Considera l’aragosta: prova dolore?
Un nuovo divieto di uccidere i crostacei in acqua bollente in Svizzera ha riaperto il dibattito: secondo molti ricercatori non sentono nulla, altri la pensano diversamente
La settimana scorsa il governo della Svizzera ha approvato una nuova legge che impone che aragoste, astici e altri crostacei non siano uccisi con il metodo tradizionale, cioè immergerli vivi in acqua bollente durante la cottura. Il provvedimento fa parte di una più ampia serie di nuove regole per la protezione degli animali. A partire dal prossimo primo marzo in Svizzera “immergere aragoste vive in acqua bollente, pratica comune nei ristoranti, non sarà più permesso”. Il governo ha spiegato che i crostacei “dovranno essere colpiti prima di essere uccisi”, utilizzando uno shock elettrico o con un colpo alla testa per danneggiare il loro cervello.
Il passaggio sulle aragoste è stato approvato dopo una ricerca commissionata dal governo, che però non ha portato a conclusioni molto chiare. Lo studio spiega che non ci sono elementi per essere certi al 100 per cento che le aragoste provino dolore. Robert Elwood, professore emerito di comportamento animale presso la Queen’s University di Belfast (Irlanda del Nord) ha infatti spiegato: “Non c’è una prova assoluta, ma si continuano a fare esperimenti e praticamente tutto ciò che ho letto porta all’idea che questi animali provino il dolore. Ci dovrebbe essere un approccio più umano nei confronti delle aragoste”.
Il problema è che la posizione del governo svizzero è controcorrente rispetto a quella della comunità scientifica. Secondo il biologo marino statunitense Joseph Ayers (Northeastern University, Boston), intervistato dal New York Times, l’idea stessa di produrre una legge come quella svizzera deriva dal fatto che “un gruppo di persone hanno antropomorfizzato le aragoste”. Ayers ha poi spiegato di trovare “davvero singolare che queste persone attribuiscano a questi animali risposte paragonabili a quelle degli esseri umani, benché non abbiano ‘l’hardware’ necessario per questo genere di cose”.
Biologi marini e neurologi concordano sul fatto che le aragoste siano anatomicamente prive delle aree del cervello che percepiscono il dolore. Del resto in natura questi animali hanno di solito una morte improvvisa – vengono inghiottiti interi dai predatori – quindi non hanno granché bisogno di terminazioni nervose per percepire il dolore o altri stimoli.
Non tutti i ricercatori concordano. Se da un lato è vero che nel cervello delle aragoste non ci sono le classiche aree deputate alla percezione del dolore, dall’altro è altrettanto vero che le loro caratteristiche anatomiche sono molto diverse da quelle di altri animali, e quindi non possiamo affermare con assoluta certezza che non provino dolore fisico. Il problema è riuscire a creare condizioni in cui sia possibile capire se ci sia o meno una percezione da parte dell’animale.
In casi estremi, per esempio quando sono sotto attacco da parte di un predatore, alcuni crostacei sono in grado di automutilarsi per sfuggire alla presa del loro avversario. È un po’ come se un lottatore di arti marziali rinunciasse improvvisamente al suo braccio per liberarsi dalla presa della persona contro cui sta combattendo. Subito dopo averlo fatto questi animali si contorcono per diversi minuti, ma non è chiaro se lo facciano per il dolore o se sia semplicemente un riflesso.
Elwood è tra i più convinti sostenitori del fatto che le aragoste e altri crostacei reagiscano al dolore. Ha condotto diversi studi in merito, dimostrando per esempio che questi animali evitano i luoghi dove hanno subito un forte shock, come un improvviso attacco: se necessario lasciandosi alle spalle il loro stesso guscio, se questo può aiutarli a fuggire più rapidamente. Osservando aragoste uccise cuocendole direttamente su una piastra, durante un viaggio in oriente, Elwood ha notato che gli animali cercavano di muoversi, come se volessero mettersi in salvo. Anche in questo caso non è però chiaro cosa comportasse la reazione e se fosse un riflesso di qualche tipo, non legato necessariamente alla sensazione di dolore.
Secondo Elwood in molti casi un’aragosta ci mette fino a un minuto prima di morire nell’acqua bollente, un tempo sufficiente per soffrire molto. Per questo sostiene la necessità di uccidere questi animali qualche istante prima di immergerli in acqua, per esempio con un colpo secco di coltello in mezzo alla loro testa. Il documento del governo svizzero cita come metodo preferibile la scarica elettrica, ma i dispositivi per effettuarla sono molto costosi (diverse migliaia di euro), quindi abbordabili solo dai grandi ristoranti. Il sistema dell’uccisione tramite un’incisione netta della testa dovrebbe essere un buon compromesso.
I critici nei confronti della scossa elettrica dicono che in molti casi il sistema non funziona, perché stordisce solo temporaneamente l’aragosta, che rinviene quando viene immersa nell’acqua bollente. Altri suggeriscono di lasciare le aragoste sotto ghiaccio per un po’ di tempo prima di immergerle, in modo da rallentare il loro sistema nervoso e ridurre l’eventuale stress quando entrano in contatto con l’acqua.
Nel suo famoso articolo “Considera l’aragosta”, David Foster Wallace scrisse che questi crostacei sono ormai gli unici animali che uccidiamo in cucina, spesso in prima persona, quando li dobbiamo cucinare. E per questo in molti si fanno domande e si pongono più problemi etici rispetto a quando aprono una vaschetta di polistirolo per estrarne un pezzo di carne e cuocerlo.