.
Per la Turchia la creazione di uno stato curdo dentro ai suoi confini o appena al di là è da sempre considerata una questione di sicurezza nazionale. Già in passato il governo turco aveva mostrato di voler dar seguito alle minacce di intervento militare in Siria in funzione anti-curda: nell’agosto 2016 soldati turchi alleati all’Esercito libero siriano, una coalizione di gruppi ribelli di diverso tipo, erano entrati nel nord della Siria per riprendere alcuni territori controllati dallo Stato Islamico ma soprattutto per frenare l’avanzata dei curdi a ovest del fiume Eufrate. Oggi la situazione sembra potersi ripetere, con il rischio di aprire un nuovo fronte nella già complicatissima guerra siriana.
Finora i curdi sono emersi come uno dei pochi gruppi vincitori della guerra siriana: negli ultimi anni hanno conquistato molti territori nel nord e nell’est della Siria, su cui hanno imposto di fatto le loro strutture di autogoverno. È difficile dire però cosa potrebbe succedere ora. Il territorio curdo è minacciato da nord dalla Turchia, che sembra non voler accettare in alcuna maniera l’esistenza di uno stato curdo al di là dei suoi confini, ma anche da sud, dove le forze del regime di Assad e i loro alleati potrebbero a un certo punto decidere di iniziare un’offensiva militare per riprendere il controllo di tutta la Siria (una cosa che Assad ha detto in diverse occasioni di voler fare). Allo stesso tempo non è chiaro quale sarà la posizione degli Stati Uniti e della Russia di fronte a questo ingarbugliamento di alleanze e inimicizie: gli americani per esempio hanno detto di non voler appoggiare il progetto curdo di creazione di uno stato proprio. Quello che sta succedendo negli ultimi giorni ad Afrin è un po’ la sintesi di tutto questo, ed è difficile prevedere come finirà.