Ci sono due novità sull’olio di palma
L'Europa ha alzato la dose giornaliera tollerabile delle sostanze che contiene ma vorrebbe eliminarlo dalle miscele di biocarburanti, cosa che non piace ai produttori
Quando si parla di olio di palma, un grasso naturale molto utilizzato nell’industria alimentare, si citano generalmente tre argomenti: la sicurezza per la salute delle persone, la sicurezza per l’ambiente e le condizioni di lavoro degli agricoltori dei principali paesi di produzione. Nelle ultime settimane ci sono stati aggiornamenti su tutte e tre le questioni e oggi il Parlamento europeo potrebbe approvare un importante provvedimento.
Sicurezza per la salute
La scorsa settimana l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha pubblicato un nuovo rapporto sulla presenza di alcuni contaminanti in certi tipi di oli vegetali, compreso l’olio di palma. I “contaminanti da processo” sono sostanze che si formano durante la lavorazione delle margarine e degli oli vegetali quando si utilizzano alte temperature per raffinarli. Al termine del processo di raffinazione, alcune molecole restano all’interno del grasso vegetale lavorato, finendo negli alimenti in cui viene utilizzato e quindi assimilato dall’organismo attraverso l’alimentazione. L’EFSA ha dunque iniziato a studiare la questione per comprendere il livello di esposizione dei consumatori e gli eventuali effetti nocivi a lungo termine legati all’assunzione dei contaminanti.
In un rapporto del 2016, l’EFSA aveva concluso che gli oli vegetali studiati portano a «potenziali problemi di salute per il consumatore medio di tutte le fasce d’età giovanile e per i forti consumatori di tutte le fasce d’età». Nel nuovo rapporto si dice che «i livelli di consumo di 3-MCPD (un contaminante da processo derivato dal glicerolo, ndr) tramite gli alimenti sono considerati privi di rischi per la maggior parte dei consumatori, ma esiste un potenziale problema di salute per i forti consumatori delle fasce di età più giovani. Nella peggiore delle ipotesi, i neonati nutriti esclusivamente con latte artificiale potrebbero lievemente superare il livello di sicurezza». L’EFSA ha poi deciso che la dose giornaliera tollerabile (DGT) di 3-MCPD in microgrammi per chilo di peso corporeo va alzata di due volte e mezzo rispetto al valore indicato nel 2016: ora è pari a 2,0 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo (contro lo 0,8 del 2016).
Le modifiche della valutazione sono la conseguenza dell’aggiornamento del metodo che l’EFSA utilizza per calcolare la dose giornaliera tollerabile, e della pubblicazione del rapporto del comitato congiunto FAO-OMS sugli additivi alimentari delle Nazioni Unite (JECFA) che ha stabilito una diversa dose giornaliera tollerabile pari a 4 microgrammi per chilo. L’aggiornamento dell’EFSA riguarda comunque solo il 3-MCPD e i suoi derivati. La precedente valutazione non è invece cambiata per quanto riguarda i potenziali effetti dei glicidil esteri degli acidi grassi (Ge), che possono avere potenziali effetti cancerogeni e genotossici, cioè la capacità di danneggiare le informazioni genetiche all’interno delle cellule causando mutazioni che contribuiscono al rischio di sviluppare un cancro. È bene ricordare che lo stesso vale per altre categorie di grassi, consumate comunemente, ma non oggetto delle ricerche dell’EFSA.
Sicurezza per l’ambiente e proteste
Le critiche nei confronti dell’olio di palma non riguardano solo gli effetti sulla salute delle persone che lo assumono direttamente, ma anche le conseguenze della sua produzione sull’ambiente. La crescente richiesta da parte dell’industria alimentare e dei biocarburanti ha infatti portato a un’espansione delle coltivazioni con conseguenze notevoli soprattutto nel Sud-Est asiatico dove si trovano le principali piantagioni e dove i coltivatori locali incendiano ampie porzioni di foreste per creare nuovi campi soprattutto nelle torbiere. La torba, cioè i resti vegetali che si trovano nel terreno, una volta incendiata rilascia nuvole di metano, monossido di carbonio, ozono e gas come il cianuro di ammonio.
Nell’aprile del 2016 il Parlamento europeo aveva approvato una relazione sull’olio di palma e il disboscamento delle foreste pluviali in cui si chiedevano alla Commissione principalmente due cose: l’introduzione di un sistema di certificazione unico per l’olio di palma per garantire che solo quello sostenibile potesse entrare nel mercato europeo, e l’eliminazione progressiva entro il 2020 degli oli vegetali, incluso l’olio di palma, per la produzione di biocarburanti, che sono una delle cause della deforestazione.
Questa settimana al Parlamento europeo è iniziata la discussione sulla cosiddetta direttiva “Red II” sulle energie rinnovabili che, tra le altre cose, vuole eliminare definitivamente l’olio di palma dalle miscele di biocarburanti in Europa entro il 2020. Più del 40 per cento dell’olio di palma importato dall’Unione Europea è utilizzato infatti per produrre biocarburanti. Oggi, mercoledì 17 gennaio, è atteso il voto sulla direttiva.
Nel frattempo, centinaia di coltivatori di olio di palma della Malesia si sono riuniti nella capitale Kuala Lumpur per protestare contro la direttiva, che frenando le importazioni europee potrebbe portare a una diminuzione del prezzo del prodotto e quindi minacciare la loro sopravvivenza: «I piccoli agricoltori si affidano al reddito che deriva dall’olio di palma per comprare il cibo e per mandare i figli a scuola. Abbiamo coltivato la palma da olio per decenni, e questo ha portato a uno sviluppo del paese», ha spiegato il rappresentante dei coltivatori a Reuters.
Ci sono state proteste anche in Indonesia che, con la Malesia, produce quasi il 90 per cento dell’olio di palma del mondo. Sia il primo ministro della Malesia Najib Razak che il presidente indonesiano Joko Widodo hanno definito discriminatoria la mossa dell’Unione Europea, affermando che di fatto colpisce solo l’olio di palma nonostante non sia l’unico olio vegetale a causare la deforestazione. «Bandire questo prodotto», ha detto il ministro dell’Industria delle piantagioni e delle materie prime della Malesia, Datuk Seri Mah Siew Keong, «consentirebbe alle colture di semi oleosi concorrenti di continuare a circolare, mettendo in atto una vera e propria discriminazione nei confronti dell’olio di palma». In Malesia ci sono oltre 650 mila piccoli agricoltori di olio di palma e più di 3,2 milioni di persone dipendono da questa industria.