La Polonia e l’aborto, di nuovo
Il Parlamento polacco vuole eliminare il diritto all'aborto anche nei casi di malformazione e malattie genetiche del feto
Il parlamento della Polonia ha respinto una proposta di legge che avrebbe portato a una minima liberalizzazione al diritto di aborto e ha rimandato in commissione per ulteriori controlli un’altra proposta che impone nuove restrizioni e che proibisce l’interruzione di gravidanza anche in caso di malformazione del feto. La Polonia ha una delle legislazioni sull’aborto più restrittive d’Europa. Fu approvata nel 1993 e consente l’aborto solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, gravissima malformazione del feto e stupro. Secondo le organizzazioni femministe, sono tra 100mila e 200mila le donne polacche che ogni anno sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poterne avere accesso (in genere in Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania o Ucraina).
Negli ultimi mesi del 2016 decine di migliaia di donne in tutta Europa vestite di nero protestarono contro una legge che avrebbe permesso l’aborto solo nei casi in cui la vita della donna fosse stata ritenuta a rischio. Il disegno di legge era una proposta di iniziativa popolare appoggiata da diversi gruppi religiosi cattolici e dalla Conferenza episcopale polacca, una delle più conservatrici in Europa. La proposta era stata presentata da un membro della maggioranza ultraconservatrice di Diritto e Giustizia (Pis), partito molto di destra di cui fa parte anche Mateusz Morawiecki, primo ministro della Polonia. Diritto e Giustizia aveva vinto le elezioni del 2015 anche grazie al sostegno della Chiesa cattolica (il 90 per cento dei cittadini polacchi si definisce cattolico), promettendo tra le altre cose importanti riforme di politica interna a favore della cosiddetta “famiglia tradizionale”. Dopo le “proteste in nero” (“Czarny Protest”), la Camera bassa del Parlamento aveva respinto il disegno di legge.
La scorsa settimana sono stati presentati altri due progetti di legge. Il primo, chiamato “Stop all’aborto”, è sostenuto dal partito di maggioranza Pis ed eliminerebbe uno dei tre soli casi in cui in base all’attuale legge è prevista l’interruzione di gravidanza: eliminerebbe cioè il diritto all’aborto per malformazione e malattie genetiche del feto. L’altro, presentato dal comitato “Salviamo le donne”, vorrebbe invece la liberalizzazione dell’aborto entro la dodicesima settimana e offrirebbe un migliore accesso alla contraccezione d’emergenza, alle cure mediche e all’educazione sessuale. Giovedì 11 gennaio il parlamento ha votato per far proseguire l’iter della proposta restrittiva inviandola a una speciale commissione parlamentare e ha respinto invece il disegno di legge sulla minima liberalizzazione.
Presentando il disegno di legge sulle restrizioni, Kaja Godek, leader del movimento pro-life polacco, ha detto ai parlamentari di non volere che «gli ospedali si trasformino in macelli». Il presidente del partito al governo Diritto e Giustizia, Jarosław Kaczyński (che ha un peso enorme ed è la persona più rilevante di tutta la politica nazionale, pur non avendo un incarico di governo), ha detto che si sforzerà «di assicurare che anche in caso di gravidanze molto difficili, quando è sicuro che il bambino morirà o nascerà fortemente deformato, le donne finiscano col partorire in modo che quel bambino possa essere battezzato, sepolto e avere un nome». Krystyna Kacpura, che dirige la Federazione per le Donne, un’organizzazione che si occupa di contraccezione, diritti sessuali e pianificazione familiare, ha commentato il voto del Parlamento dicendo che si tratta di un «giorno nero per le donne polacche: se il disegno di legge sarà approvato definitivamente, le donne polacche moriranno. Siamo trattate come esseri non necessari: siamo lì solo per partorire e se partoriamo un bambino molto malato, siamo comunque lasciate da sole e senza alcun aiuto».