Ripartono le ricerche del volo scomparso MH370
A 4 anni dalla sparizione, un'azienda statunitense cercherà i rottami in un nuovo tratto di mare nell'Oceano Indiano: sarà ricompensata solo se troverà qualcosa
Ocean Infinity, un’azienda statunitense per le esplorazioni oceaniche, ha da poco avviato una nuova ricerca del volo MH370 di Malaysia Airlines, con l’obiettivo molto ambizioso di trovare alcuni resti dell’aeroplano. A distanza di quasi 4 anni, la scomparsa del volo MH370 rimane uno dei più grandi misteri nella storia dell’aviazione civile: l’aereo di linea scomparve con 239 persone a bordo mentre era in viaggio da Kuala Lumpur (Malesia) a Pechino (Cina). Sparì dai radar poco dopo la partenza e non se ne ebbero più notizie. Da allora decine di navi e aerei da ricognizione hanno cercato di ritrovare l’aeroplano, ma il consorzio che se ne occupava non ha raggiunto alcun risultato e a oggi non sono ancora note le cause che lo fecero precipitare.
In questi anni, il governo della Malesia ha speso svariati milioni di dollari per finanziare le ricerche, ma nel caso di Ocean Infinity le cose funzioneranno diversamente. L’azienda sarà pagata, con un premio fino a 70 milioni di dollari, solo se riuscirà a trovare qualche rottame o le scatole nere dell’aeroplano, un Boeing 777. L’azienda avrà tre mesi di tempo e non riceverà un soldo nel caso in cui fallisca. La ricompensa sarà comunque modulata a seconda della rilevanza degli eventuali ritrovamenti e delle dimensioni dell’area di mare esplorata.
Ocean Infinity condurrà le ricerche con Seabed Constructor, una speciale nave partita la settimana scorsa dal porto di Durban, nel Sudafrica, e in viaggio per raggiungere l’ampio tratto di mare dove si ritiene che possa essersi inabissato l’aeroplano. Attualmente nell’emisfero australe è estate, la stagione migliore per condurre questo tipo di attività per via delle condizioni meteo.
Come i responsabili delle ricerche precedenti, anche quelli di Ocean Infinity dovranno fare i conti con la scarsità di dati a disposizione sulla rotta che seguì il volo MH370. I suoi spostamenti precisi sopra l’Oceano Indiano non sono noti e, qualche anno fa, furono parzialmente ricostruiti utilizzando dati satellitari, ma in modo indiretto e senza la possibilità di conoscerli accuratamente. Anche per questo motivo le ricerche sono state finora fallimentari e hanno portato lo scorso anno alla loro sospensione, “a tempo indefinito” da parte del consorzio che le stava conducendo con il coordinamento del governo australiano.
La ricerca guidata dall’Australia coprì circa 120mila chilometri quadrati di fondale marino, producendo una mappatura estremamente dettagliata di un’ampia porzione dell’Oceano Indiano. I dati si sono rivelati preziosi per lo studio dei fondali e della geografia marina, ma non hanno portato a nessuna informazione utile sul volo scomparso. In seguito gli esperti che hanno partecipato all’iniziativa hanno ipotizzato di avere cercato nel posto sbagliato, migliaia di chilometri più a sud del probabile punto in cui finì il volo MH370. Ed è in quella zona non ancora esplorata che si concentrerà il lavoro di Ocean Infinity.
Seabed Constructor trasporta a bordo 8 sottomarini automatici, che possono essere gestiti in maniera indipendente e che hanno la capacità di raggiungere profondità fino a 6mila metri. Sono guidati in remoto e non hanno bisogno di essere collegati con un cavo alla nave, cosa che li rende molto più versatili e consente al tempo stesso di ridurre i tempi per l’esplorazione del fondale.
Anche se il governo della Malesia sembra essere fiducioso, chi ha seguito dall’inizio il caso del volo MH370 è piuttosto scettico sulla possibilità di trovare qualche resto dell’aeroplano con la nuova missione. Da tempo gli esperti di aviazione spiegano inoltre che il ritrovamento di qualche rottame non aiuterebbe più di tanto a ricostruire le ultime ore del Boeing 777. Le probabilità stesse di ottenere informazioni dalle scatole nere, se mai fossero ritrovate, sono basse perché il forte impatto e la permanenza per anni sott’acqua potrebbe averle danneggiate seriamente.
A bordo del volo MH370 circa due terzi dei passeggeri erano di origini cinesi, un’altra cinquantina di origini malesi, compresi i 12 membri dell’equipaggio. Nel loro sforzo congiunto per le ricerche, Malesia, Cina e Australia hanno speso finora circa 157 milioni di dollari per cercare l’aeroplano scomparso, circa 660mila dollari per ogni persona che si trovava a bordo.